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La messe è molta ma gli operai sono pochi
Il Vangelo... oltre la religione
28 luglio 2019
Non sarà un
pensiero facile quello con cui oggi ci lasciamo, prima della pausa
estiva. Non facile per i cosiddetti laici, visto che di comune
accordo il Vangelo è roba da chiesa e libera chiesa in libero
stato è ormai acquisito, o almeno così dovrebbe essere, nel nostro
mondo occidentale. Non facile per molti cattolici che potrebbero
vedere di malocchio un’apertura nella lettura del Vangelo, quasi fosse
un testo da... Scienze Politiche.
Ma non è di
cose facili che abbiamo bisogno. Il più grande bisogno che abbiamo,
tutti, è poter pensare. Solo coltivando questa capacità eviteremo
di ritrovarci precipitati in qualche fosso o con la testa fracassata.
Come la
politica non può essere appannaggio di un solo partito, così Gesù non
può essere proprietà di una religione. Può una religione richiamarsi ai
suoi insegnamenti, al suo Vangelo, ma non può presumere di averne il
monopolio. Proprio come un partito. Che può avere – deve avere! – un
suo programma per la gestione della cosa pubblica, ma il giorno in cui
pretendesse di essere fonte di tutte le verità, ergendosi a partico
unico, andremmo a piangere lacrime amare. Come hanno dovuto fare i
nostri genitori e nonni appena il secolo scorso, in occidente e in
oriente. Stalin, Mussolini, Hitler, Mao, Franco, Pinochet... solo
qualche nome, presunti salvatori della patria, sufficienti a farci
venire la pelle d’oca.
Ecco una
pagina del Vangelo di Gesù, che non riesco a non leggere come una
dichiarazione programmatica, necessaria, per la politica mondiale
del nostro secolo.
Scrive
Matteo: «Al vedere le folle [Gesù] provò compassione per loro perché
erano vessate e abbandonate come pecore che non hanno pastore. Allora
disse: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il
padrone della messe perché mandi operai per la sua messe”».[1]
Anche Luca riporta queste parole, contestualizzandole in un momento
diverso. Il Maestro aveva mandato 72 discepoli davanti a sé nei luoghi
in cui di lì a poco sarebbe passato. E al ritorno, di fronte
all’entusiasmo con cui raccontavano il loro successo, esprime questa
preoccupazione con l’invito, anche qui, a pregare il padrone della messe
perché mandi operai per la sua messe.
L’appropriarsi del Vangelo da parte della religione ha fatto sì che
queste parole assumessero nel tempo un significato ridotto. Ad usum
delphini, potremmo dire. Un’interpretazione chiusa dentro le mura di
una chiesa. La messe, il popolo dei credenti o comunque di coloro
che credenti potrebbero diventare; gli operai, i sacerdoti, i
religiosi, le persone consacrate, che devono prendersene cura e curarne
la crescita. Sia in senso spirituale che... numerico.
Leggendo
con attenzione i testi del Vangelo, è ormai chiaro a tutti che Gesù di
Nazareth, un laico, non avesse affatto in programma di fondare una nuova
religione. Ciò è avvenuto successivamente. Dopo il III secolo. Per la
verità già Paolo ne aveva dato qualche coordinata, ma la trasformazione
definitiva avviene con Costantino, l’imperatore che nel 325 convoca
addirittura il primo Concilio, a Nicea. Così il Vangelo diventa una
religione, con tanto di regole e di dottrine (dogmi). Il Vangelo
appartiene alla religione. Ne diventa proprietà esclusiva.
Monopolio. Perdendo, però così, tutta la forza trasformatrice che il
Maestro vi aveva immesso.
Senza nulla
togliere alla lettura tradizionale, io credo che alle parole di Gesù
vada restituita tutta l’ampiezza del suo sguardo. Il suo campo visivo
comprendeva l’intera umanità, con la sofferenza e la fatica del
vivere – il numero 72 nella tradizione biblica indica tutti i
popoli della terra. È quest’attenzione che fa nascere in lui quella
com-passione che diventa sofferenza interiore (greco
splanchnìzomai, sommovimento viscerale, interiore, profondo) e
preoccupazione, perché accanto a quest’umanità sofferente e
disorientata, sono poche le persone pronte e disponibili a prendersene
cura. Le pecore senza pastore si disperdono, non sanno
trovare il pascolo necessario alla vita. E diventano facile preda. Dei
lupi: di chi spende e investe vita ed energie per
sfruttare a proprio tornaconto le debolezze, i bisogni e le fragilità
altrui.
È davanti
agli occhi di tutti il dolore del mondo odierno. Guerre. Fame.
Ingiustizie. Violenza e perdita del senso di fraternità, tra persone e
tra popoli. Perfino religioni che si prostituiscono a ideologie
totalizzanti. Qui, credo, l’invito di Gesù a pregare il signore della
messe perché mandi operai nella sua messe ha tutto il suo
significato.
La
preghiera è un movimento interiore. Dell’anima. C’è la preghiera del
credente che sa di rivolgersi a Qualcuno, che ascolta e l’aiuta
nella trasformazione interiore. E c’è la preghiera del non credente
che sa di potersi rivolgere a se stesso, alla propria anima, perché
faccia emergere l’Energia di Bene. Negli operai della politica.
Negli operai della scienza. Perfino negli operai delle
religioni.
[1] Matteo
9,36-38; Luca 10,1-20
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