28 giu 2009
Pianeta famiglia
Quando nasce un bambino
Quando nasce un bambino… nascono anche una madre e un padre. Ci avevate mai pensato? Una madre e un padre non esistono prima: è il figlio che li fa diventare genitori.
Un bambino che viene al mondo è la voce della vita. E’ il canto dell’energia dell’universo. Quando guardi i suoi occhi, senti che accendono la luce dentro il tuo cuore. E non ci sono segreti che si nascondono. Lui è lì, davanti a te. Anzi, dentro di te. Sa trovare ogni volta la strada per incontrare, nel profondo della tua anima, quel bambino che hai dimenticato in qualche angolo del tuo mondo interiore. L’hai dimenticato, perché hai imparato che diventare grandi significa abbandonare l’anima del bambino.
E ora lui ti chiede di ritrovarla. Anzi, viene dentro di te per cercarla insieme, perché lui ne ha bisogno e sa che tu pure questo bisogno ce l’hai. Ce l’hai, perché non puoi vivere solo la tua dimensione di adulto. Ce l’hai pure, perché ora ti serve per dialogare con lui. Per incontrarlo.
Solo un bambino può incontrare un bambino. E quel bambino che sei stato è la fonte dell’energia vitale, è la voce della vita che canta nel tuo cuore. E che ora questo tuo figlio ti chiede di poter ascoltare. Per non sentirsi solo. In questo mondo nel quale ha deciso di venire. Per camminare con te. Anzi, con voi. Con voi due. Mamma e babbo.
Mamma e babbo. Sì. Perché nella nostra cultura, prendersi cura del bambino è ancora un compito della mamma. Dicevo sopra che quando nasce un bambino nascono anche una madre e un padre. Be’, che nasca una madre è ovvio, è naturale. Che nasca un padre? Onestamente, osservando come anche le giovani coppie vivono la nascita di un figlio, ho qualche dubbio. La presenza del babbo, troppe volte, è come… un accessorio. Se c’è, ok. Se non c’è, pazienza. Se ne può fare a meno. Direte: “Ma oggi le cose sono cambiate. Vedi quanti giovani padri vanno in giro con il passeggino, il sabato o la domenica mattina, mentre la mamma sta in casa a fare le faccende…”. Sì, come fossero tanti babysitter!
Quando nasce un bambino, la vita di una donna è completamente trasformata. Dovremmo dire stravolta. (Di questo parleremo, molto seriamente, la prossima volta). E la vita di lui? Dopo qualche giorno tutto sembra ritornare come prima. Il suo lavoro, il suo tempo libero, i suoi hobby. Perfino il suo sonno. Sa’, lui deve andare a lavorare, quindi bisogna che dorma la notte. Poi bisogna che esca con gli amici, a calcetto o a guardarsi la partita o a fare un giro in moto: non può mica stare tutto il giorno a lavorare e la sera e nei finesettimana a casa… gli prende un esaurimento nervoso!
Cari padri, giovani padri, i vostri bambini hanno bisogno di voi. E voi di loro! (Un grande bisogno ne hanno anche le vostre compagne. Per essere delle buone madri. - Ma di questo ne riparleremo. Oggi restiamo con i bambini).
Se mi regalate qualche minuto, provo a proporvi qualche altro pensiero.
Prendersi cura di un bambino significa entrare in relazione con lui. Entrare in relazione con lui significa fermarsi. Fermarsi dal ritmo incalzante che guida le nostre giornate. Fermarsi a respirare. I tempi di un bambino sono tempi naturali. Se lo ascoltiamo, lui ci insegna a ritrovarli in noi stessi.
L’andare di corsa, in fondo, ci serve. Quasi ci protegge. E’ vero che ci lamentiamo, ma è altrettanto vero, se ci guardiamo un po’, che quando non siamo pressati dagli impegni del lavoro e ci capita di avere un po’ di tempo libero - pensiamo a certi finesettimana -, subito sentiamo il respiro dell’ansia che si risveglia, dentro di noi, dal torpore in cui è rimasta durante gli altri giorni, strapieni di cose da fare. E allora ci industriamo per riempire il tempo. Che fare? Dove andare? Con chi usciamo? Possibile che non mi cerca mai nessuno? Devo essere sempre io a chiamare gli altri…
Un bambino, con la sua presenza, mi chiede di esserci. Di stare lì. Con lui. A fare che? Niente! A stare con lui. E con me. Perché se sto un po’ con lui, se mi permetto di tenerlo fra le mie braccia, posso sentire che lui sta proprio lì. Con me. E non c’è bisogno di correre per scappare da qualche parte. Il mio tempo è pieno. Pieno della presenza, nella reciprocità. I pensieri possono fermarsi, senza che la paura di ascoltarli ci spinga di nuovo nella corsa che ci tutela dall’ansia.
Questo una donna lo sa bene. Il suo corpo l’aiuta nell’intimità con il suo bambino. Quando è attaccato al seno, lei sente che tutti e due sono lì. In un dialogo senza parole. In una vicinanza fuori dal tempo e dallo spazio.
Noi uomini non abbiamo questo ‘privilegio’. Il nostro corpo non ci aiuta. Ma noi non siamo solo corpo! Se proviamo a guardare questo bambino che è entrato nella nostra casa, sarà lui il nostro maestro. Ci insegna a stare con lui. E ci fa scoprire che stare con lui sarà davvero anche stare con noi stessi. Quando lo prendiamo fra le braccia, sentiamo il suo cuore che parla con il nostro. Come? Anche noi maschi abbiamo un cuore? E sì. Così è. E questo piccolo angelo, piombato in casa da chi sa quale parte del mondo, ci fa scoprire che non siamo solo animali da produzione, ma anche, e prima di tutto, persone che camminano e nuotano nel mare della vita.
Quando nasce un bambino…