VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

22 nov 2009

Novembre. I nostri maestri…

Siamo oltre metà strada. Nove giorni, poi anche questo mese se ne va. Ci dicevamo, due settimane fa, che questo è un mese prezioso. Per pensare. Il mese dei morti, lo chiamiamo, nella nostra tradizione.

Chi sa dove sono andati i nostri pensieri. Presi dagli impegni che riempiono le giornate, o catturati dalle feste che abbiamo inventato, o, ancora, guidati da quel timore sordo che ci fa dire che pensare alla morte ‘porta disgrazia’. Eppure avevamo provato a dirci che pensare alla morte significa pensare alla vita. Ma, forse, il problema è che non siamo troppo abituati a pensare. Siamo giù di allenamento.

 

Abbiamo il fiato per correre tutto il giorno. Poi, appena ci fermiamo a dialogare con i nostri pensieri, sopraggiunge il fiatone. E allora giù di nuovo a correre. Sembra che ci siamo cresciuti con questi ritmi.

Nel nostro fisico il fiatone ci viene quando ci mettiamo a correre. Allora cerchiamo di rallentare il passo. Con la nostra mente, invece, sembra che il fiatone ci viene quando ci fermiamo a pensare. Che strano! Siamo poco allenati. E’ vero che tutto sembra dirci che pensare… a che serve? La TV, internet con le sue chat, gli uomini della politica, perfino certi uomini di religione ci dicono di non pensare troppo: ci pensano loro a pensare per noi! Che bello! No?

 

Io, comunque, ci provo a proporvi ancora qualche pensiero che possa accompagnarci. Almeno in questi ultimi giorni di un tempo così prezioso. Perché - non lo dimentichiamo mai - possiamo imparare fino all’ultimo giorno di vita. E imparare a pensare è il più bel regalo che ci possiamo fare.

 

Dunque, novembre. Sentite: Carlos Castaneda, uno scrittore californiano, ci racconta di uno dei suoi incontri con don Juan, un vecchio saggio degli indiani Yaqui, in Messico.

«Sostenni che per me non avrebbe avuto nessun significato dilungarmi sulla mia morte, perché un tale pensiero mi avrebbe dato solo disagio e paura.

“Sei proprio un disastro - mi disse - la morte è il solo saggio consigliere che abbiamo.

La morte è la nostra eterna compagna: è sempre alla nostra sinistra, a un passo di distanza.

La cosa da fare, quando sei impaziente, è voltarti e chiedere consiglio alla tua morte. Ti sbarazzi di un’enorme quantità di meschinità, anche se soltanto hai la sensazione che la tua compagna è lì che ti sorveglia.

Uno deve chiedere consiglio alla morte e sbarazzarsi delle meschinità proprie degli uomini che vivono come se la morte non dovesse mai toccarli.

Ogni volta che senti che tutto va male e che stai per essere annientato, voltati verso di lei e chiedile se è vero. La tua morte ti dirà che hai torto. La tua morte di dirà ‘non ti ho ancora toccato’.

Non c'è neppure bisogno che tu veda la morte: è sufficiente che ne senta la presenza intorno a te”».

 

Che ne pensate? Io non so se sia il solo saggio consigliere che abbiamo. Di sicuro è un buon consigliere, perché ci insegna a ridimensionare tante nostre meschinità e piccinerie che rischiano di toglierci la pace del cuore.

 

Certo non è un pensiero facile. Ritrovarci da soli e pensare alla nostra morte non ci fa piacere.

Perché allora non proviamo a parlarne con loro, con i nostri morti, con loro che questa strada l’hanno già percorsa?

Tutti, credo, abbiamo qualcuno della nostra famiglia che ha già completato questa parte di vita che noi ancora stiamo vivendo. Un padre, una madre, un fratello o un amico. I più giovani possono avere un nonno… Parliamone con loro. Quando andiamo al cimitero. Ma anche quando stiamo in casa, da soli.

 

Sarebbe bello che imparassimo a dialogare con i nostri cari. Ci insegneranno a sentire che loro non sono poi così lontani da noi. La loro Energia Vitale, la loro Anima, è qui con noi. Non è altrove. E’ vero, noi non sappiamo dire ‘come’, ma, in questo caso, il come non è poi così importante. Importante, invece, è imparare a tenere aperto il nostro dialogo con loro.

Proprio loro, che sono più avanti di noi in questo misterioso cammino della vita, possono diventare i nostri amici, i nostri compagni di viaggio, i nostri maestri.

 

Così come noi, fra poco o tanto di questo tempo che misura la nostra vita di oggi, lo saremo per i nostri figli o per i nostri nipoti. O per i nostri amici. Per coloro che, dopo di noi, continueranno questo medesimo cammino.