Il Genogramma
Come rappresentare graficamente una storia di famiglia
F. Cardinali - in M. Andolfi e V. Cigoli (a cura di), La famiglia d'origine, F. Angeli, 2003
Sommario
PREMESSA
1. COSTRUIRE un genogramma: 1.1. Alcune regole di fondo; 1.2. Leggiamo un genogramma
2. ENTRANDO nei particolari: 2.1. Lo spazio per le generazioni; 2.2. Le date; 2.3. Chi vive con chi; 2.4. Ingrandire dei particolari; 2.5. Rappresentare i legami: gli assi relazionali
3. Il genogramma di una FAMIGLIA RICOSTITUITA
4. LEGGIAMO un altro genogramma
CONCLUSIONI
APPENDICE: 1. Quadro sintetico dei segni usati per costruire un genogramma; 2. Figure 1-9: genogrammi
BIBLIOGRAFIA
(N.B. Nel lavoro si fa riferimento alle figure: per averle disponibili è necessario aprire QUESTA PAGINA)
PREMESSA
Nell’altro lavoro[2] abbiamo ricordato come la famiglia d’origine sia il luogo in cui il soggetto avvia la costruzione della propria identità – attraverso le immagini che gli vengono restituite da parte di ciascuno dei suoi genitori (lo specchio paterno e lo specchio materno) – e come essa sia la “scuola” in cui apprendiamo il nostro modello di famiglia. Nella famiglia d’origine apprendiamo cosa sia una famiglia e come “debbano” essere le relazioni familiari: cosa significhi “essere coppia”, cosa significhi “essere fratelli”, come anche cosa significhi “essere genitori ed essere figli”. La famiglia d’origine – quella che ci vede figli – diventa modello di riferimento per la costruzione di quella famiglia che ci vede nel ruolo di adulti, come partners di una coppia e come genitori (8).
E’ nella famiglia d’origine, inoltre, che si avvia quel processo di differenziazione del sé (5) e di individuazione che ci permette di sentire l’appartenenza in una relazione affettiva e, nello stesso tempo, ci consente di sentirci proiettati verso la vita, senza per questo viverci il senso di tradimento o di abbandono nei confronti dei nostri familiari. E’ nella famiglia d’origine, ancora, che il bambino può costruire quella base sicura (7) che gli consente di partire per l’esplorazione del mondo, senza il rischio di ritrovarsi sperduto e privo di punti di orientamento. E’ nella famiglia, infine, che il bambino “impara come e secondo quali parametri si decodifica ogni nuova esperienza”: la famiglia, in altre parole, è “matrice del pensiero”(19).
Sono queste le principali considerazioni che hanno condotto i terapeuti familiari ad avvicinarsi alla famiglia e alle famiglie d’origine in una duplice prospettiva: a) come luogo per accedere alle radici di quella sofferenza che al momento presente tiene bloccate le energie evolutive[3] e b) come luogo, quasi una sorgente, al quale attingere per recuperare le risorse necessarie per la riattivazione di quel processo di crescita che dovrebbe accompagnare ogni intervento terapeutico (1, 2, 5, 11, 14, 18, 23).
Accanto all’area della clinica, anche quella della formazione del terapeuta familiare vede il lavoro con la famiglia d'origine dell’allievo-terapeuta come luogo privilegiato per la costruzione di un buon processo formativo. E’ a Bowen (5) che dobbiamo richiamarci per la forza e l’originalità con cui ha stimolato i suoi allievi a ri-trovare le proprie radici familiari al fine di attivare, o ri-attivare, quel processo di differenziazione del sé necessario non solo per la crescita personale, ma anche per la costruzione di una buona professionalità. Il recupero e il riconoscimento (consapevolezza) del proprio “modello” familiare diventa altresì lavoro irrinunciabile se non si vuol incorrere in quel processo di con-fusione tra la famiglia interna del terapeuta e la famiglia reale che sta incontrando e che gli chiede di essere guida per il superamento dell’impasse evolutiva che la tiene bloccata (2, 3, 5, 10, 13, 15, 20, 23).
Nel campo della terapia familiare queste sono le due aree che vedono la famiglia allargata (famiglia nucleare e famiglia/e d’origine) come area di ricerca e come risorsa evolutiva, quindi come terreno privilegiato di analisi e di intervento. Un terapeuta familiare non può non comprendere la famiglia d’origine nel suo campo visivo.
Come si può rappresentare graficamente una famiglia?
E’ di questo, ed esclusivamente di questo, che ci vogliamo occupare in queste pagine. Indipendentemente dall’uso che se ne fa e dal contesto di utilizzazione, sia esso clinico o formativo-didattico, vogliamo proporre la nostra modalità nel rappresentare una famiglia, consapevoli che, come il disegno della pioggia rassomiglia alla pioggia molto più della parola “pioggia” (4), così una rappresentazione grafica è sicuramente più immediata di una pagina scritta. Questo lavoro è pensato come un’appendice in un testo che si occupa dello spazio della famiglia d’origine nella terapia familiare. L’uso del genogramma (= rappresentazione grafica delle diverse generazioni che costituiscono la famiglia) ogni volta che si entra nell’ambito del lavoro con le famiglie - nelle relazioni ai convegni di studio e ai seminari, nei corsi di formazione e di aggiornamento, nei cicli di supervisione, ecc. - è prassi comune: la forza dell’impatto visivo, sia per favorire l’attenzione che per facilitare la comunicazione tra i presenti, non ha bisogno di essere sottolineata, tanto è esperienza condivisa.
Anche nella compilazione della cartella, i protocolli di seduta e il foglio con il genogramma costituiscono le due parti irrinunciabili e indispensabili perché la cartella di uno psicoterapeuta familiare possa dirsi “sufficientemente buona”. A nostro parere esso non dovrebbe mai mancare neanche nelle cartelle cliniche di un servizio che si occupi di salute mentale (servizi di salute mentale propriamente detti, Ser.T., consultori, comunità educative o terapeutiche, ecc.).
Una cosa che colpisce, però, accanto all’uso comune, è che ognuno il genogramma lo fa a modo suo. Segno di creatività, da una parte, ma … perché non provare a confrontarci e a mettere insieme quello che ciascuno, singolo esperto o gruppo operativo o scuola di formazione, ha saputo, nel tempo, creare?
