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Una scuola... speciale
10
febbraio 2019
«Cara Signora,
lei di me non ricorderà
nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a
lei, ai suoi colleghi, a quell’istituzione che chiamate scuola, ai
ragazzi che respingete. Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci
dimenticate...»
Così inizia la LETTERA A
UNA PROFESSORESSA che i ragazzi di Barbiana, allievi di Don Lorenzo
Milani, scrissero nel 1967. Più di mezzo secolo è passato e più d’una
volta ci siamo chiesti se sia mai arrivata al destinatario. Sarà un
problema... delle poste, dicevamo. Ma il timore è che se pure è stata
consegnata, è rimasta lì, negli archivi o in un qualche angolo della
biblioteca. Quando non addirittura cestinata tra i mucchi di carta che
intasano le nostre cassette postali. Certo ci piacerebbe sapere quanti
dei nostri insegnanti l’abbiano letta. O forse faremmo meglio a
chiederci, molto più semplicemente, quanti ne abbiano sentito parlare. E
non crediamo sia una giustificazione sufficiente dire che la maggior
parte degl’insegnanti di oggi, nel ’67 non erano ancora nati o, se lo
erano, sapevano sì e no leggere e scrivere...
Certe conquiste non
possono andare perdute. E questa LETTERA è una di queste. A meno di
volerci rifugiare anche noi nel calderone dell’autoreferenzialità e
sentirci dire: «Che siete colti ve lo dite voi. Avete letto tutti gli
stessi libri. Non c’è nessuno che vi chieda qualcosa di diverso».
Una domanda analoga –
quanti l’hanno letta o, almeno, quanti ne hanno sentito parlare – però,
sappiamo di dovercela fare riguardo ai nostri ragazzi. Di ogni
ordine di scuola. Di certo loro non la conoscono se non siamo noi adulti
a proporgliela. Noi educatori. Noi insegnanti e, osiamo
aggiungere, noi genitori. Perché abbiamo la sensazione che,
nonostante gli strabilianti progressi tecnologici, nonostante il
benessere raggiunto, siamo ancora tanto lontani da quel traguardo cui
erano arrivati quei contadini mezzo analfabeti che stavano imparando che
la scuola e la vita non possono non camminare mano nella mano.
Un giorno arrivano nuovi
ragazzi in questa scuola speciale. E arrivano perché la scuola
di tutti li aveva bocciati e ribocciati. Sorpresi e increduli
rimangono i ragazzi di Barbiana, perché questi ultimi arrivati
«Consideravano il gioco e le vacanze un diritto, la scuola un
sacrificio. Non avevano mai sentito dire che a scuola si va
per imparare e che andarci è un privilegio. Il maestro per
loro era dall’altra parte della barricata e conveniva ingannarlo.
Cercavano perfino di copiare».
Cosa penserebbero i nostri
ragazzi, oggi, leggendo queste parole? Il gioco e le vacanze, un
diritto. La scuola, un sacrificio. E dire che a Barbiana «Non
c’era ricreazione. Non era vacanza neppure la domenica». «Nessuno di noi
se ne dava gran pensiero, perché il lavoro è peggio. Ma ogni borghese
che capitava a visitarci faceva polemica su questo punto» aggiungono.
«Un professorone disse, rivolgendosi a Don Lorenzo: “Lei reverendo non
ha studiato pedagogia. Polianski dice che lo sport è per il ragazzo una
necessità fisiopsico...”. Parlava senza guardarci. Chi insegna pedagogia
all’Università i ragazzi non ha bisogno di guardarli. Li sa tutti a
mente come noi si sa le tabelline». Poi aggiungono: «Finalmente andò
via. E Lucio, che aveva 36 mucche nella stalla, disse: “La scuola sarà
sempre meglio della merda”».
Qui ci fermiamo. Per dirvi
che nella nostra Scuola, l’Istituto di Terapia Familiare, dove
vengono psicologi e medici per la specializzazione in psicoterapia,
quest’anno abbiamo voluto rileggere (= studiare) questa LETTERA. Tra gli
ambiti di lavoro dei nostri specializzandi ci sono anche le famiglie e
le scuole. Alla fine dell’anno abbiamo proposto agli allievi di provare
loro a scrivere una LETTERA A UNA PROFESSORESSA. Ripensando alla loro
storia di studenti. O alla loro esperienza attuale di consulenti nelle
scuole. Con la Direzione di Voce abbiamo pensato di pubblicarne
qualcuna. Ci piacerebbe ricevere qualche risposta. Un insegnante, un
genitore, uno studente... Provateci. Nel nostro desiderio c’è di avviare
un dialogo, facendo incontrare esperienze, riflessioni e punti di vista
che, anche se diversi, anzi, proprio perché diversi, possono sicuramente
arricchire. Gli uni e gli altri. Grazie.
Gabriella Guidi
e Federico Cardinali, docenti dell’ITF
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