VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

3 set 2023

Psicologia e religione in dialogo

Nazareth, una famiglia da recuperare

Non è infrequente oggi avere a che fare con famiglie frantumate. Genitori separati, figli in perpetuo viaggio tra una casa e l’altra, tra padre e madre, magari in nome di una presunta pari-genitorialità. Ma anche nelle famiglie unite, una delle caratteristiche più comuni è la disparità di spazio, cronologico e affettivo, cioè in quantità di tempo condiviso e in qualità e intensità di vicinanza e confidenza con i figli, tra madre e padre. È della nostra cultura un modello che vede la mamma sempre in prima fila, e il babbo nelle retrovie. Presente sì, oggi in media molto più di quanto non lo fosse anche solo una o due generazioni fa, ma ancora in second’ordine. Sono ancora tante le situazioni in cui non è errato usare la parola accessorio: necessario, anche indispensabile, tuttavia ancora accessorio.

 

È questo modello che trovo amplificato oltre misura nell’immagine che, come chiesa (cattolica), coltiviamo della famiglia di Nazareth.[1] Giuseppe e Maria, con il figlio Gesù. E senza rendercene conto attiviamo una sorta di circuito negativo, quando poi continuiamo a proporre questa famiglia a modello per le nostre: tema tuttora molto presente nella predicazione e nella catechesi. Proviamo a domandarci quante volte nominiamo Maria, con preghiere discorsi conferenze letture devozioni iniziative titoli... e quante Giuseppe, suo marito e, con lei, genitore di Gesù. Un milione a uno? Un milione di milioni a uno? Lo so che è una tradizione costruita in quasi duemila anni di storia, ma tutti sappiamo ormai che non è il tempo che dà dignità ad un pensiero, né gli assicura correttezza o valore di verità.

 

Qualche esempio. Sono appena quattrocento anni su duecentomila, tanta è l’età di homo sapiens, che sappiamo collocare nella verità il rapporto tra la terra e il sole, o tra il sistema solare, le galassie e l’intero universo. Ancora meno è il tempo in cui siamo in grado di misurare l’età di quest’ultimo, ipotizzarne l’origine e l’evoluzione, cogliere la relazione dinamica materia-energia che sembra definirne il funzionamento. Fino alla fine dell’Ottocento ancora litigavano sull’esistenza o meno dell’atomo, e non sono passati neppure cento anni da che siamo in grado di entrarvi dentro e di poterne utilizzare l’energia che racchiude.

 

Tutto questo per dire che dovremmo avere la forza di riconoscere che cogliere la verità delle cose è un processo che accompagna da sempre, e continuerà ad accompagnare fino alla fine del tempo, homo sapiens. E questa forza abbiamo bisogno di tenerla viva in ogni area del nostro sapere. Sia esso scientifico o filosofico o religioso. O in qualunque altra area la mente umana, nel tempo, riuscirà a conquistare.

Quindi anche i modelli religiosi hanno bisogno di essere colti non in una rigidità dogmatica, immutabile, ma nel loro costruirsi ed evolversi. Insieme e accanto alla crescita del nostro pensiero. In un dialogo costantemente aperto con tutte le scienze. Anch’esse dono di Dio. È anche questo, credo, che significano quelle parole di Gesù sul peccato che, solo, non può essere perdonato: ogni peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata.[2] Se queste parole possiamo ascoltarle anche alla luce di quanto dirà al momento di salutare i suoi, nelle ultime ore che condivide con loro prima di venir catturato e condannato, riusciamo a sentirne il significato e la profondità. Dice infatti, con affetto quasi paterno, in una sorta di testamento spirituale: Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di comprenderle. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera.[3]

 

Qual è, dunque, il peccato imperdonabile di cui parla Gesù? Credo proprio questo: non accogliere pensieri, domande, interrogativi con cui, nel tempo, il pensiero umano è in grado di misurarsi. Che è in grado di cogliere, di costruire. Anche a costo di dover rimettere in discussione certezze e verità che nel tempo rivelano la loro parzialità rispetto alla verità tutta intera di cui Lui parla, e verso la quale lo Spirito ci conduce. In uno sguardo di fede, perché non cogliere che l’evoluzione del pensiero è il dono dello Spirito che ci guida verso questa dimensione della verità? Nel procedere del tempo. Fino alla fine del tempo.

 

Ecco siamo qui. Oggi le acquisizioni della biologia e della psicologia, le scienze che più delle altre ci guidano nella conoscenza dell’uomo, ci spingono a rivedere certi modelli relazionali che sottendono alla vita familiare. Perché allora non coglierne la potenzialità. Che ci permette di avvicinarci ancora di più alla ricchezza di questo avvenimento, straordinario e al di là di ogni possibile immaginazione umana, che è l’incarnazione.

 

Il pensiero che vorrei condividere oggi possiamo sintetizzarlo così. Proviamo a restituire a questa coppia, Maria e Giuseppe, la dignità piena di donna e di uomo, coinvolti, come persone e come coppia, in un progetto pieno di fascino e di mistero: essere genitori del Figlio-di-Dio che si fa uomo. Assicurargli una famiglia in cui nascere e crescere. Restituiamo a Maria la dimensione umana, di donna che è in un progetto di famiglia con Giuseppe, suo compagno di vita, in una reciproca relazione d’amore, in un sogno condiviso. Se riusciamo ad avviare questo processo di recupero in umanità, usciremo anche dal rischio di vedere Gesù solo figlio di Maria, sua madre, accanto a Dio, suo padre. No. Non è così. Dio non è solo padre: Dio è padre-e-madre. Di Gesù, in modo del tutto unico. Ma anche di Maria, di Giuseppe... come di ciascuno di noi. In Dio non c’è genere. Il genere appartiene a noi, maschi e femmine, donne e uomini. Lui/Lei è pienezza di Vita: Io sono Vita, questo è il mio nome, questo io sono, ci dice.[4]

Sarà un cammino lungo. Ma si può fare. Con la guida dello Spirito. Se ci lasciamo condurre, nel tempo, verso la verità tutta intera.

 

 

[1] Cfr. Voce 7 maggio

[2] Matteo 12,31

[3] Giovanni 16,12-13

[4] Esodo 3,14

 

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Per approfondire:

Ci siamo persi Giuseppe 2023,   Sulla verginità di Maria e Giuseppe (3 articoli) 2018