Vogliamo provare a dire la nostra modalità e le ragioni che la sottendono… proponendolo come argomento di confronto. Questo lavoro, quindi, come già detto, non è sull’uso del genogramma nella clinica o nella formazione, ma semplicemente sul come si costruisce graficamente un genogramma.
1.
COSTRUIRE UN GENOGRAMMA
1.1. Le regole principali
Il genogramma è un disegno che rappresenta, in maniera grafica, un insieme di persone, in relazione tra loro, che appartengono alla medesima storia familiare[4]. Nel genogramma, quindi, sono rappresentate le persone (con i dati identificativi essenziali: genere, nome ed età), i legami relazionali che le uniscono e la generazione di appartenenza. Nel genogramma sono indicati anche i momenti significativi della storia familiare (nascite, morti, matrimoni, separazioni, ecc.).
Un buon genogramma rappresenta almeno tre generazioni: nonni, genitori e figli; spesso le generazioni rappresentate diventano quattro o anche più, man mano che il lavoro con la famiglia procede e i diversi personaggi cominciano ad apparire nella loro significatività…
Indichiamo delle regole e alcuni accorgimenti per costruire un genogramma sufficientemente chiaro, quindi utile.
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Il genogramma è una rappresentazione grafica (un disegno): come per un disegno, quindi, vanno usate la matita e la gomma! Ci saranno sempre nuove informazioni da aggiungere, quindi elementi da spostare, spazi da recuperare, ecc. (V. n.3);
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Il genogramma si legge dall’alto in basso e da sinistra a destra (queste sono le direzioni del leggere e dello scrivere nella nostra cultura di popoli occidentali). Questa osservazione ci permette di cogliere che la linea di lettura (sopra-sotto e sinistra-destra) rappresenta la dimensione tempo rispetto alla storia della famiglia[5];
- Non ci si deve preoccupare di costruire subito un genogramma completo: esso va pensato come una mappa che sarà dettagliata man mano che il territorio viene esplorato (man mano che le informazioni emergono - V. n.1);
- Il foglio su cui disegneremo il genogramma va già diviso mentalmente (e concretamente) con spazi differenziati per ciascuna generazione; è utile disegnare subito i confini con la linea tratteggiata (e colorata): questo permette di collocare correttamente le diverse persone all’interno della generazione di appartenenza;
- Per indicare le persone disegneremo con un quadratino i maschi e con un tondino le femmine (6); all’interno di ogni quadratino o tondino poniamo con un numero l’età e sotto, all’esterno, scriviamo il nome. Il numero all’interno indica l’età in anni; se dovessimo indicare l’età di un bambino di pochi mesi, segneremo il numero dei mesi seguito da una “m” (4 m = 4 mesi);
- I quadratini e i tondini (= le persone) sono collegati tra loro da segni che indicano i legami di parentela; essi sono: la relazione di coppia, la relazione tra i fratelli e la relazione genitori-figli;
- Si inizia a costruire il genogramma partendo dal paziente (dalla persona, cioè, per la quale viene richiesto l’intervento: ricordarsi di indicarla sempre con un *): da qui si parte con i vari collegamenti;
- Nel rappresentare una coppia (coniugi, conviventi, fidanzati) il maschio (quadratino) va sempre collocato a sinistra e la femmina (tondino) a destra; rispettare questa collocazione permette di cogliere subito, a colpo d’occhio, da parte di chiunque legga il genogramma, la posizione nella propria famiglia d’origine, di lui (sempre dalla stessa parte, la parte sinistra del foglio) e di lei (pure sempre dalla stessa parte, la parte destra del foglio). In questo caso - la rappresentazione di una relazione di coppia - la direzione sinistra-destra rappresenta l’identità di genere; la dimensione tempo è definita dalla direzione sopra-sotto (V. n. 2). Attenzione: questa collocazione (sinistra-destra) va sempre rispettata, anche nella rappresentazione delle famiglie ricostituite (V. sotto: 3. Costruire il genogramma di una famiglia ricostituita);
- Nel rappresentare i figli, l’ordine è quello cronologico con il più grande a sinistra e il più piccolo a destra (noi scriviamo da sinistra a destra - V. n.2.), indipendentemente dal genere: questo perché nella relazione con i figli e tra i fratelli è molto significativo l’ordine di nascita;
- La famiglia nucleare, soggetto/oggetto dell’intervento, va evidenziata in qualche modo rispetto al resto della famiglia estesa: nella fig. 1 abbiamo rappresentato la famiglia nucleare di Cinzia collocandola un po’ più in basso rispetto alle altre e ne abbiamo evidenziato in neretto i componenti (attenzione: rispettare sempre gli spazi generazionali - V. n.4);
- Nel genogramma indichiamo anche chi vive con chi; va indicato con una linea tratteggiata che comprenda al suo interno tutte le persone che vivono nella stessa abitazione; suggeriamo che la linea sia colorata (di un colore diverso da quello scelto per rappresentare i confini intergenerazionali): nella fig. 3, per es., è rappresentata una giovane coppia, con una bambina, che vive insieme ai genitori di lui;
- Accanto al genogramma “generale” vanno pensati e disegnati, successivamente, dei genogrammi particolari: questi sono come “particolari” della mappa dove le indicazioni sono più dettagliate rispetto all’insieme (nella fig. 4 abbiamo indicato più in dettaglio la situazione di Cinzia, prendendo in considerazione la famiglia nucleare del suo ragazzo, per es.; non sarebbe utile, perché potenzialmente confusivo, voler disegnare nel genogramma generale della famiglia di Cinzia - fig. 1 - anche le informazioni relative alla famiglia di Ugo).
Parallelamente si può anche costruire un genogramma che comprenda tutto il mondo relazionale delle persone coinvolte come in un unico “insieme” (figg. 4, 5 e 9); in questo caso è utile non segnare troppe informazioni: è meglio limitarsi, in questa mappa d’insieme, a indicare le persone (con il nome e l’età) e i legami di parentela, rimandando le altre informazioni ai genogrammi più particolari; - Ricordiamoci sempre che il genogramma va datato: è fondamentale indicare a quale data la situazione è così come viene rappresentata nella grafica; fuori campo va indicato il mese e l’anno di compilazione;
- Il genogramma va personalizzato. Man mano che si usa questo strumento di lavoro, ci si trova nella necessità di metterci nuove indicazioni.
