Un grande pericolo, tanto serio quanto ignorato:
il surriscaldamento della terra
Febbre alta
17 febbraio 2019
In tempi
d’influenza il termometro è uscito dai nostri cassetti e ha
deciso di stare in nostra compagnia. Gli devono essere mancati le nostre
carezze e i nostri scuotimenti. La nostra attenzione. E la febbre, sua
amica e alleata, è corsa a dargli conforto. Influenzati, i medici ci
dicono di restare a letto e al caldo. Qualche giorno di riposo. Per poi
ripartire...
Questi
giorni i grandi giornali – per la verità più esteri che italiani, il New
York Times, il Guardian, Le monde – si sono allarmati per la febbre
di un altro malato, a noi molto vicino. Il pianeta terra. La
nostra casa.
Il sintomo
che ha fatto riaccendere l’allarme di questi giorni si chiama
Thwaites. Uno dei più grandi ghiacciai del mondo, nella parte
occidentale dell’Antartide, con una superficie pari alla Florida, sta
rivelando tutta la sua fragilità: una caverna enorme si è formata
al suo interno e il rischio che collassi sta allarmando tutto il mondo
scientifico. L’eventuale scioglimento del Thwaites provocherebbe
un innalzamento mondiale dei mari di 65 cm. L’allarme è potenziato dal
timore che anche in altri ghiacciai potrebbe verificarsi, o già essere
presente, un fenomeno simile. Il rischio di un loro scioglimento sarebbe
assai maggiore. “La dimensione di una cavità sotto un ghiacciaio svolge
un ruolo importante nella fusione, spiega Science, maggiore è la
quantità di calore e acqua che passano sotto il ghiacciaio, più esso si
scioglie velocemente”. E il danno ecologico sarebbe inimmaginabile.
Nel
dicembre 2015, è stato adottato l’Accordo di Parigi, che tra i
suoi obiettivi principali ha quello di limitare l’innalzamento della
temperatura globale a non oltre 1,5°C. Le attività umane hanno già
causato un riscaldamento globale di circa 1°C rispetto al periodo
preindustriale. Se questo andamento di crescita della temperatura
dovesse continuare ai ritmi attuali, si raggiungerebbe 1.5°C in
brevissimo tempo.
Ma cosa
volete che sia 1° o 1,5° di temperatura? Qualcuno potrebbe dire.
Proviamo a ragionare un momento. Il nostro organismo per poter svolgere
tutte le funzioni in modo sano ha bisogno che la sua temperatura si
muova tra i 36° e i 37°. Immaginiamo di aumentare di 1° o 1,5°:
arriveremmo subito ai 38°. Come staremmo con una temperatura di 38°?
Non mi pare
che servano ulteriori spiegazioni. No?
E la terra?
Certo, i suoi tempi non sono i tempi di una persona. Né i parametri
sulla temperatura sono gli stessi. Ma perché non vogliamo vedere che
la febbre è un indice di malessere? Meglio, è indice di malattia?
Sì, la
terra, la nostra casa, è malata. E, diversamente da noi, non
ha bisogno di stare a letto e al caldo. Anzi. Tutt’altro. I ghiacciai
che si sciolgono indicano che il caldo è eccessivo e ha superato i
livelli di soglia. La caverna del Thwaites, profonda 300 metri
con un’estensione di 42 Km2, dobbiamo augurarci che, pur
preoccupante, sia tuttavia un fenomeno unico. Dovessero essere in
condizioni analoghe anche altri ghiacciai, saremmo proprio in un mare
di guai: i mari potrebbero accrescere il loro livello di qualche
metro.
Gli
astrofisici dicono che il nostro sole collasserà fra 8miliardi di anni.
La nostra specie, se continua di questo passo, potrebbe anticipare la
sua scomparsa e lasciare, per l’ultimo miliardo e ½ di anni, il pianeta
senza di noi. Magari sarebbe saggio, almeno questi 6miliardi ½ che
abbiamo davanti, cercare di viverli in buona salute. No?
Due domande
allora oggi possiamo porci.
La prima.
Come si vive in una casa malata? Non certo bene. È evidente che
una casa insalubre comporterà prima o poi che anche la nostra salute
personale ne verrà compromessa. Un’osservazione, sempre questi giorni,
della stampa internazionale evidenziava come nel discorso sullo Stato
dell’Unione, Trump non ha fatto il minimo cenno ai problemi del clima.
Non è un caso che proprio gli USA si sono tirati fuori dagli accordi di
Parigi. Ma noi conosciamo molto bene quanto endemici siano miopia
e restringimento del campo visivo tra gli uomini di governo –
Italia docet. Noi, i partiti, i sindacati, le associazioni
internazionali, i grandi capitali, le religioni... dove siamo?
La
seconda domanda è altrettanto tragica. E sarebbe da incoscienti non
farcela. Cosa lasciamo ai nostri figli? Più d’una volta ci siamo
richiamati quell’antico pensiero del popolo Masai: La terra non
l’abbiamo ereditata dai nostri padri, l’abbiamo in prestito dai nostri
figli. Se vogliamo comprenderlo bene in tutta la profondità del suo
significato, proviamo a ripetercelo mentre guardiamo negli occhi il
nostro bambino. La terra gli appartiene. È lui che ce l’ha data in uso:
come gliela restituiremo?
Ritorna a
LA MENTE E L'ANIMA
Biblioteca Home

HOMEPAGE


|