Ricordate il gatto di Pinocchio? L’amico socio della volpe. Anche su queste pagine l’abbiamo incontrato, qualche mese fa. Non faceva che ripetere ogni parola della sua amica. Anzi, si limitava alle ultime sillabe: tanto bastava per dimostrarle fedeltà. Ma la storia non finisce. Dopo tante vicende, infatti, il burattino, stavolta in compagnia del suo babbo salvato come lui dal ventre del pescecane, li rincontra ancora sulla sua strada. Ma ormai il Gatto, a furia di fingersi cieco, aveva finito coll’acciecare davvero.[1]
Vicende piccole hanno colorito gli ultimi giorni dell’anno passato e l’inizio del nuovo nella nostra Italia. Un ministro assolto in prima istanza, per un altro il non luogo a procedere, un’altra ancora rinviata a giudizio. E oltreoceano il neopresidente degli Stati Uniti condannato per aver pagato il silenzio d’una donna con cui aveva avuto una storia. Reazioni della politica? I magistrati fanno politica anziché fare i magistrati; sono toghe rosse; è una caccia alle streghe; il fallimento del sistema giudiziario… e via di questo passo.
Strano mondo quello dei politici. Vinte le elezioni e saliti al governo, tutto il potere dev’essere nelle loro mani. Loro fanno le leggi, loro le approvano, loro ne giudicano l’applicazione. Perfino il parlamento è pressoché esautorato dalle sue funzioni. Decreti-legge e voti di fiducia sono diventati la norma.
Non è una critica al governo, tout court, che intendo fare. Primo perché questo virus dell’adesso comando io sembra piuttosto trasmissibile da un governo all’altro e da una nazione all’altra, pur avendo raggiunto oggi e abbondantemente superato diverse linee rosse; poi anche perché non servirebbe a far cambiare chi, nell’esercizio del potere che gli è stato affidato – di governare, non di comandare –, non accetta il confronto. Confronto, ovviamente, con chi la pensa in modo diverso e si permette uno sguardo critico. Ma non vuol essere prevalentemente una critica al governo soprattutto perché siamo noi, cittadini comuni, a dover attivare le antenne che ci facciano vedere che il gatto, a furia di fingersi cieco, finisce con l’acciecare davvero.
Il dubbio che mi viene è che questa, che sembra una semplice lezione di fisiopatologia – un organo non usato rischia di perdere la sua funzionalità –, appare invece la fotografia di gran parte dei politici odierni. Essi non guardano con i loro occhi: riconoscono come vero e reale tutto ciò che il capo vede e mostra. Basta lui, o lei, a vedere. Per tutti. Anche per noi? Sì, anche per noi. Questo, per lo meno, è il suo/loro desiderio. Amplificato oggi a dismisura attraverso i social. Guardate quanti post in un sol giorno ciascuno di loro ci somministra… Anche con qualche piccolo piccolissimo ingrediente cambiato: ma il piatto, statene certi, è quello cucinato dal capo.
Direte, ma non è solo il mondo della politica a funzionare così. Pensa al mondo delle religioni, dove la gerarchia rischia spesso di lasciarsi sedurre dal desiderio di mettere a tacere la capacità di pensare in chi si riconosce in una religione. Sì, certo. Ma per oggi restiamo qui.
E ci restiamo per farci una domanda: noi dove siamo? Perché questo è il punto. Perché questi nostri rappresentanti al fondo li scegliamo noi. Sì, indirettamente, visto che le liste le decidono i partiti, ma i voti per mettere nelle loro mani il governo del Paese siamo noi a darglieli. Poi perché rischiamo di entrare anche noi in quel meccanismo di delega che facilmente diventa de-responsabilizzazione. Metà dei cittadini non va neppure a votare. E l’altra metà sembra accasciarsi in un atteggiamento di indifferenza. Sfiducia. Perdita di speranza rispetto a prospettive di cambiamento.
Certo è che in uno stato democratico, se gli esponenti delle tre istanze di potere, legislativo esecutivo e giudiziario, si arroccano in un atteggiamento di delegittimazione reciproca, c’è da chiederci seriamente dove stia andando la democrazia. Lo sappiamo che i regimi autoritari sono seducenti. Per la rapidità con cui si prendono decisioni, per l’esonero da ogni responsabilità per i cittadini: c’è il capo che vede sente e parla per tutti. Per la totale sfiducia verso prospettive di cambiamento. Ma attenzione, l’aggressività delle dittature trova terreno fertile sulla debolezza delle democrazie. E di dittature aggressive, oggi, è ricco il menu.
Cosa voglio dire? Semplice: facciamo bene attenzione, perché anche a noi può capitare che a furia di fingerci ciechi, finiamo con l’acciecare davvero. Lunedì scorso abbiamo celebrato la Giornata della Memoria, il 1° gennaio la Giornata Mondiale della Pace. Celebrazioni forti. Poi?
Tenui tentativi di tregua in Medio Oriente, e chiacchiere, sbandierate per volontà di pace, sull’Ucraina. Intanto… espulsione dei migranti (Deportation flights have begun), Oms esautorata, accordi sul clima carta straccia, criminali riconsegnati in cambio di favori.
A furia di fingerci ciechi…
[1] C. Collodi, Pinocchio
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L'articolo cui facciamo riferimento è questo: Ripeté il gatto 2024