9 mar 2025
8 marzo. Per riscoprire unicità e originalità del femminile
Il cuore pensante
Quando nel mito biblico delle origini il Creatore s’accorge che la creatura che ha fatto a sua immagine si sente sola, riflette: Non è bene che il terrestre sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda. (Terrestre in quanto fatto con la terra; adàm nell’originale ebraico da adamàh terra). Allora plasma altre creature, animali e uccelli, e glieli fa incontrare. Ma la cosa non funziona: il terrestre non trovò un aiuto che gli corrispondesse, dice il testo. A questo punto il Creatore realizza che in realtà non aveva completato l’opera: non l’aveva fatto solo, l’aveva fatto completo, ma non aveva finito il lavoro. Quindi si attiva per finirlo. Guida il terrestre in un viaggio dentro di sé, nel sonno-sogno: il Signore Dio fece scendere un torpore sul terrestre che si addormentò. Perché è lì, dentro sé stesso, che si trova l’aiuto che gli corrisponda. E al risveglio questa creatura straordinaria, costruita e pensata a immagine del Creatore stesso, si accorge che non è solo, ma sono due, uomo e donna. Ed entrambi, l’uno per l’altro, diventano l’aiuto che gli/le corrisponda.
Questo è il mito. Uomo e Donna sullo stesso piano. Entrambi capaci di stare l’uno di fronte all’altro. Alla pari. E il testo conclude: Nel giorno in cui Dio creò il terrestre, lo fece a somiglianza di Dio: maschio e femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di “terrestre” nel giorno in cui furono creati.[1]
Ad oltre tremila anni risale questo documento, le cui radici si perdono nel tempo. Ma ancora siamo lontani dalla sua comprensione, piena. Le disparità che segnano le relazioni uomo donna sono troppo evidenti per non dover ammettere che di strada ce n’è ancora davanti. I diritti umani sono diritti delle donne e i diritti delle donne sono diritti umani. Questa la dichiarazione base della quarta Conferenza Mondiale sulle Donne, trent'anni anni fa, Pechino 1994.
8 marzo. Non è la festa delle donne. Acquista significato e valore se diventa occasione per riflettere sulla donna [e sull’uomo]. Per cogliere l’unicità e l’originalità che il femminile dell’umanità ha di suo, e che può portare a sé e all’altro. Per chiederci dov’è la donna. Che cosa le appartiene in maniera così specifica che, se non ci fosse, l’umanità sarebbe nella solitudine. Come dice il mito delle origini.
Due parole ci sono nel diario di Etty Hillesum, morta nel ’43 ad Aushwitz a soli 29 anni. Mentre vive ancora ad Amsterdam, amici e parenti la pregano di restare nascosta così da evitare che venga anche lei deportata come le tante e i tanti altri. Ebrei come lei. Ma lo spirito di compassione che abita la sua anima la porta a sentire come un dovere il condividere il destino che in quel momento della storia segna il suo popolo. Spirito di compassione, sì. Nel significato più profondo di questa parola: con-passione, sentire e con-dividere il vissuto dell’altro. Gioie, dolori, fatiche; disperazione, speranza. Se io mi nascondo, scrive, qualcun altro dovrà andare al mio posto. E una volta nel campo realizzerà che il suo posto è quello di essere il cuore pensante della baracca. Ecco le due parole: cuore pensante. Non solo della baracca in un campo di concentramento. Ma il cuore pensante dell’umanità. Questo, secondo me, è lo specifico della donna. Nel mondo.
Perché della donna? Non ha anche l’uomo un cuore, un pensiero? Sì, certo. Ma un profondo condizionamento segna la nostra cultura: dell’uomo è il pensiero, il cervello; della donna è l’affettività, il cuore. Fin da bambini lo respiriamo. Ad un bambino che si commuove o piange facilmente non diciamo di non fare la femminuccia? E per una bambina che si mostra indifferente (in apparenza), fredda, che non manifesta le sue emozioni, non cominciamo a preoccuparci, quasi fosse insensibile, o anaffettiva?
Proprio il mese scorso ricordavamo le parole di Rita Levi Montalcini: come donna vi assicuro che non vi è niente di più complesso del cuore. Lei, donna di scienza, in quanto donna può sentire tutta la potenza e la complessità delle emozioni. Lo stereotipo culturale che associa uomo-cervello e donna-cuore, costruito e consolidato nel tempo, continuiamo a coltivarlo rischiando di tenerlo, inconsapevolmente, ancora a guida del nostro pensiero. Distanza abissale sento tra il cuore pensante in cui Etty Hillesum vede il senso del suo essere nel mondo, e il bisogno di una donna di successo, oggi, che vuol essere chiamata il presidente, al maschile, come se essere la presidente fosse qualcosa di meno dignitoso. Meno nobile.
Io sono la tua carne,
la carne eletta del tuo spirito.
Non potrai mai visitarmi nel giorno
prima che il puro lavacro del sogno
mi abbia incenerita
per restituirmi a te in pagine di poesia,
in sospiri di lunga attesa. […]
Ma io e te siamo soli
come se fossimo stati creati
primi e per la prima volta.[2]
[1] Genesi 3,18-25; 5,1-2
[2] Alda Merini, La carne e il sospiro