- Suggerimenti finali: 1) partiamo da alcune regole di base condivise da tutti (è questo quanto proviamo ad indicare in queste pagine); 2) rendiamolo uno strumento di lavoro utile per il nostro intervento, quindi non abbiamo il timore di aggiungervi quelle informazioni che abbiamo bisogno di avere costantemente sotto gli occhi; 3) non esageriamo nel segnare le informazioni che ci sembra necessario mettervi: potrebbe succedere che troppe informazioni ne impediscano la lettura immediata…
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1.2. Leggiamo un genogramma (fig. 1)
Sulla scorta delle indicazioni che abbiamo fornito, proviamo ora a leggere il genogramma della fig. 1.
L’intervento dell’operatore (terapeuta, educatore, ecc.) è richiesto perché Cinzia (indicata con un *), una ragazza di 19 anni, presenta dei problemi[6]. A fare la richiesta è sua madre, Carla (indicata con un °), una donna di 40 anni, sposata con Mauro, di 45. (Come indicato sopra al punto 1.10, la famiglia nucleare di Cinzia è collocata graficamente un po’ più in basso rispetto alle altre ed è disegnata con linee più marcate: questo per evidenziarla meglio - a questo scopo si può anche usare un colore).
Cinzia ha due sorelle, di 15 anni, Grazia e Laura, gemelle; sappiamo poi che è fidanzata, da un anno, con Ugo, un ragazzo di 27 anni. Vediamo, ora le famiglie d’origine dei genitori.
Mauro, il babbo di Cinzia, è il secondo di due figli: ha una sorella, più grande di lui di tre anni, sposata con Aldo, di 50 anni, con cui ha un figlio, Roberto, di 24 anni, che è fidanzato con Carla, di 23. I genitori di Mauro sono tutti e due viventi: il padre, Luciano, ha 74 anni e la madre, Anna, 70.
Carla, la mamma di Cinzia, è la prima di due figlie: sua sorella, infatti, è quattro anni più piccola di lei, ha 36 anni; è sposata con Marino, di anni 42, ed hanno insieme un bambino di 11 anni, Andrea che è figlio adottivo della coppia: Andrea è stato adottato all’età di 1 anno (indicato con (1) accanto ad 11 che indica l’età attuale); ora aspettano un altro figlio, biologico questa volta, Elisabetta, infatti, è incinta ed è al 5° mese di gravidanza[7]. La mamma di Carla e di Elisabetta, nonna materna di Cinzia, è morta nel 2000 all’età di 68 anni.
In questo genogramma sono rappresentate tre generazioni.
La generazione di Cinzia è la terza fra quelle rappresentate. Nella sua generazione troviamo, insieme con lei, le due sorelle che appartengono alla stessa famiglia nucleare; i suoi cugini Roberto e Andrea; fra poco arriverà un altro cuginetto (o cuginetta). Alla medesima generazione appartengono anche i due fidanzati, quello di Cinzia, Ugo, e la ragazza di Roberto, Carla.
La seconda generazione è quella dei genitori di Cinzia. A questa appartengono i loro fratelli e sorelle insieme con i rispettivi partner (attuali e, in caso di separazioni e nuove unioni, quelli passati e quelli che verranno…).
La prima generazione è quella dei nonni. Nel genogramma sono rappresentati soltanto loro; nel corso del lavoro con la famiglia potremo trovarci nella necessità di indicare nel genogramma anche altre persone della loro generazione (fratelli o sorelle) o anche persone che appartengono alla generazione precedente. E’ molto probabile che, decidendo di coinvolgere direttamente i nonni, per es., questi ci parlino dei propri genitori e di qualche altro familiare per loro particolarmente significativo… In questo caso il genogramma si estende ulteriormente: praticamente, inseriamo un’altra linea di confine e rappresentiamo la generazione dei bisnonni (avremo un genogramma esteso su quattro generazioni).
2.
ENTRANDO NEI PARTICOLARI
2.1. Lo spazio per le generazioni (figg. 1, 2 e 4)
L’indicazione che abbiamo dato all’inizio, di disegnare, cioè, sempre i confini generazionali (V. 1.4), deve diventare un’abitudine, un automatismo ogni volta che iniziamo un genogramma.
Facciamo attenzione. L’appartenenza ad una generazione o ad un’altra non è data dal numero degli anni, ma dalla funzione che una persona svolge nel sistema familiare. Tutti sappiamo quanto sia importante che le persone abbiano chiaro l’ambito generazionale cui appartengono: è questo che ne definisce i compiti, i doveri, i diritti, ecc.; in altre parole, ciò che ci si aspetta che siano e che facciano e, parallelamente, che non siano e non facciano…
Riprendiamo la famiglia di Cinzia (quella rappresentata nella fig. 1) e immaginiamo che Ugo, il suo ragazzo, invece di 27 anni ne abbia dieci di più, 37. Cronologicamente apparterrebbe alla generazione dei genitori di Cinzia: sua madre Carla, infatti, ha 40 anni e sua zia, la sorella della mamma, Elisabetta, 36. Ugo, tuttavia, pur essendo più giovane della zia di Cinzia, è il fidanzato di Cinzia, ciò significa che va collocato al suo (di Cinzia) livello generazionale, perché funzionalmente appartiene a questa generazione.
La stessa cosa, naturalmente, va detta anche se consideriamo il genogramma della fig. 5 dove abbiamo rappresentato la coppia Cinzia-Ugo con le rispettive famiglie d’origine. Ugo ha un fratello di 12 anni, Riccardo, che vive in casa con lui e i suoi genitori; sua sorella Anna ha un bambino, Adrian, di 10 anni, che è il nipote di Riccardo, quindi appartiene alla quarta generazione (tra quelle rappresentate), mentre Riccardo è della stessa generazione di Ugo e di Anna, suoi fratelli (terza generazione).
Questo aspetto va considerato con molta attenzione, sempre; un’attenzione particolare, tuttavia, va messa quando incontriamo le famiglie “ricostituite”. Con una certa frequenza la clinica ci fa incontrare situazioni in cui la differenza d’età tra i coniugi è tale che il nuovo partner del genitore non è troppo lontano dall’età dell’uno o dell’altro dei figli. E’ importante non dimenticare che il nuovo partner è pur sempre il compagno del genitore, un “genitore acquisito” quindi, e come tale va considerato nell’intervento con la famiglia[8].
