VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

29 gen 2023

27 gennaio, il Giorno della Memoria

Abbiamo dimenticato

Se pure potevamo dubitare della nostra memoria di fronte alla tragedia del nazifascismo nella prima metà del secolo scorso, oggi ne abbiamo la certezza. Undici mesi fa, il 24 febbraio, i carrarmati di Putin ce l’hanno messo davanti agli occhi. La nostra memoria è evaporata. Morta. La pretesa di risolvere conflittualità politiche con le armi ha ripreso vigore, quasi fosse, logica insuperabile, patrimonio genetico della nostra specie. Non sono bastate due guerre mondiali. Né guerre e guerricciole che pure hanno sempre accompagnato la storia. Nei secoli passati e ai giorni nostri. Ed è proprio questa, la storia, ad insegnarci che non basta oggi dire è colpa di Putin o Putin è il nuovo Hitler. Dobbiamo chiederci come abbiamo fatto a ritrovarci un secolo indietro senza essercene neppure accorti.

Non ho competenze tali da destreggiarmi con scioltezza nella complessità delle valutazioni geopolitiche. Conoscendo un po’ i meccanismi della mente umana, però, possiamo provare a condividere qualche domanda. Perché questa nuova tragedia, che ci vede nostro malgrado attori partecipi, possa almeno diventare monito e insegnamento. Per le nuove generazioni. E per noi oggi, per individuare e imboccare una strada di pace.

Due aspetti. Nell’immediato la necessità di tenere aperta la domanda su cosa fare, subito, per fermare questa carneficina del popolo ucraino. E, con uno sguardo più ampio, chiederci come sia ancora possibile, da una parte, che tanti popoli continuino a sostenere regimi totalitari; e dall’altra che noi, paesi di democrazie consolidate, non seguiamo con la dovuta attenzione la politica di quei regimi. Che Putin ci abbia colti di sorpresa non può non farci chiedere: ma noi dov’eravamo?

 

Scrive Primo Levi nella prefazione all’autobiografia del comandante di Auschwitz: «Si spandono oggi molte lacrime sulla fine delle ideologie; mi pare che questo libro dimostri in modo esemplare a che cosa possa portare un’ideologia che viene accettata con la radicalità dei tedeschi di Hitler, e degli estremisti in generale».[1] E se pure gli estremisti in una società non sono mai maggioranza, gli estremismi possono vivere e reggere governi per l’indifferenza che guida la vita di tanta parte della popolazione. È questa il terreno fertile su cui l’ideologia prospera. I vari Stalin o Hitler dei giorni nostri non devono fare neppure troppa fatica dal momento in cui l’indifferenza, che è l’altra faccia delle mediocrità, abita le maggioranze.

Ancora Levi: «Le ideologie possono essere buone o cattive; è bene conoscerle, confrontarle e cercare di valutarle; è sempre male sposarne una, anche se si ammanta di parole rispettabili quali Patria e Dovere». Dio Patria e Famiglia ce le siamo sentite ripetere in più occasioni anche in casa nostra. Certo non è legittimo paragonare come queste risuonano in una parte degli italiani oggi a come patria e dovere risuonavano cent’anni fa. Ma uno sguardo vigile è necessario coltivarlo.

 

Che oggi il ministro degli esteri della Federazione Russa usi parole come soluzione finale per descrivere il presunto atteggiamento dell’occidente nei confronti della Russia ci dice quanto di falsificazione ideologica possa sopravvivere. In perfetta sintonia con denazificazione, parola chiave a fondamento e giustificazione dell’aggressione militare in atto.

Settantotto anni fa, il 27 gennaio, furono proprio i russi ad entrare per primi ad Auschwitz. Dopo che sulla loro pelle avevano già pagato con oltre venti milioni di morti la violenza dell’aggressione militare nazista. Dov’è andata oggi la memoria di questo popolo che si lascia trascinare dai suoi governanti ad aggredire militarmente un’altra nazione?

 

Ricordare non può significare soltanto fare memoria delle vittime di allora. Ebrei prima di tutti (Gli ebrei sono gli eterni nemici del popolo tedesco, sentenziava il Führer, e devono essere sterminati riferiva Himmler al comandante Höss), con accanto Testimoni di Geova, Omosessuali, Rom, Disabili e Malati di mente. Nonostante qualche sporadico residuo, nessuno oggi nega più la realtà dell’olocausto. Nei tempi e nella misura in cui questo dramma si è concretizzato. Ma la storia ci spinge ad andare oltre. Ricordare oggi significa aprire lo sguardo verso il riemergere di quelle ideologie, laiche e religiose, coniugate con interessi di parte, alla perenne ricerca di nemici. Interni ed esterni. La donna in certi regimi islamici, i musulmani in alcuni paesi o i cristiani in altri, i curdi o gli uiguri o altre minoranze etniche. Non esclusi i migranti, oggi, per noi europei: nemici del nostro benessere o addirittura, per alcuni, della nostra identità.

 

Presente e passato si parlano. E ci parlano. Di noi. Ci dicono dove siamo e alla luce di quali valori, oggi, stiamo vivendo il nostro tempo.

 

[1] R. Höss, Comandante ad Auschwitz, 1946-47

 

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