VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

4 ott 2009

Sulla paternità e maternità di Dio

Dio, padre o madre? (1)

È da tanto tempo che desideravo scriverle, ora mi sono decisa. Nel suo articolo GLI INSEGNAMENTI DELLA VITA, nel numero di Voce di novembre dell’anno scorso (ha visto da quanto tempo ci penso?), lei a un certo punto parla di Dio e scrive che Lui è “Padre e Madre di tutti”. Io sono credente, frequento la chiesa anche se non tutte le domeniche, ma le sue parole mi hanno sorpreso perché io ho sempre sentito che Dio è nostro Padre: anche la preghiera dice “Padre nostro che sei nei cieli…”. Perché lei dice che Dio è Padre e Madre? Può spiegare meglio il suo pensiero?

Claudia J.

 

Cara Claudia, parlare di Dio è veramente difficile. Noi, ora, ci proviamo e, seguendo la sua riflessione, lo faremo in due tempi, oggi e la settimana prossima. Perché difficile? Perché la nostra mente non può contenere qualcosa/qualcuno che è tanto più ‘grande’ di noi. Anche la religione infatti, meglio, le religioni ne possono parlare solo per immagini. Così fanno in realtà anche tutti i testi sacri (la Bibbia, il Corano, la Bhagavad-Gita, ecc.).

E la psicologia? La psicologia, per definizione, quando parla di Dio può farlo soltanto partendo dall’uomo, dalla conoscenza - sia pure limitata - che questa scienza ha dell’essere umano. E quando essa legge i testi sacri e riflette sul rapporto uomo-Dio, non può che fare riferimento alle esperienze della vita.

 

Quali esperienze? L’esperienza fondamentale che accompagna il nostro essere nel mondo si può sintetizzare dicendo che la nostra vita è una vita di relazione. Dai primi momenti dell’esistenza noi siamo in relazione. Fin dalla nascita tutto il processo di crescita si svolge in una relazione continua con le persone significative che incontriamo. (In realtà prima ancora di nascere il bambino già vive in relazione con la propria madre: è un rapporto fisico, ma è anche un rapporto affettivo. Due corpi parlano tra loro scambiandosi le informazioni necessarie perché la gravidanza proceda in modo sano, e due menti parlano tra loro scambiandosi sensazioni ed emozioni. Sono i corpi e le menti della mamma e del bambino.)

 

Ora possiamo chiederci: quali sono le relazioni più significative? Sono certamente quelle che noi viviamo in famiglia. I nostri primi interlocutori sono i genitori. Poi, man mano, il nostro campo relazionale si espande fino a comprendere tutte quelle persone che incontreremo nel corso degli anni.

Il rapporto con i nostri genitori è il legame più intenso che segna la nostra vita e ci permette di crescere in buona salute. Guardiamo un bambino: la mamma e il babbo sono le persone che si prendono cura di lui, l’accudiscono, lo proteggono e l’accompagnano nella crescita. A loro il bambino ricorre quando si trova in difficoltà, sono loro che per primi si premurano di assisterlo e di aiutarlo. Senza la loro cura e senza il loro affetto un bambino non potrebbe vivere. Certamente non potrebbe vivere sano.

 

È a questa esperienza di accudimento e di cura totali che facciamo riferimento quando, da credenti, parliamo del rapporto con Dio. Il riferirci a questa esperienza non avviene tanto sul piano culturale (filosofico/teologico), quanto piuttosto sul piano affettivo (= quello delle emozioni). È lì che nel nostro mondo interno noi andiamo a ricercare questa esperienza così ‘antica’ e così profonda. La cura che da bambini riceviamo (abbiamo ricevuto) dai nostri genitori, il loro accudimento, diventa così immagine della ‘cura’ che Dio si prende di noi, come figli.

 

Tenendo presente questa esperienza, proviamo ad entrare ora direttamente nella sua riflessione su Dio Padre-e-Madre. Ci entriamo facendoci due domande. Oggi ci fermiamo sulla prima: se la nostra esperienza ci parla di cure materne e paterne, come cure essenziali per la vita, perché limitare l’immagine di Dio alla sola figura di un padre? Tanto più che nell’esperienza della maggioranza di noi, è la madre il genitore più presente, mentre il padre, spesso, rimane un po’ più ‘esterno’ nella vita dei figli.

 

Ora, se nella nostra esperienza, l’accudimento e la cura (= la relazione d’amore) la viviamo nell’incontro con la mamma e il babbo, quando vogliamo parlare del rapporto d’amore che fonda l’incontro tra Dio e gli uomini non possiamo limitarci alla sola immagine di padre, ma abbiamo bisogno di poterlo guardare anche nella sua dimensione di madre nei confronti dell’umanità e del mondo. Per il nostro cuore riscoprire in Dio la dimensione di Padre-e-Madre è sicuramente di maggior conforto che non vederlo soltanto come padre. E la Sua presenza diventa una presenza più piena nella nostra vita.

 

Ci fermiamo qui per oggi. Da qui ripartiremo la settimana prossima, con la nostra seconda domanda, per dirci qualche altro pensiero.

 

(1. continua)