2.2. Le date
Le date che suggeriamo di indicare nel genogramma sono soltanto quelle particolarmente significative: nascita, morte, fidanzamento, matrimonio ed eventuale separazione e/o divorzio. Queste date vanno ricercate, quindi indicate, sempre e comunque.
Per l’età degli individui indichiamo il numero degli anni, alla data di compilazione del genogramma, mettendolo all'interno del quadratino o del cerchietto che rappresentano la persona. Ci sembra più indicativo ed immediato segnare l’età della persona piuttosto che l’anno di nascita: questo ci costringerebbe, ogni volta, a fare il conteggio degli anni.
La stessa cosa, secondo noi, va fatta per indicare l’età di una coppia: fidanzamento, matrimonio, separazione/divorzio. Indicare sul genogramma il numero degli anni ci pare più immediato che non indicarne l’anno solare. Nella fig. 1 abbiamo indicato gli anni di vita delle coppie: Mauro e Carla sono sposati da 19 anni dopo 3 anni di fidanzamento (gli anni di fidanzamento “3” sono indicati prima degli anni di matrimonio “19”, perché vengono cronologicamente prima); Cinzia e Ugo sono fidanzati da 1 anno. Nella fig. 8/a, invece, abbiamo indicato l’anno solare del matrimonio, della separazione e dell’inizio della convivenza: Marco e Luciana si sono sposati nel ’72 e separati nel ’90; successivamente, nel ’94, Marco ha iniziato la convivenza con Silvia; Luciana, da parte sua, ha iniziato la convivenza con Carlo due anni dopo la separazione, nel ’92 (fig. 8/c).
Per indicare l’anno di morte di una persona scriviamo l’anno solare, indicandolo in alto a destra del quadratino o del tondino che la rappresenta; all’interno indichiamo il numero degli anni che aveva al momento del decesso (nella fig. 1 è scritto che Lucia, la nonna materna di Cinzia, è morta all’età di 68 anni nel 2000).
2.3. Chi vive con chi (figg. 3 e 4)
Un dato utile che va indicato esplicitamente, perché assai significativo per la storia delle persone e delle famiglie e per le relazioni tra queste, è costituito dalle informazioni sulle convivenze tra le persone: chi abita con chi.
Il dato, in realtà, si omette quando le varie famiglie nucleari, rappresentate nel genogramma, vivono ciascuna nella propria casa. Nella fig. 1, la mancanza di indicazioni, ci dice che la famiglia nucleare di Cinzia (lei, le sorelle e i suoi genitori) vive per conto suo; così pure le famiglie di Elisabetta e di Patrizia, sorelle dei suoi genitori, come pure le coppie dei nonni (compreso Giuseppe, che pur rimasto vedovo l’anno scorso, vive da solo).
Quando, invece, un nucleo familiare (genitori e figli) vive con altre persone appartenenti alla famiglia d’origine dell’uno o dell’altro coniuge, questo dato va indicato sul genogramma con una linea curva, tratteggiata, che racchiude tutte le persone coinvolte (V. figg. 3 e 4). Su questa linea si può indicare l’anno in cui la convivenza è iniziata o il numero degli anni (l’età della convivenza) della stessa: sempre in fig. 3 è indicato che Aldo e Franca, con la loro bambina, sono già tre anni che vivono insieme con i genitori di Aldo. Nella fig. 4 abbiamo indicato l’anno in cui il nonno di Ugo è andato a vivere insieme alla famiglia di suo figlio (’95), perché così appare più evidente la coincidenza con la data della morte della moglie (’95).
2.4. Ingrandire dei particolari e viceversa (figg. 4 e 5)
Nel corso dell’intervento (terapeutico, educativo, ecc.) potremmo trovarci nella necessità di dettagliare ulteriormente un particolare del genogramma.
Sempre facendo riferimento alla situazione di Cinzia (la “paziente”), se nella fig. 1 abbiamo rappresentato la sua famiglia d’origine estesa a tre generazioni, nella fig. 4 l’abbiamo rappresentata focalizzando l’attenzione sulla coppia che la vede partner di Ugo. Volendo cogliere le dinamiche della relazione di coppia che questa ragazza sta vivendo, apparirà significativo conoscere la situazione familiare e relazionale del suo fidanzato.
Un modo relativamente semplice è quello di “allargare un dettaglio” proprio come con una mappa topografica o una cartina geografica.
Da questa “mappa” possiamo evidenziare che nella famiglia di Ugo, insieme con lui, vivono suo fratello Riccardo di 12 anni, i genitori e il nonno materno: quest’ultimo è andato a vivere con loro alla morte di sua moglie (’95); Ugo ha anche una sorella maggiore, di 32 anni, Anna, che convive da 10 con Luigi: insieme hanno un figlio di 10 anni. (La coincidenza del numero degli anni – età del bambino ed età della coppia – ci dice che la loro convivenza è iniziata con il sopraggiungere della gravidanza…).
Possiamo anche fare, se ci è utile, il procedimento inverso: anziché ingrandire un dettaglio (= restringere l’angolo visivo), possiamo ingrandire l’angolo d’osservazione (= ampliare l’angolo visivo). Possiamo, ad es., legare insieme i due genogrammi, quello di Cinzia e quello di Ugo collegando le due famiglie (fig. 5). Questa operazione sarebbe particolarmente indicata se la problematica che dobbiamo affrontare fosse una problematica di coppia, per es. (in questo caso sul genogramma metteremo l’* - segno che indica la “collocazione” del problema – sul legame di coppia anziché all’interno del tondino o quadratino che rappresenta la persona).
2.5. Rappresentare i legami: gli assi relazionali (fig. 6)
Un punto particolare questo, sul quale vogliamo richiamare l’attenzione dei lettori, perché ci permettiamo di affermare che tra i vari modi di disegnare un genogramma ce n’è uno che più degli altri è “corretto”, in quanto rappresenta più adeguatamente e più compiutamente la realtà che intende significare.
