VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

27 giu 2009

Pianeta famiglia

Partorire & Nascere

Sono al settimo mese di gravidanza. Tanti pensieri affollano la mia mente e tante paure, insieme con il desiderio sempre più forte di vedere finalmente in faccia mio figlio. I nostri amici ci raccontano della nascita dei loro bambini e del fatto che anche il padre era presente al parto della moglie. Io non so se questa cosa mi piace: sono indecisa, ma ho paura che se lo dico a mio marito lui la prende male. Oggi lo fanno tutti, sembra che io voglio fare la speciale o quella diversa dalle altre. Lui, quando parliamo con gli amici, dice che gli piacerebbe esserci, anche se poi aggiunge “ma se poi io mi sento male?”, ma subito dopo “ma tanto l’hanno fatto tutti…”. Vorrei non fare una cosa sbagliata, né con lui, né tantomeno con mio figlio… Mi può aiutare a capirci meglio?

Maria Laura A.

 

Cara M. Laura, come vede, ho tenuto ferma la sua lettera per tre settimane. Ho voluto aspettare per collocarla all’interno del nostro viaggio sul pianeta famiglia. La settimana scorsa abbiamo parlato della gravidanza, e lei ci invita a riflettere un momento anche sul parto.

Provo ad indicare alcuni pensieri che possono esserci d’aiuto nel guardare ad un momento così particolare nella vita di una donna. Nella vita di una famiglia. E nella vita di ciascuno di noi.

 

Cominciamo dalla fine - che poi è anche l’inizio, se ci pensiamo. Tutti noi abbiamo partecipato ad un parto. Tutti noi? Sì, tutti noi. Perché tutti noi siamo nati. E la nascita, se ci pensiamo bene, non è che il parto visto con gli occhi del bambino. Ognuno di noi, dato che siamo al mondo, ha scritta nella sua memoria profonda e antica questa grande esperienza: nascendo abbiamo partecipato al parto della nostra mamma.

Questo pensiero ci aiuta a comprenderne un altro. Ad esso collegato. Il parto è una ‘cosa’ che si fa in due: la donna e il bambino, la mamma e suo figlio. Chiunque altro è ‘esterno’ a questo momento. Se vogliamo proprio dircela fino in fondo, dovremmo dire che chiunque altro è ‘estraneo’ a questo momento.

Chiunque altro, chi? Chiunque altro! L’ostetrica, il medico, le infermiere… perfino il marito, il padre del bambino. Il momento del parto appartiene ai due attori, che lo costruiscono insieme. Insisto su questo pensiero, perché, purtroppo, viene spesso dimenticato. Anche dagli addetti ai lavori.

 

Pensiamo una cosa: oggi è prassi comune che per partorire si va in ospedale. Ma, se ci pensiamo bene, in ospedale non ci si va quando siamo malati? Perché è quando siamo malati che abbiamo bisogno del medico. E tanto più stiamo male, tanto più abbiamo bisogno della sua presenza vicino a noi (= l’ospedale). Non è così?

E’ qui che emerge un rischio: andare in ospedale per partorire rischia di farci vedere il parto come fosse una malattia.

Dice un grande maestro di ostetricia (= la parte della medicina che si occupa della gravidanza e del parto), F. Leboyer, che “bravo medico è colui che sa stare in sala parto con le mani dietro la schiena”. Che significa? Che al medico si chiede di essere pronto a intervenire se dovesse emergere qualche complicazione; e, nello stesso tempo, di essere altrettanto attento nel saper rispettare i tempi e la ‘competenza’ della donna e del suo bambino.

 

Ho detto competenza. Perché vede, M. Laura, non so se gliel’ha mai detto nessuno, ma una cosa fondamentale che nessuna donna dovrebbe dimenticare è che lei sa partorire e il suo bambino sa nascere. Proprio come avete fatto voi due fino ad oggi. In tutti questi mesi, lei (= il suo corpo e la sua mente) ha saputo far crescere questo figlio dentro di lei, e il suo bambino (= il suo corpo e la sua mente) ha saputo crescere nella sua pancia. Questa interazione, costante e reciproca, che avete costruito per nove mesi, perché dovrebbe interrompersi proprio per il momento del parto? Ecco perché dicevo che il parto è una ‘cosa’ che si fa in due: lei e il suo bambino!

Allora vorrei darle un suggerimento. In questi mesi chi sa quante volte lei avrà parlato con il suo bambino… Bene. Ora, quando ci parla, cominci a dirgli anche: “Piccolino mio, fra poco io e te dovremo fare una bella fatica: il travaglio e il parto. Io lo dico a te e tu lo dici a me: non aver paura, perché saremo insieme. Metteremo insieme le nostre energie, la mia e la tua. In un’intimità unica al mondo per l’intensità e la forza che contiene”. Vedrà che suo figlio le farà un sorriso e le dirà di stare serena. Perché lui già lo sa che non sarà solo. E sa anche che, in quel momento, non lascerà sola la sua mamma.

 

E suo marito? Tranquilla, non l’ho dimenticato. Per il tempo del travaglio suo compito sarà quello di proteggere la vostra intimità, il vostro lavoro. Proteggerla da intrusioni esterne, dalla confusione che i ritmi di lavoro di un reparto ospedaliero inevitabilmente creano, o da chi potrebbe intromettersi con i soliti “fai così” o “fai cosà”. Lui sarà lì, accanto a lei: non deve fare niente, ma deve fare molto: garantire che lei e il suo bambino non veniate infastiditi o distratti (= allontanati) l’una dall’altro.

E al momento del parto? Lasci perdere le mode e ascolti bene sé stessa: se lei sente che le fa piacere che lui ci sia, allora glielo chieda pure (e non stia a sentire le solite ‘balle’ sull’uomo che sviene…). Lui sarà li, accanto a lei, a tenerle una mano o ad accarezzarle la fronte… Se, però, lei dovesse sentire che la sua presenza al momento del parto dovesse disturbarla, non abbia paura. Glielo dica. Sicura che non toglierà niente a nessuno. Né a lui, né al vostro bambino.

 

Ora, però, prima di salutarci, una nota: oggi abbiamo parlato solo del parto. Perché dopo, una volta che la mamma e il bambino hanno finito questo ‘lavoro’, il marito-e-padre dovrà essere molto presente nella vita della famiglia. Ma di questo riparleremo.