28 set 2008
Il corpo, la mente, l’anima
L’anima: il respiro della vita (1)
Siamo arrivati alla terza ‘dimensione’ che, secondo il nostro schema, definisce l’essere umano. La dimensione spirituale. L’ANIMA. Parola difficile e impegnativa. Perché tanti significati ha assunto nel tempo, al punto che il suo significato originario rischia di essere soffocato.
Proviamo a ritrovarne l’origine. La parola anima (è così in italiano e in latino) deriva da una parola greca: ànemos che significa soffio, vento (pensate alla parola italiana anemometro, lo strumento che misura il vento). Ma la parola anima traduce anche un altro termine greco: psyché che significa non solo anima, ma anche vita. E’ da questa parola che prende origine la parola psicologia: essa è composta da due termini messi insieme: psyché (= anima, vita) + lògos (= parola, discorso, studio). Per cui psicologia significa ‘scienza dell’anima’.
Nonostante il fatto che questo sia il significato originario della parola psicologia, spesso sono proprio gli psicologi a non usare il termine anima. Il timore di usarlo ha origine dal fatto che esso appare come ‘inquinato’: un termine, cioè, che rischia di essere frainteso perché ha assunto, nel tempo, significati diversi.
Nel suo significato originario, dicevamo, esso indica la vita. La vita è comune a tutti gli esseri che, appunto, chiamiamo ‘viventi’: le piante, gli animali, gli uomini. Le piante, gli animali, gli uomini sono esseri ‘animati’, cioè sono esseri che hanno l’anima/vita. La stessa parola ‘animale’ non ha origine da anima? Tutti gli esseri viventi sono viventi, animati, proprio perché hanno in sé l’ànemos, cioè il soffio, il respiro, la vita. Nel mito delle origini, così come ci viene raccontato nella Bibbia, è scritto che “In principio… il respiro di Dio aleggiava sulle acque”. E poco dopo, nel racconto della creazione dell’uomo, troviamo scritto che “Dio soffiò sulle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Genesi 1,2 e 2,7). Dunque, da sempre, anima è vita.
Nel corso dei millenni, comunque, quando la specie umana ha cominciato a riflettere su sé stessa e sulla propria vita, non si è fermata a questo primo significato. Abbiamo cominciato a chiederci il senso del nostro essere nel mondo e, soprattutto, il senso di un’esperienza che ci ha sconvolti: l’incontro con la morte. Allora ci siamo chiesti: ma è tutta qui la vita? Che senso ha il nostro essere nel mondo? E che senso ha questa esperienza, così difficile da digerire, che è l’incontro con la morte, che appare come la fine, quindi come la negazione della vita stessa?
Abbiamo cominciato, allora, a dare un significato diverso anche alla parola anima. Essa è diventata, man mano, una parte di noi. Quella parte che avrebbe potuto cogliere il significato della vita e - perché no? - anche ‘oltrepassare’ un’esperienza così drammatica come l’incontro con la morte.
Attraverso l’evoluzione del pensiero che le filosofie e le religioni hanno permesso, abbiamo ampliato il senso di questa parola arricchendolo di significato, dandogliene uno anche più grande.
Abbiamo cominciato a distinguere l’anima dal corpo, spesso l’abbiamo separata.
Platone (un uomo saggio, un filosofo, vissuto in Grecia duemilaquattrocento anni fa, circa) vedeva l’anima ‘prigioniera’ del corpo e preesistente ad esso. Anche per alcune culture del nostro tempo (nel mondo orientale, soprattutto: buddismo, induismo, per es.) l’anima è una realtà che preesiste al corpo e percorre un suo cammino evolutivo, passando di vita in vita, utilizzando di volta in volta un corpo diverso (di uomo, di donna o perfino di animale) finché non ha completato la sua evoluzione. Per altre culture invece (nel cristianesimo, nell’islam, per es.) l’anima inizia la sua storia - è ‘creata’ da Dio, dicono alcune religioni - ogni volta che una nuova persona viene alla vita. Essa completa la sua evoluzione in un periodo di tempo determinato, definito dagli anni di vita di ciascuno, e sopravvive alla morte che riguarderebbe solo la dimensione corporea.
Oggi, influenzati dalla nostra storia, quando parliamo di anima siamo portati subito a pensare a quella ‘parte’ dell’uomo che è contrapposta al corpo. Forse per questo, allora, per evitare fraintendimenti, anche gli psicologi (= gli esperti nella ‘scienza dell’anima’) evitano di usarla. Questo, nonostante un grande psicologo, vissuto nella prima metà del secolo scorso, C.G. Jung, abbia sempre prestato grande attenzione a questa dimensione dell’essere umano.
Per oggi ci fermiamo qui. Ricordando, però, che anima è vita ed è parola che non appartiene a nessuna religione o setta o filosofia particolare: è parola che appartiene all’umanità e a tutte le culture che la definiscono. Parlare di anima, perciò, è parlare di quanto c’è di più profondo e intimo nell’uomo.
Ci dicevamo, nel primo di questi nostri incontri, che il corpo, la mente e l’anima sono come aspetti diversi o dimensioni diverse dell’essere-uomo. Possiamo dire che sono come ‘luoghi’ nei quali ci poniamo, di volta in volta, per osservare noi stessi, il nostro essere nel mondo e il nostro processo evolutivo. Meglio ancora: per osservare e comprendere più pienamente il nostro viaggio nella vita.