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Sotto assedio: meglio da un virus Corona o da un
Trojan?
Immaginiamo che...
28 giugno 2020
Chiusi in
casa, impossibilitati ad incontrarci. Perfino ad uscire, salvo necessità
estreme. Genitori e figli che non si possono incontrare, semplicemente
perché non abitano più la stessa casa. Nonni e nipoti lontani. Con il
rischio perfino di non potersi più vedere. Mi raccontava questi giorni
una giovane donna che con suo padre si sono salutati quando è entrato
nell’ambulanza che lo portava in ospedale: e il suo viaggio è stato
senza ritorno. Breve per il contachilometri, ma così lungo che la
distanza ora è impercorribile.
È quanto
abbiamo vissuto nei nostri cento giorni. Ora proviamo ad uscirne.
A fatica e con timore. Per la nostra salute. Per l’altrettanto grave
situazione economica. E, non ultimo, per le tante crisi affettive che
molte nostre famiglie si trovano ad attraversare.
Ora
immaginiamo che... un altro virus ci stia assediando. Non può
aggredire il nostro corpo: il suo regno non è la biologia. La sua natura
è altra. Non intacca il nostro sistema operativo, quello di un
organismo vivente, ma il sistema operativo dei nostri computer, tablet,
telefonini. Uno di quei virus che in gergo chiamano trojan. Nome
conosciutissimo tra gli addetti ai lavori e altrettanto conosciuto,
almeno per sentito dire, tra i più giovani.
Ricordate
la guerra di Troia? Dopo dieci anni di inutili combattimenti, i greci,
guidati dall’astuzia di Ulisse, fingono di ripartire con le loro navi e
lasciano davanti alle mura della città un grosso cavallo di legno dentro
il quale s’erano appostati alcuni guerrieri con lo stesso Ulisse. I
troiani, convinti che il nemico se n’era andato davvero, portano il
cavallo dentro le mura. Ma nel silenzio e nell’oscurità della notte, i
soldati escono dal cavallo, aprono le porte della città e l’esercito
greco entra seminando morte e distruzione. È la fine di Troia.
Gli
informatici hanno dato il nome trojan a quei virus che, senza che
nessuno se n’accorga, s’insinuano nei nostri computer e al momento
opportuno fanno saltare tutto. Rubano informazioni, bloccano programmi,
cancellano documenti... e chi più sa, qui, più potrebbe dirci. È di
questi giorni la notizia che l’Australia si sia scoperta attaccata, dal
punto di vista informatico, addirittura da altri paesi, Cina o Russia o
chi sa chi.
Ora
immaginiamo che... uno di questi virus, nei confronti del quale non c’è
antivirus che tenga, si sia diffuso nel mondo. E qualunque macchina –
computer, tablet, telefonino, dai più semplici ai più sofisticati, fino
ai supercomputer –, appena entra in contatto con un’altra, venga
infettata. E l’esito non è solo il blocco dei programmi o del sistema
operativo. Il virus è in grado di aggredire perfino l’hardware: la
macchina stessa, già bloccata, fonde. E noi, tutti noi, all’improvviso
senza telefonini, senza tablet, senza computer.
Ci dicono
di far attenzione a non uscire di casa con il telefonino in tasca, anche
spento, perché se si avvicina ad un altro s’infetta e fonde. Dobbiamo
trovare un posto per proteggere il tablet. Un altro per il computer.
Ogni macchina, spenta e a distanza di sicurezza: distanziamento fisico.
E non c’è mascherina che tenga. Unica protezione sarà un antivirus.
Quando verrà. Non più Facebook, non Instagram, non TikTok, non Twitter,
tanto caro ai nostri politici, non WhatsApp, non sms, non giochi online.
Non...
Il fiato si
ferma. Il panico ci assale.
Allora...
Vedremo di nuovo bambini riprendere in mano un libro o un quaderno.
Leggere o scrivere o disegnare. Ragazzi guardarsi negli occhi, mentre
camminano con gli amici o stanno seduti sulle scalette di un monumento.
Guardarsi, in casa, con i genitori o con il fratello o la sorella,
mentre si rivolgono la parola. Non più telefonini sul tavolo durante il
pranzo o la cena. Madri e padri che ritrovano lo sguardo di un figlio o
quello del proprio compagno. Insegnanti che in classe potranno di nuovo
incrociare il loro sguardo con quello degli alunni, bambini o ragazzi
che siano. Colleghi di lavoro, l’uno vicino all’altro, capaci di
guardarsi e ascoltarsi, senza l’invasione del telefonino che suona o del
messaggio che arriva. Ragazzi, e non più ragazzi, che riprenderanno a
spendere la notte dormendo, anziché con gli occhi sbarrati davanti al
computer fino alle cinque del mattino, fra un gioco online, una chat con
gli amici e una con l’amante.
Un dramma
dietro l’altro...!? Il distanziamento fisico – eravamo arrivati a
chiamarlo distanziamento sociale, quello tra noi, ricordate? –
stavolta non ci riguarda. Lo devono tenere solo le nostre... protesi
informatiche.
Stavo per
scrivere che bello! Poi mi sono fermato. Guarda, mi sento dire,
che ti sbagli: la maggior parte di noi preferisce l’assedio del virus
Corona a quello del virus Trojan. No, mi dico, non è
possibile! Ma, devo riconoscerlo, questa vocina non riesco a
spegnerla...
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