Quando nelle separazioni i coniugi soffocano i
genitori
Soddisfatti
14 giugno 2020
Non vi
nascondo che nonostante i tanti anni di esperienza e gli ancor più
numerosi anni di vita, quando mi trovo davanti ad adulti che non sanno
vedere la sofferenza di un bambino, il mio primo moto è di dar loro una
bella botta in testa, magari nella speranza di far ripartire... le
rotelle arrugginite! Una delle prime sedute, alla ripresa del lavoro
dopo il confinamento da coronavirus, mi mette davanti a due coniugi che,
pronti per la separazione, arrivano soddisfatti dell’accordo raggiunto e
costruito con i loro avvocati. Partiti sul piede di guerra, ora si
dicono in pace. L’unica preoccupazione viene dalla bambina, 6 anni (che
chiameremo Anna), che da qualche mese è agitata, fa capricci per
mangiare, e la sera vuole andare a letto solo con la mamma. Nel letto
con la mamma. La preoccupazione cresce al pensiero che il prossimo mese
i due, che già da tempo dormono in camere separate, abiteranno due case
diverse.
Dov’è il
problema? direte. Il problema è che gli adulti (i due coniugi e i
rispettivi avvocati) non vedono questa bambina.
Come sarà,
fra un mese, la vita di Anna? Fate bene attenzione: prima
settimana, lunedì e martedì con la mamma, mercoledì e giovedì con il
babbo, venerdì sabato e domenica con la mamma; seconda settimana,
lunedì e martedì con suo padre, mercoledì e giovedì con la madre,
venerdì sabato e domenica di nuovo con il padre; terza settimana
come la prima; quarta come la seconda. E così via. E così via.
Genitori
felici. Ciascuno di loro godrà per lo stesso tempo della compagnia
della figlia (aspetto psico-affettivo); nessuno dei due dovrà passare
all’altro un assegno di mantenimento: ciascuno provvederà alla bambina
per i giorni condivisi con lei (aspetto economico).
Avvocati
soddisfatti. Hanno lavorato così bene che neppure un matematico
avrebbe saputo dividere tanto equamente le ore e i giorni di una bimba
di sei anni meglio di loro. Che volere di più?
C’è un
particolare. Se Anna fosse una macchina o un quadro o un computer o una
bicicletta... niente da ridire. Magari, se già fosse un gatto o un
cagnolino, qualcosa l’avremmo: un animale ha bisogno di sentirsi a casa
per star bene. Più dipendente dalla casa il gatto, più legato al padrone
un cane: e, pur affezionato a entrambi, farebbe capire piuttosto bene
con chi dei due preferisce stare. E Anna? L’avrà vista qualcuno?
Potremmo pensare di riconoscerle almeno lo stesso diritto che
riconosceremmo... a Fido?
Magari a
voi non è venuta, ma adesso di sicuro qualche mente geniale ci darebbe
un suggerimento. Originale. Perché non chiedere alla bambina con chi
vuole stare? Sentiamo lei. Così sarà tranquilla. E gli psicologi la
smetteranno di blaterare che i bambini non li vede nessuno!
Ricordate
la storia del re Mida? Aveva ottenuto da Dioniso il dono di trasformare
in oro qualunque cosa avesse toccato. Dono straordinario, pensava.
Finché non giunse l’ora di mangiare. Pane, carne, perfino vino e acqua,
tutto diventava oro. Che c’entra Mida? È che se a prima vista dare ad
una bambina di sei anni la libertà di scegliere con chi vuol
abitare se i suoi si separano, sembra il regalo più bello e prezioso che
le possiamo fare. In realtà significa darle cibo tossico. Indigeribile.
Avvelenato. Come l’oro di Mida. Per un bambino scegliere la mamma
significa tradire il babbo. E scegliere lui, per il cuore
di una figlia vuol dire tradire la mamma.
Dunque? Una
strada senza via d’uscita? Buona intuizione. Sì. È una strada senza via
d’uscita se questa, la via d’uscita, chiediamo che sia lei a
indicarcela. Per due ragioni. La prima. Perché la strada che lei ci
indicherebbe non sarebbero in grado di accettarla i suoi: per lei è
impensabile che il babbo e la mamma si separino. Non ne comprende la
ragione. Per lei entrambi sono importanti e fondamentali. Ma essi ormai
non sanno più recuperare un rapporto lasciato logorare negli anni e le
cui origini si sono perse in un tempo oggi non più ritrovabile. L’altra
ragione sta anch’essa nei due adulti. La vita chiede a entrambi un salto
di qualità nella loro relazione.
Come
coniugi non sanno più ritrovarsi. Possiamo solo prenderne atto. Ma
non possono non ritrovarsi come genitori. Ai genitori, a tutti i
genitori, la vita chiede di saper mettere prima i bambini e dopo,
solo dopo, i loro bisogni e le loro reciproche rivendicazioni.
Anna, tra
questi due genitori, oggi è diventata un pacco postale. Il suo bisogno è
che entrambi la ritrovino come bambina. Come figlia. E le
riconoscano il diritto ad un’abitazione stabile, che sarà la
sua casa. Così solo potrà accettare, senza eccessivi traumi, che per
lei c’è anche un’altra casa, quella dell’altro genitore. Che
l’accoglierà con affetto e con cura nel tempo che condivideranno. Ma
quella non può che essere la sua seconda casa.
Non sarà
facile. Lo so bene. Questo è adesso il nostro lavoro...
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