Il genogramma, dicevamo all’inizio, è un disegno che rappresenta, in maniera grafica, un insieme di persone, in relazione tra loro, che appartengono alla medesima storia familiare.
Gli studi sulla famiglia ci dicono che le relazioni che fondano un sistema familiare si sviluppano significativamente lungo tre assi: il 1° è costituito dalla relazione di coppia, il 2° dalla relazione tra fratelli, il 3° dalla relazione genitori-figli; i primi due sono assi intragenerazionali, il terzo è un asse intergenerazionale.
Nella rappresentazione grafica, sempre per la necessità di rispettare la corrispondenza tra il segno e l’oggetto rappresentato, è necessario rappresentare tutti e tre questi assi relazionali.
Ma andiamo con calma.
Rifacendoci agli studi sulla pragmatica della comunicazione (22), possiamo richiamare alla memoria come i due canali, digitale e analogico, presentano una sorta di specializzazione nella trasmissione dei messaggi: mentre il primo è più adeguato come veicolo di trasmissione per il passaggio dei contenuti di un messaggio, l’altro è la via privilegiata per dire la relazione tra i comunicanti. In altri termini, se il canale digitale (testo scritto o parlato) permette il passaggio delle idee (aspetto razionale), il canale analogico veicola con più competenza l’aspetto emozionale tra gli interlocutori. La corrispondenza diretta tra segno e messaggio, caratteristica propria del canale analogico, attraversa il filtro della razionalità (consapevolezza?) e arriva direttamente al mondo interno. Un disegno, un quadro, una musica si fanno “sentire” prima che “capire”: il processo di comprensione consapevole è successivo e, perché si concretizzi, ha bisogno di un lavoro di “traduzione” che la dimensione digitale del linguaggio permette di realizzare.
Tutto ciò, ovvio per chiunque si occupi di comunicazione, l’ho richiamato solo per indicare il contesto in cui intendo collocare le riflessioni che seguono.
Se il genogramma è una rappresentazione grafica della famiglia e delle relazioni familiari, come tale esso usa il canale analogico per trasmettere ciò che intende significare. Parlare di genogramma, dunque, significa entrare nel canale analogico della comunicazione[9].
Questa considerazione ci porta a sottolineare che, come “corrispondenze” intrinseche al genogramma stesso, vanno presi in considerazione due aspetti, propri del linguaggio analogico, in qualche modo necessari e irrinunciabili.
Il primo è dato dalla necessità che vi sia una certa corrispondenza tra il messaggio da trasmettere e il livello di adeguatezza del canale comunicativo (tra l’oggetto/contenuto e il segno che lo rappresenta); la seconda è data dalla relazione tra il canale comunicativo (il segno) e il soggetto che trasmette o riceve: tra la rappresentazione cartacea e la rappresentazione mentale.
Il primo aspetto.
Nell’analisi della relazione tra segno e significato siamo perfettamente consapevoli che, mentre il linguaggio digitale non ha una corrispondenza diretta tra segno significante e oggetto significato, per il linguaggio analogico, perché un segno sia valido, è necessario che tra il segno e l’oggetto che rappresenta ci sia una “corrispondenza” che in qualche modo li leghi; tanto maggiore è questa corrispondenza, tanto più valido è il canale comunicativo, quindi tanto più chiaro e forte risulta il messaggio.
Guardiamo la fig. 6. Nel genogramma di fig. 6/a il 1° asse relazionale (la relazione di coppia) possiamo anche dire che è rappresentato, ma il 2° (la relazione tra i fratelli) e il 3° (la relazione genitori-figli) non lo sono affatto: essi sono confusi (con-fusi = fusi insieme) tra loro e con l’asse della relazione di coppia; nella fig. 6/b tutti gli assi sono con-fusi; il genogramma di 6/c non è altro che il 6/a rappresentato in verticale con la coppia disegnata nella dimensione sopra-sotto e le generazioni nella direzione sinistra-destra.
Questa con-fusione non appare nel genogramma della fig. 6/d dove ciascun asse relazionale ha un proprio segno. La relazione di coppia (asse 1°) è rappresentata dalla linea orizzontale che unisce i due coniugi, così come la relazione tra i fratelli (asse 2°) è indicata dalla linea ad angolo che unisce Cinzia con le due sorelle e la relazione genitori-figli (asse 3°) è indicata nella linea verticale che lega la coppia genitoriale e i figli. Questo modo di disegnare il genogramma è più “corretto”, perché rispetta più fedelmente la realtà che intende raffigurare in quanto è presente la corrispondenza tra il segno e l’oggetto (= prima “corrispondenza”).
La seconda “corrispondenza”.
Facciamo una riflessione sulla relazione tra la mappa (rappresentazione) cartacea e la mappa (rappresentazione) mentale.
La necessità di rappresentare graficamente i tre assi relazionali nella mappa cartacea (genogramma) e la visualizzazione degli stessi costringe il terapeuta, e l’operatore in genere, a pensare una mappa familiare che sia a questa corrispondente.
Ogni volta che emerge un problema, uno stato di sofferenza, un terapeuta conosce quanto è importante esplorare la qualità delle relazioni intra e intergenerazionali e lavorare per la ricostituzione di spazi differenziati e rispettosi dell’appartenenza generazionale di ciascuno; in altre parole, per riportare al posto giusto le problematiche che ostacolano il processo evolutivo della famiglia e di ciascuno dei membri.
L’immagine trasmette emozioni, dicevamo. Dover rappresentare sulla carta gli assi relazionali che fondano un sistema familiare, significa anche doverli rappresentare, cioè pensare, nella mente del terapeuta. Se questi sono chiari nella mente del terapeuta, è molto più verosimile che con il procedere del lavoro anche la famiglia, nel suo insieme e in ciascuno dei soggetti, possa recuperare questa chiarezza e superare lo stato di con-fusione che sta attraversando.
In altre parole ci permettiamo di affermare che è ipotizzabile un nesso di causalità circolare tra la rappresentazione grafica e la rappresentazione mentale della mappa delle relazioni familiari.
