VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

29 nov 2009

25 novembre. Giornata contro la violenza sulle donne

Una violenza... invisibile

Cari uomini (= maschi),

oggi voglio parlare proprio con voi. Cioè parlare tra noi. Senza farci sentire dall’altra metà del cielo, cioè dalle nostre donne.

 

Il 25 novembre è stata la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne. Dieci anni fa l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha deciso di istituire questa giornata con lo scopo di sensibilizzare governi, organizzazioni, società civile, mezzi d’informazione e privati cittadini proprio su questo fenomeno che ancora invade la nostra società. Società civile, diciamo. Civile? Ma vi pare civiltà questa, se ancora dobbiamo parlare di violenza che noi uomini facciamo verso le nostre donne?

In quest’occasione tante parole si sono dette e scritte. Il fatto che si debba parlare di violenza contro le donne credo che dovrebbe farci arrossire di vergogna. Perché a fare violenza alle donne siamo noi uomini, maschi. Noi, l’altra metà del cielo. Noi, il sesso forte.

 

Ma tra noi, oggi, voglio parlare di una forma particolare di violenza di cui non si parla mai. Anzi, so bene che, appena ve lo dirò, mi direte subito che qui non c’è proprio nessuna violenza. Che, anzi, quest’atteggiamento è del tutto normale. Che deve essere così.

 

Vediamo. Avete presente cosa succede in famiglia quando nasce un bambino?

 

Durante i nove mesi di gravidanza siamo tutti (o quasi) attenti alla nostra compagna. Le chiediamo come sta, la coccoliamo, la seguiamo nelle visite mediche (qualche volta), insomma le siamo vicini. Ma non è del tutto chiaro se siamo vicini a lei o se, invece, siamo più vicini al figlio che aspettiamo, al nostro erede. Sai, il pensiero di avere un figlio ci riempie di orgoglio.

Perché questo dubbio? Perché molto spesso facciamo come se la nascita di un figlio fosse un affare da donne. Sai, noi siamo maschi, mica femminucce! Noi dobbiamo produrre, fare politica, portare i soldi a casa…

Poi viene il parto. Noi dove siamo? Oggi è abbastanza frequente che stiamo con lei, almeno durante il tempo del travaglio. Alcuni di noi entrano perfino in sala parto! E’ un po’ di moda, no?

E dopo? Dopo, lei torna a casa. E ci torna con il bambino. Tutta una grande festa… i nonni, i parenti, gli amici. Tutti a guardare il neonato, un po’ la mamma - magari le chiedono come sta, quando si ricordano - e a noi, neopadri, sì e no qualche complimento.

 

Ma è tutto normale. In fondo noi che c’entriamo con la nascita di nostro figlio? O no? Forse c’entriamo qualcosa. Perché, se ci pensiamo bene, questo figlio l’abbiamo voluto anche noi. Anzi, certe volte succede che lo vogliamo più noi di nostra moglie.

 

Il punto viene adesso.

 

Una volta che la gravidanza è finita, sono finiti i controlli, sono passati il travaglio e il parto in ospedale, ora siamo tutti a casa e riprende la vita di prima.

E no, non riprende la vita di prima: ora c’è un figlio. Eh, sì che ci siamo accorti che c’è un figlio: questo figlio ci sta portando via la moglie! Diventiamo gelosi di nostro figlio. E che facciamo?

 

Trovata la soluzione, anzi, le soluzioni. Perché le soluzioni sono due. La prima: sapete che questo periodo, quello della nascita di un figlio e del suo primo anno di vita è il periodo in cui è più frequente il tradimento degli uomini verso le loro donne? Così ci dicono le statistiche. Visto che la nostra compagna ora fa la mamma, noi andiamo ‘altrove’. Che coraggio, eh?! Ma noi siamo il sesso forte, no? Per fortuna non tutti facciamo così, anzi, grazie al cielo, è solo una minoranza che si dimostra così… coraggiosa!

 

L’altra cosa che facciamo – e ’sta volta siamo proprio tutti, invece, a farlo – è che lasciamo le nostre compagne completamente sole con nostro figlio. E lasciamo nostro figlio solo con la mamma. Certo, dobbiamo andare a lavorare. Ma non è questo il problema. Il problema è che noi pensiamo di non essere necessari né alla nostra compagna di vita né al nostro bambino.

Ma questo non è vero. Noi siamo non utili, ma necessari, indispensabili. Indispensabili per i nostri figli. Indispensabili per le nostre compagne.

 

Qualche settimana fa avevamo parlato della depressione dopo il parto. Vi ricordate? Bene: se una donna “ha la depressione dopo il parto” - così dicono gli specialisti -, facciamoci subito una domanda: dov’è il marito-e-padre del bambino? Vedrete che lui si è defilato bene bene. E il bambino è tutto sulle spalle della mamma.

(Per non parlare poi di quelli - pochi, per fortuna - che se la danno proprio a gambe. Pensate, proprio in questi ultimi venti giorni ho incontrato due giovani mamme, a distanza di una settimana l’una dall’altra. La stessa storia: il marito ha detto: “Io non ti amo più”. E se n’è andato).

 

Questa è una grande violenza che facciamo alle nostre donne (e ai nostri figli): lasciarle sole con i nostri figli (e lasciare i figli soli con le loro madri).

 

Un caro saluto, da uomo a uomo, tra tutti noi, uomini-maschi del duemila!