VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

7 nov 2010

Due pesi…

Due pesi e due misure. Quante volte ce lo saremo detti! Ogni volta che ci siamo trovati di fronte a qualcosa che abbiamo vissuto come un’ingiustizia. Come un trattamento diverso, ricevuto da due persone che pure avevano fatto la stessa cosa, che avevano avuto il medesimo comportamento.

In famiglia, per esempio, quando tra due fratelli che litigano i genitori rimproverano sempre uno dei due e giustificano l’altro. A scuola, quando un insegnante, fra alunni che si comportano male, richiama sempre gli stessi e trova buone giustificazioni per tutti gli altri. Due pesi e due misure anche nel mondo del lavoro. Ogni volta che ci sentiamo trattati in modo diverso dal capo, che ha sempre un occhio di riguardo per qualcuno che gli sta più ‘simpatico’, magari perché un po’ più ruffiano.

Questa volta, però, due pesi e due misure, dobbiamo dircelo, siamo noi a farlo. A cosa mi riferisco? A come guardiamo in modo terribilmente diverso gli uomini e le donne.

 

È ormai qualche anno che il mondo della politica ci offre un’immagine di sé tutt’altro che edificante. In questi ultimi tempi, poi, pare che la vecchiaia, anziché portare saggezza e maggior equilibrio, ci presenta un ulteriore deterioramento, con il colore dell’irreversibilità.

 

Ora, se vi va di continuare a leggere, fatelo, ma molto lentamente.

 

Immaginiamo che una donna, adulta, dirigente di una grande industria, ricca, magari anche capo di un governo (com’è ora in Germania, com’è stato in Inghilterra, o in India o in altre parti del mondo) faccia ogni tanto qualche festa privata - naturalmente per riposare dalle sue tante fatiche - in cui ospita, tra amiche e qualche amico, giovani e avvenenti ragazzi. Immaginiamo, poi, che dovendo giustificare di fronte al suo popolo il perché di questi momenti di relax, dica che questo è il suo stile di vita e che a lei “piacciono gli uomini”. Che male ci sarebbe? È normale che a una donna piacciano gli uomini, così com’è naturale che agli uomini piacciano le donne. No? Certo, è normale.

Ma quale sarebbe il giudizio che, istintivamente, daremmo di questa signora? Il mio dubbio è che useremmo con lei parole non proprio ‘gentili’. Anzi, credo proprio che ci verrebbe da usare parole che appartengono ad un vocabolario piuttosto volgare, e non penso che la guarderemmo con tanta ammirazione.

 

Ora immaginiamo che, anziché una donna, sia un uomo. Anche lui ormai adulto, dirigente di una grande industria, ricco, magari anche capo di un governo (com’è ora in Italia, o in Francia, o negli Stati Uniti o in tante altre parti del mondo). E che anche lui faccia ogni tanto qualche festa privata - certo, sempre per riposare dalle sue tante fatiche - in cui ospita, tra amici e qualche amica, giovani e avvenenti ragazze. E anche lui venga poi a dirci che questo è il suo stile di vita e che a lui “piacciono le donne”.

Domanda: qual è il giudizio che istintivamente daremmo di questo signore? Anche per lui apriremmo il nostro vocabolario di volgarità, o invece per lui useremmo maggior riguardo? O, addirittura, lo guarderemmo come un uomo di valore, un vero uomo, dato che a settant’anni suonati da tempo, è ancora capace di giocare con le ragazzine?

 

Nel medioevo una donna che non fosse tutta casa-e-chiesa veniva additata a vista e immediatamente definita come una ‘grande peccatrice’. I nostri nonni usavano una doppia morale quando si trattava di valutare i comportamenti delle donne e quelli degli uomini. Ma erano i nostri nonni, vivevano nell’ottocento. È vero che anche oggi, in certi paesi, una donna che non è fedele al suo uomo viene condannata a morte, mentre per l’uomo si chiude un occhio. Anzi, tutti e due. Dato che se un uomo va con una donna che non è sua moglie, la colpa, naturalmente (?!), è di lei che lo ha provocato. Lui, poverino, che c’entra?

 

Ma così si ragionava nel medioevo, oppure nell’ottocento. Oppure nei paesi civilmente arretrati. Noi siamo nel duemila. Siamo civili. Perfino la nostra costituzione dice che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (art. 3).

Perché, allora, continuiamo ad usare due pesi e due misure ogni volta che guardiamo il comportamento degli uomini e quello delle donne? Perfino certi psicologi da rotocalco ci si mettono, con le loro ‘spiegazioni scientifiche’, a giustificare una doppia morale!

 

Oggi le cose stanno cambiando, direte. Non tanto, per la verità.

Il punto è che, guardando i cambiamenti, credo che dovremmo fare attenzione e guardare bene in quale strada ci stiamo incamminando. Perché, secondo me, ora corriamo anche un altro rischio. Quello di voler abbassare le donne al livello degli uomini. “Se i maschi si comportano così, allora lo facciamo anche noi”. Questo sembra essere il pensiero che sta guidando le giovani generazioni. Come se la coerenza, l’onestà, la fedeltà e il rispetto per la dignità, propria e dell’altro, fossero valori da buttare.

 

Ma la parità dei diritti - ”la pari dignità sociale… senza distinzione di sesso” - non si raggiunge abbassando la donna al livello dell’uomo, in ciò che di peggio lui ha coltivato di sé. Siamo noi uomini che abbiamo bisogno di riscoprire quei valori che le donne hanno saputo finora coltivare. Primo fra tutti il rispetto, per sé stessi e per l’altro. E sollevarci, imparando da loro.

 

Per concludere, allora, due riflessioni.

La prima: che ormai è ora, anche passata, di smetterla con i due pesi e due misure, tra uomini e donne. La seconda: che la strada da imboccare non è quella di abbassare il livello, quanto, invece, quella di recuperare il rispetto per quei valori che sostengono la dignità dell’essere umano.