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Donne e uomini: il miraggio della pari dignità
L’altra metà del cielo
20 gennaio 2019
India e
Arabia Saudita. Calcio e religione. Due mondi tanto lontani. La
geografia mette migliaia di chilometri tra loro. Gli argomenti che li
definiscono parlano di distanza siderale. Eppure questi primi giorni del
nuovo anno li hanno visti mano nella mano nel metterci davanti agli
occhi una problematica molto antica: la relazione tra gli
uomini e le donne. Sì, il vecchio e antico problema che vede
l’altra metà del cielo – così un proverbio cinese definisce le
donne – sottomessa e subalterna al mondo maschile.
Ebbene,
l’altra metà del cielo si sta risvegliando. Anche in quei paesi dove
il tempo sembra essersi fermato. E due solidi mondi oggi ci ripropongono
il problema. Mondi sostenuti l’uno prevalentemente dagli affari, il
mondo del calcio, e l’altro, il mondo della religione,
dall’autorità (non sempre autorevolezza) che gli deriva da presunti
precetti di origine divina. Dico presunti, perché è impensabile
che un Dio, creatore del mondo, padre-e-madre di tutti, che ritrova la
propria immagine nell’essere umano maschio-e-femmina, dia
indicazioni di settarismo e di segregazionismo per presunta inferiorità
di metà delle sue creature.[1]
Le donne.
In India
martedì 1° gennaio alle 3:30 del mattino due donne di 42 e 44
anni sono riuscite a varcare la soglia di uno dei più sacri templi
induisti, quello di Sabarimala. Nel Kerala. Le prime donne a
compiere questo passo dopo che la sentenza della Corte Suprema a
settembre aveva cancellato il divieto d’ingresso alle donne tra i 10 e i
50 anni, perché considerate impure. Nell’aprile scorso la stessa
Corte aveva scritto: «Le mestruazioni sono forse uno strumento per
misurare la purezza delle donne? Come si misura, allora, la purezza
degli uomini?». Quindi, applicando la Carta Costituzionale del 1950 che
garantisce parità e uguaglianza di genere nella democrazia indiana, il
supremo tribunale ha sancito l’incostituzionalità del bando che per
centinaia d’anni ha impedito alle donne l’accesso al tempio.
Mercoledì
16 gennaio nello stadio di Gedda si giocherà la finalissima di
supercoppa tra Juve e Milan. Al di là della questione relativa alle
motivazioni che hanno portato a giocare questa partita in Arabia
Saudita, ragioni di chiara politica economica – ma sappiamo bene che
il calcio è uno di quegli sport dove la parola sport è l’ultima
ad essere coniugata, dopo quella di interessi, soldi, sponsor, violenze,
ultras, ecc. –, oggi ne parliamo perché proprio questa partita ci
rimette davanti la questione femminile con cui la cultura araba
ha tuttora molti conti aperti. Le donne saudite appena da qualche mese
possono accedere allo stadio e assistere alle partite di calcio. Sempre
comunque con tanto di velo e in settori riservati alle famiglie.
Ovviamente il tutto motivato da un profondo senso di rispetto (!)
verso di loro che così sarebbero protette da sguardi indiscreti e
inopportuni di uomini che non siano i mariti o i padri o i fratelli o i
figli. Non so come la metteremo con le donne italiane che vorranno
seguire la squadra del cuore... Vedremo.[2]
Ma torniamo
in India. Dopo questa inaudita... profanazione, i sacerdoti –
maschi! – si sono affrettati a compiere i necessari riti di
purificazione.
Mi chiedo
quale immagine questi uomini, che si dichiarano religiosi, abbiano della
Divinità, se ritengono che la donna in età fertile, con la sua sola
presenza, profani un tempio che, per definizione, è la casa degli Dèi.
Come se la donna, proprio in quel tempo di vita in cui attraverso di lei
la vita stessa si riproduce nel mondo, con la potenza di cui è
portatrice fosse un oltraggio alla stessa Divinità che questa potenza
le ha donato. Non è nuovo questo pensiero. Lo troviamo, con tanto di
prescrizioni e rituali dettagliati, anche nella Bibbia.[3]
Ma qui possiamo osservare che è roba di trenta secoli fa.
E oggi? Nel
XXI secolo, a casa nostra, siamo così immuni da pregiudizi sessisti?
Qualche dubbio l’avrei. Basterebbe osservare come perfino nella
religione cattolica funzioni e servizi di primo piano sono ancora
riservati ai soli uomini. Si pensi anche soltanto al sacerdozio
femminile. Tema tuttora tabù per gran parte dei credenti. In particolare
per tanti uomini-della-gerarchia.
Abbiamo
certo ragione di scandalizzarci di fronte alla proibizione per le donne
in età fertile di accedere al tempio per la preghiera.
Altrettanta ne abbiamo per le norme che impediscono alla donna di
frequentare... i templi dello sport.
Ma non ne
abbiamo così tanta, di ragione, se l’ìmpari dignità tra uomini e
donne la guardiamo soltanto a casa d’altri. Il rischio di vedere la
pagliuzza nell’occhio del vicino e di non accorgerci della trave che
continuiamo a tenere nel nostro, a mio parere, è sempre... dietro
l’angolo.[4]
[2] Questo
numero di Voce è chiuso martedì 15.
[3] Cfr.
Levitico 15,19-33
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