A tutte queste riflessioni, si può obiettare che il genogramma è soltanto uno strumento di lavoro e, come tale, tutto dipende dall’uso che se ne fa: anche il genogramma più perfetto può lasciare il tempo che trova se l’operatore non sa che farsene; si potrebbe obiettare anche che, come si usa dire, “la mappa non è il territorio” e che “per conoscere la luna non ci si può fermare a guardare il dito che la indica”…
E’ certamente vero; altrettanto vero, però, è che in buone mani uno strumento migliore garantisce un’efficacia migliore e una buona “protesi” permette il recupero di un arto danneggiato, sicuramente maggiore di quanto possa fare il bastone che vi abbiamo legato nel momento dell’emergenza. In fine, poi, ogni esploratore sa che quanto più la mappa è rappresentazione fedele della realtà, tanto minore è il rischio di perdersi lungo il viaggio e nella ricerca…
3.
COSTRUIRE IL GENOGRAMMA DI UNA FAMIGLIA RICOSTITUITA
(figg. 7 e 8)
Anche per rappresentare una famiglia ricostituita noi riteniamo si debba tener conto di quanto detto sopra a proposito del linguaggio analogico. Consideriamo alcuni aspetti nella costruzione della mappa familiare.
3.1. La coppia e le coppie
Abbiamo detto sopra che il genogramma si legge dall’alto in basso e da sinistra a destra, ricordando che queste sono le direzioni che seguiamo nel leggere e nello scrivere. Queste direzioni indicano la dimensione tempo.
Ciò che è rappresentato sopra viene prima rispetto a quanto è rappresentato sotto. La coppia Marco e Luciana (fig. 8) viene cronologicamente prima (si sposano nel ’72 e si separano nel ’90) della coppia che Marco forma con Silvia (iniziano la convivenza nel ’94); la coppia di Luciana con Carlo viene dopo la coppia di Luciana con Marco.
Ciò che è rappresentato a sinistra (nella relazione tra i fratelli) viene prima di quanto è rappresentato a destra: Anna, la figlia di Marco e Luciana è più grande di Cristian e di Paola, i figli che Marco ha con Silvia, la sua attuale compagna.
L’intervento è richiesto da Silvia (= °) per problemi evidenziati da Cristian (= *). Questo nucleo familiare è il soggetto/oggetto dell’intervento, quindi lo rappresentiamo al centro del disegno indicando in orizzontale il legame di coppia Marco-Silvia e sopra, in obliquo, il precedente legame Marco-Luciana.
Se abbiamo bisogno di indicare più dati in relazione alla famiglia di Marco e Luciana, perché significativi rispetto alla problematica che dobbiamo affrontare, in questo caso dobbiamo fare un “ingrandimento” di questa, rappresentandola a parte.
3.2. L’affidamento dei figli
Nel mettere la barretta trasversale che indica la separazione (o la doppia barretta che indica il divorzio) bisogna tenere conto di un elemento importante che riguarda la vita della famiglia: l’affidamento dei figli. Anche questo elemento può essere rappresentato nel genogramma. Nell’esempio della fig. 8/a Marco e Luciana hanno una figlia di 16 anni che è affidata alla madre: questo particolare è indicato dal fatto che la barretta della separazione è messa prima del punto di innesto dell’asse verticale (asse 3°) che indica la relazione genitori-figli; se Anna fosse stata affidata al padre, avremmo dovuto mettere il segno della separazione dopo il punto d’innesto dell’asse 3° (fig. 8/b).
3.3. La famiglia attuale e le famiglie precedenti o successive
Un’indicazione che ci sentiamo di dare è quella di rappresentare al centro del disegno (= disegnare in orizzontale il legame di coppia) la famiglia che è soggetto/oggetto dell’intervento e indicare in obliquo, sopra o sotto, il nucleo familiare o i nuclei familiari precedenti (sopra) o successivi (sotto), lasciando sempre al suo posto la persona che è fulcro dei vari legami.
Immaginiamo che anche Luciana, dopo la separazione con Marco, conviva con un nuovo compagno (fig. 8/c). Essendo il nuovo legame successivo a quello con Marco, suo marito, lo rappresenteremo sotto, indicandovi anche la presenza di nuovi figli (in questo caso Luciana e Carlo hanno una figlia di 9 anni, Maddalena - che rappresenteremo mettendola in ordine rispettando l’età dei fratelli). Attenzione: rispettare sempre lo spazio che rappresenta le generazioni (ricordarsi di disegnare sempre i confini intergenerazionali!).
Una rappresentazione di questo genere dà immediatamente l’immagine di una situazione piuttosto ingarbugliata, sicuramente complessa, potenzialmente confusa… Ma non è così che le persone coinvolte potranno sentire la loro situazione? Non è così che un terapeuta, chiamato ad intervenire per un problema evidenziato da Cristian, potrà sentire il contesto familiare di un bambino di 7 anni che si vedrà arrivare in casa una “sorella” di 16 che litiga con suo padre, per es., o sentirà le crisi di gelosia di sua madre, Silvia, che non tollera le telefonate o gli incontri del suo compagno, Marco, con la prima moglie per i problemi di Anna o per le questioni economiche non ancora chiarite (chi sa cos’altro!…)?
Il genogramma, dicevamo, rappresenta la realtà: è necessario che la rappresenti, per quanto possibile, nella sua complessità e con tutte le sue complicazioni. In questo modo uno sguardo d’insieme, dopo un primo smarrimento dovuto alla apparente confusione della rappresentazione grafica, ci evidenzia subito in che stato di confusione queste persone possono trovarsi.
4.
LEGGIAMO UN ALTRO GENOGRAMMA
(fig. 9)
Il genogramma di fig. 9 è preso dalla cartella di un Servizio Consultoriale che si occupa, tra le altre problematiche, delle situazioni di minori sottoposti a provvedimenti dell’Autorità giudiziaria minorile.
Dal genogramma si evince subito che il nucleo familiare soggetto/oggetto dell’intervento è quello formato da Mauro, di 30 anni, la sua compagna (non è la moglie: nell’asse 1° è segnato un legame di convivenza) Lorena, di 24, e i loro figli, Matteo di 3 anni e Alice di 1. (Questo nucleo familiare è evidenziato, rispetto a tutto il resto delle famiglie allargate, in due modi: sono segnati in neretto i quadratini e i tondini che rappresentano i quattro personaggi e tutti e quattro sono disegnati più in basso rispetto agli altri; attenzione: sempre rispettando gli spazi generazionali). L’ * (segno che indica “dov’è il problema”) è posto sui due bambini, perché sono essi la ragione dell’intervento in quanto sottoposti a provvedimenti del Tribunale per i Minorenni.
