VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

12 mar 2023

Culture e religioni di fronte all’8 marzo

Quanta strada ancora...

L’ultima è la Corte di Cassazione. Andando a ritroso, qualche giorno fa il Partito Democratico, da qualche mese lo stesso Governo. Una donna alla guida. Già in Europa altre donne ai vertici: Parlamento, Commissione Europea, Banca centrale. Oltre l’Europa l’FMI, il WTO... Tutto normale, potremmo dire. Se non fosse che la notizia fa ancora notizia. E questo è il punto sul quale non possiamo non fermarci a riflettere. Che faccia notizia evidenzia quanto la disparità tra donne e uomini sia ancora la regola nelle relazioni sociali. Disparità di trattamento, nelle possibilità di carriera professionale. Disparità nel carico familiare. Tuttavia, pur in presenza di una pari dignità ancora da raggiungere nella sua pienezza, possiamo cogliere come tutto questo oggi ci stia parlando di movimento, di energia, di spinta verso un cambiamento di prospettiva.

Arriva di nuovo l’8 marzo. Niente di straordinario, direte. Sono arrivati anche l’8 febbraio o il 7 e così via. Certo, ma l’8 marzo è un’altra cosa. Perché è un giorno che ci mette davanti ad un problema: abbiamo ancora bisogno di dedicare una giornata a pensare parlare riflettere discutere... su che cosa? Sulla donna. Come fosse un oggetto raro, un reperto archeologico, una scoperta recente o un animale a rischio d’estinzione. Quando si tratta, semplicemente, della metà del genere umano. Perché allora il bisogno di una giornata da dedicarle, bisogno che non c’è per l’altra metà? Perché, pur in presenza di spinte al cambiamento che sempre più emergono, l’obiettivo della pari dignità è ancora lontano dall’essere raggiunto.

 

C’è un mondo poi che si mostra particolarmente refrattario a muoversi verso il riconoscimento che donne e uomini, semplicemente, apparteniamo alla stessa specie. Homo sapiens, anzi, homo sapiens sapiens da 40mila anni a questa parte. E pur essendo una delle creazioni più alte del pensiero umano, di fronte a questa tematica sembra trovarsi davanti a un macigno. Il mondo delle religioni.

Una religione nasce nella ricerca più profonda che ci caratterizza. La ricerca del senso della vita. Del significato di tutto quanto esiste. Del perché, di quale sia la ragione e il senso dell’esistenza. Dell’intero universo. Noi compresi. È la capacità di porci questi interrogativi che ci colloca su un piano altro rispetto agli altri coinquilini del pianeta. Eppure è proprio questo mondo il più difeso di fronte al riconoscimento reale e concreto della pari dignità tra donne e uomini. Buddismo e Induismo da una parte, Islam e Cristianesimo dall’altra. Pur con le molteplici e, per certi aspetti, abissali differenze, in tutte la donna è in una posizione subordinata. Potere e sapere sono monopolio degli uomini.

 

In India e in Cina è tuttora una disgrazia la nascita d’una bambina. L’aborto selettivo, nonostante sia oggi proibito dalle leggi, è pratica tutt’altro che estinta. Afghanistan e Iran è da un po’ che fanno parlare di sé. Insieme ad altri stati arabi. Dall’età di 12 anni le donne afghane non possono più andare a scuola, frequentare l'università, lavorare, persino uscire e passeggiare in un parco o praticare sport. Non possono spostarsi senza un uomo al fianco. Fidanzate e spose bambine è normalità. Chiuse in casa o sigillate nel burqa. L’Iran non è da meno. Una ciocca di capelli non perfettamente coperta dall’hijab diventa causa sufficiente per venir uccisa. Partecipare a una manifestazione contro il governo ti fa nemico di Dio, passibile di condanna a morte. Il semplice uscire o camminare con il capo scoperto è reato. Centinaia di studentesse addirittura avvelenate. Tutto in nome della religione. Della legge di Dio di cui unici interpreti si son fatti i taliban e gli ayatollah. Guarda caso, tutti maschi.

 

E nel cristianesimo? L’insegnamento di Gesù cammina su piani completamente diversi da quelli che hanno intrapreso poi i suoi discepoli fin dagli inizi del nuovo movimento. Donne discepole, scandaloso per un maestro ai suoi tempi, erano parte integrante della sua comunità. Ma uscito lui dal campo, subito il maschilismo, ebraico e greco romano in perfetta alleanza, ha chiuso la partita.

Oggi il cristianesimo sembra muoversi con due tempi diversi. Da una parte le chiese nate dai movimenti di riforma del XVI secolo si stanno aprendo alla pari dignità tra donne e uomini anche nella prassi: donne pastore a guida di comunità sta diventando dato di normalità. Dall’altra le chiese ortodosse e cattolica, pur con un’apertura straordinaria sul piano delle dichiarazioni, fanno ancora tanta fatica a calarsi in una pratica di parità. L’affidamento di una comunità alla donna (donna prete) ha ancora bisogno di tempo perché possa maturare. Decenni? Spero... non secoli!

 

Non è strano che proprio le religioni, che sono la creazione più alta del pensiero umano, facciano più fatica, rispetto ad altre aree culturali della società, ad accedere alla pratica della pari dignità tra donne e uomini?

 

 

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