12 apr 2009
Buona Pasqua!
Pasqua. Non è una parola della lingua italiana: l’abbiamo importata. Se vogliamo coglierne la pienezza del significato, dobbiamo andare alla sua origine. Viene da lontano, dall’ebraico biblico: PESACH che significa PASSAGGIO.
L’ebraico pésach è diventato pàska in greco, pascha in latino e pasqua in italiano. Il lungo viaggio di una parola.
Nella Bibbia, dunque, essa indica un passaggio. La prima volta che compare, questa parola indica il passaggio del Signore in mezzo al suo popolo la notte in cui esso si appresta a fuggire dalla terra d’Egitto (Esodo 12,11). Poi è passata ad indicare il passaggio da una situazione di schiavitù ad uno stato di libertà: il raggiungimento della terra promessa, dopo il lungo viaggio nel deserto del Sinai. Ora, nella tradizione ebraica, pésach è la festa della primavera, della liberazione e del rinnovamento.
Per i cristiani la parola indica il passaggio di Gesù attraverso la morte verso la pienezza della vita (= resurrezione).
Buona Pasqua! dunque significa augurarci di entrare nella dinamica del passaggio. Potremmo dire nella dinamica di un’evoluzione.
Le scienze umane ci dicono che la vita è un processo evolutivo continuo, un continuo passaggio da uno stato di equilibrio ad un altro. La medicina ci dice che il nostro corpo si trasforma continuamente, le cellule si rinnovano, mentre alcune muoiono altre nascono. Così il corpo si rinnova. La psicologia ci indica che anche la vita di una persona è inserita in un processo evolutivo continuo, un processo di crescita. Un passaggio da uno stato di equilibrio ad un altro, sempre nuovo. Se ci pensiamo, questa è anche la nostra esperienza. Guardiamoci oggi e ripensiamo a come eravamo qualche tempo fa. Non siamo cambiati? E’ cambiato il nostro corpo, sono cambiati i nostri pensieri, il nostro modo di guardare la vita, il nostro modo di essere in relazione con le persone che vivono con noi.
La vita è un passaggio continuo, diciamo.
Buona Pasqua! allora significa Buon Passaggio! Significa augurarci di non restare sempre gli stessi e nello stesso punto. Significa dirci Buon Viaggio! Il viaggio della vita.
Pésach è la festa della primavera. Anche la natura si rinnova, passando dal riposo dell’inverno al risveglio e alla fioritura della primavera. Le piante, gli animali, e noi stessi: tutti sentiamo la primavera che ci raggiunge e ci invita ad entrare nel suo movimento. Anche quel senso di stanchezza (‘aprile, dolce dormire’) che accompagna il piacere che ci coglie al sole di primavera è indice di questo risveglio. E’ il processo di rinnovamento che ci coinvolge.
Pésach è la festa della liberazione. ‘Libertà vo cercando ch’è sì cara…’ dice Dante. Sempre l’uomo ha desiderato di essere libero. Libero da vincoli e da dipendenze. Di qualunque genere. Questo desiderio è così forte che rischiamo perfino di perderci in esso. Quando ci lasciamo prendere dall’ebbrezza della libertà, arriviamo perfino a oltrepassare i limiti stessi che ci appartengono come esseri umani, con il rischio di perderci dentro altri vincoli e altre dipendenze. Alcool, droghe, sesso vuoto di amore, bisogno ossessivo di accumulare e di possedere sempre di più, e nuovi bisogni dentro i quali la civiltà del consumismo ci costringe.
Poi, però, ripartiamo: quando ci rendiamo conto delle nuove dipendenze che ci soffocano. Ripartiamo per ritrovare la libertà di respirare e di riscoprire i valori che davvero contano nella vita. L’amore, il dare senso a ciò che facciamo e a come viviamo questa vita, unica, che ci appartiene e a cui apparteniamo.
Pésach è la festa del rinnovamento. Ritrovare il nuovo è desiderio profondo dell’animo umano. E’ l’espressione più profonda del processo evolutivo (= processo di crescita) che ci vede coinvolti. Ininterrottamente. “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” sono parole che lo scrittore sacro ritrova sulla bocca di Dio. Tanto è profondo il desiderio del nuovo, che l’uomo credente sente di poterlo condividere perfino con il suo Creatore.
Tutti viviamo il desiderio di novità. Nella vita politica, nelle relazioni sociali, nella situazione economica, nelle relazioni tra i popoli. Nelle relazioni tra le religioni, tra le chiese. Perfino all’interno della nostra chiesa: alcuni con timore, altri con impazienza. Altri ancora con la speranza che la voce dello Spirito possa risvegliarci dal torpore nel quale sembra che oggi siamo caduti, dimentichi perfino del soffio di novità di vita che, anche attraverso il Concilio, continua a donarci.
Ma BUONA PASQUA! ce lo possiamo dire tutti. Credenti e non credenti. Perché tutti, di passaggio su questa terra, ci scopriamo inseriti in un processo continuo di crescita e di rinnovamento.
Come cristiani, poi, è un po’ come se il nostro augurio potesse godere di un respiro più ampio. L’ampiezza che ci viene dal credere nella pasqua (= passaggio) di Gesù, attraverso la morte, verso la pienezza della vita. Tutti, in realtà, siamo inseriti in questo processo di passaggio che è liberazione dalla morte come fine di tutto, e rinnovamento nella pienezza della vita. Il dirci cristiani ci permette di condividere la consapevolezza, nella fede, di essere partecipi di questo processo di trasformazione.
Buona Pasqua! A tutti. Nel viaggio della vita.