Sempre osservando questo nucleo familiare (bisogna ricordare che se il genogramma si costruisce partendo dal “paziente” – V. punto 1.7 – anche per leggere un genogramma dobbiamo partire da qui), un segno che si evidenzia è la linea curva tratteggiata (e colorata) che racchiude Matteo e la coppia di coniugi Aldo e Rosetta: l’asse 3° - V. punto 1.6 e 2.5 – indica una relazione di affidamento familiare: Matteo, infatti, è affidato a questa coppia e vive con loro e non con i genitori naturali; Alice, invece, vive con i suoi genitori. Mauro, Lorena e Alice vivono per conto loro (non essendo segnata alcuna convivenza con qualche altra persona che non appartenga a questa famiglia nucleare.
Mauro e Lorena sono segnati con un ** (doppio asterisco): significa che ambedue presentano una problematica piuttosto forte (in genere un problema psichiatrico o di tossicodipendenza o di devianza sociale, problema comunque di una certa gravità).
Guardiamo ora le due famiglie d’origine della coppia.
Mauro è il secondo di cinque figli. Il primo, Carlo, di 31 anni, è sposato ed ha una bambina di 6 anni: i tre vivono per conto loro. Il secondo è Mauro. Il terzo, Massimo, di 26 anni, conviveva con una ragazza di 25 anni ed ora i due sono separati; insieme hanno due figlie, Martina di 7 anni ed Anna di 2; nessuna di queste due bambine vive con l’uno o l’altro dei genitori: Martina vive con la famiglia d’origine di suo padre che, attualmente vede insieme la nonna M. Pia, di 60 anni, la figlia di 21 e il figlio più piccolo Luciano, di 17 anni; dall’anno scorso il nonno Corrado non c’è più. Un particolare significativo è il legame che unisce Martina ai nonni: la bambina è stata affidata alla loro coppia; anche in questo caso il legame segnato indica che l’affidamento è un fatto formalizzato da un provvedimento a norma di legge (se non ci fosse un provvedimento formale, non ci sarebbe il segno del legame di affidamento – asse 3° - che indica la relazione tra la coppia dei nonni e la nipotina; se si trattasse di una semplice convivenza, per un accordo familiare interno, per es., andrebbe indicata soltanto questa attraverso la linea curva tratteggiata che li racchiude).
Un altro particolare, sempre nella famiglia di Massimo, è che anche l’altra figlia, Anna, è in affidamento familiare presso un’altra coppia di coniugi. Questa coppia, come la coppia di Aldo e Rosetta che ha in affidamento Matteo, è segnata sul genogramma senza nessun’altra informazione sulle rispettive famiglie d’origine: lo riprendiamo sotto.
Anche Massimo e la sua compagna presentano una problematica molto forte (= sono segnati ambedue con **). Il genogramma non ci dice dove, al momento, i due vivono: ci dice solo che Massimo non sta né con i genitori né con le bambine; della sua compagna pure sappiamo che non sta con le figlie: nient’altro.
Per completare la lettura della famiglia d’origine di Mauro, andando avanti troviamo una sorella di 21 anni, di cui non conosciamo il nome, che è fidanzata, anche del suo ragazzo non abbiamo altre notizie; infine c’è un altro fratello, di 17 anni, ancora minorenne, Luciano, che vive con i genitori, la sorella e la nipotina.
Lorena è figlia unica della coppia Ubaldo e Teresa, rispettivamente di 53 e 55 anni, sposati 24 anni fa. Teresa, la mamma di Lorena, in precedenza era sposata con un altro uomo, da cui poi ha divorziato 28 ani fa; con questo aveva avuto due figlie, di 36 e 33 anni che vivono, ciascuna, con la propria famiglia nucleare: la più grande ha anche una figlia di 18 anni.
Nel genogramma sono segnati anche i genitori di Teresa: il fatto che ci siano segnati indica che sono in qualche modo significativi per la famiglia nucleare soggetto/oggetto dell’intervento: presso di loro, infatti, Lorena e Mauro hanno vissuto per quasi un anno.
Abbiamo notato sopra che la coppia di Aldo e Rosetta, genitori affidatari di Matteo è segnata senza nessun’altra indicazione. Ciò è stato fatto per non appesantire ulteriormente il foglio, ma è naturale che disporre delle informazioni che li riguardano all’interno delle rispettive famiglie allargate è assolutamente necessario: se Matteo vive con loro è ovvio che questo fatto coinvolgerà più o meno direttamente anche i loro parenti (genitori, fratelli, eventuali figli di questi); Matteo stesso, poi, entrerà in relazione direttamente con tutti o con alcuni di loro… questi dati è importante che un Servizio li abbia e ne tenga conto. In questo caso la situazione andrebbe completata con un altro genogramma che “ingrandisce” il particolare della coppia con le rispettive famiglie d’origine.
Il fatto invece che in questo foglio – il foglio principale - non ci sono segnati altri figli della coppia significa che questa (in questo caso tutte e due le coppie affidatarie, per la verità) di figli non ne ha. La famiglia nucleare deve sempre essere indicata completa: se, per es., Aldo e Rosetta avessero un altro figlio, questi andrebbe senz’altro indicato su questo genogramma, rimandando ad un altro foglio il disegno completo delle famiglie d’origine.
CONCLUSIONI
Abbiamo provato a dare delle indicazioni, illustrate con qualche esempio e accompagnate da alcune riflessioni, su come costruire un genogramma che sia utile per l’intervento (educativo, terapeutico, riabilitativo, sociale, ecc.) che ci viene richiesto come operatori. Noi riteniamo che fare un buon genogramma significa costruire uno strumento utile e stimolante per fare un buon lavoro. Come già detto sopra, sappiamo bene che, essendo il genogramma soltanto uno strumento di lavoro, come tale, tutto dipende dall’uso che se ne fa: anche il genogramma più perfetto può lasciare il tempo che trova[10] se l’operatore non sa che farsene.
Si potrebbe obiettare anche che, secondo il principio puntualizzato da A. Korzybski, “la mappa non è il territorio”: il genogramma è una cosa, la realtà familiare e personale degli esseri umani è un’altra. Vero. Altrettanto vero, però, è che in buone mani uno strumento migliore garantisce un’efficacia migliore e una buona protesi permette il recupero di un arto danneggiato, sicuramente meglio di quanto possa fare il bastone che vi abbiamo legato nel momento dell’emergenza. In fine, poi, ognuno di noi sa che quanto più la mappa è rappresentazione fedele della realtà, tanto minore è il rischio di perdersi lungo il viaggio e nella ricerca…
Un giorno una monaca di nome Wujincang chiese al sesto patriarca zen Huineng:
“Ho studiato il Nirvana Sutra per anni e anni e vi sono ancora alcuni punti che non capisco bene. Pensi che riusciresti a spiegarmeli?” e gli diede in mano il libro con i passi segnati; “Mi dispiace, ma non so leggere - le rispose -; se mi leggi tu i brani, vedrò se posso aiutarti a comprenderli”. “Se non sai neppure leggere le parole, come puoi capire la verità che è dietro di esse?” gli disse la donna; “La verità e le parole - rispose il maestro - non sono collegate. La verità può essere paragonata alla luna e le parole a un dito. Posso usare il dito per indicare la luna, ma il mio dito non è la luna e tu non ne hai bisogno per vederla. Vero?”.
Dice il Saggio: “Il linguaggio è semplicemente uno strumento per indicare la verità, un mezzo per aiutarci a raggiungere l’illuminazione. Scambiare le parole con la verità è ridicolo quasi quanto confondere un dito con la luna” (21).
BIBLIOGRAFIA
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- Andolfi M., Angelo C., Tempo e mito nella terapia familiare, Bollati Boringhieri, Torino, 1989
- Andolfi M., Il genogramma come mappa dei triangoli intergenerazionali” in Andolfi M. Il colloquio relazionale, I.T.F., Roma, 1994
- Bateson G., Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1976
- Bowen M., Dalla famiglia all’individuo, Astrolabio, Roma, 1979
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- Cigoli V., “Prefazione” in Montagano S., Pazzagli A., Il genogramma, Angeli, Milano, 1989
- De Bernart R. e Merlini F., “Una bibliografia ragionata sul genogramma familiare”, Terapia Familiare n. 65/2001 [11]
- De Nichilo M., “Il genogramma vivente”, Terapia Familiare n. 52/1996
- Framo J.L., “La famiglia d’origine come risorsa terapeutica”, Terapia Familiare n. 4/1978
- Galdo G., De Crescenzo D. (a cura di), Gli Apprendisti stregoni, vol. I e II, Cuen. Napoli, 1996 e 1999
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- Tsai Chih Chung, Dice lo Zen, Feltrinelli, Milano, 1999
- Watzlawick P., Beavin, J.H., Jackson D.D., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971
- Whitaker C.A., Keith D., “Terapia simbolico esperienziale”, Terapia Familiare n. 11/1982
[1] Direttore dell’Istituto di Terapia Familiare - Ancona.
[2] F. Cardinali e G. Guidi, “Interazioni tra famiglia d’origine e gruppo di formazione nel percorso formativo. Un’ipotesi di lavoro”.
[3] Bowen (5) parla di “trasmissione multigenerazionale” a proposito del livello di differenziazione/non differenziazione del sé; è questo pensiero che lo porta poi a dire, a proposito del disturbo schizofrenico, che “ci vogliono almeno tre generazioni perché una persona acquisisca il livello di non-sé che culminerà nella schizofrenia”.
[4] Le diverse definizioni di genogramma non si discostano tra loro; a titolo di esempio: “[Il genogramma è] un diagramma delle relazioni familiari che comprende almeno tre generazioni, con i gradi di parentela e gli eventi critici come nascite, morti, matrimoni e divorzi, oltre a eventuali problemi di pertinenza terapeutica emersi nel corso delle generazioni” (16); “[Il genogramma è] una forma di rappresentazione dell’albero genealogico che registra informazioni sui membri di una famiglia e sulle loro relazioni nel corso di almeno tre generazioni. Il genogramma mette in evidenza graficamente le informazioni della famiglia, in modo da offrire una rapida visione d’insieme dei complessi patterns familiari” (17).
[5] Questo aspetto sarà ripreso successivamente quando prenderemo in considerazione la necessità di rappresentare separazioni, divorzi e famiglie ricostituite. Unica eccezione parziale a questa regola è la rappresentazione della relazione di coppia (V. n. 8).
[6] La lettura fa riferimento alle informazioni generali: non ci interessa, qui, sapere la problematica specifica che ha provocato la richiesta d’intervento.
[7] In questo caso il numero all’interno, che indica l’età gestazionale, non può che significare “mesi”, quindi possiamo omettere la “m” dopo il numero.
[8] Con questo non vogliamo affermare che nell’intervento terapeutico o educativo dobbiamo fare come se l’età cronologica non contasse; ciò che vogliamo sottolineare in questo contesto è che mai si può prescindere dalla collocazione generazionale, perché è questa a determinare la funzione di una persona all’interno della famiglia.
[9] Il genogramma, in realtà, usa anche segni propri del linguaggio digitale (nomi, età, date), ma non dobbiamo dimenticare che la sua peculiarità è quella di essere una rappresentazione grafica della realtà significata.
[10] Dati i limiti che ci siamo imposti in questo lavoro, come non siamo entrati nel merito delle potenzialità dell’uso del genogramma, non entriamo nel merito di un suo uso improprio, nei modi e nei tempi. Si veda, in proposito Cigoli (11): “Il precipitarsi a far uso di uno strumento senza tener conto dell’esistenza o meno di uno spazio storico nella persona e nelle relazioni familiari è reificare la metafora… Questo è uno dei casi in cui è assai probabile che si faccia danno […]”.
[11] Questo lavoro, a mio parere, merita un’attenzione particolare: esso passa in rassegna 64, tra articoli e libri, che a vario titolo si sono occupati del genogramma e del suo uso sia nel contesto della clinica che quello della formazione del terapeuta familiare.
Il lavoro è pubblicato in M. Andolfi e V. Cigoli (a cura di), LA FAMIGLIA D'ORIGINE, L'incontro in psicoterapia e nella formazione, F. Angeli, 2003