VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

24 ott 2010

Genitori o nonni?

Da un po’ di tempo stavo pensando di scriverle per chiedere il suo parere su una cosa che mi lascia perplessa. In questo periodo si è parlato e si continua a parlare di una cantante che a poco più di cinquant’anni è incinta e se ne parla come se fosse uno scandalo. Mentre degli uomini che diventano padri a quell’età o anche più tardi non si dice mai niente. Un nostro amico ha avuto un figlio a sessantacinque anni con la sua compagna di quaranta. Perché tanto scandalo se oggi la scienza permette anche alle donne di diventare madri quando hanno superato una certa età? Non pensa che se gli uomini hanno diritto di diventare padri da ‘grandi’, lo stesso diritto deve essere riconosciuto anche alle donne?

Giuliana C.

 

Cara Giuliana, io penso che né gli uomini né le donne hanno diritto di diventare genitori oltre una certa età. Anzi, io penso che nessuno ‘ha diritto’ di diventare genitore. Diventare padre o madre è una scelta. Ma andiamo con calma.

 

Il suo amico è diventato padre di un bambino a sessantacinque anni. Bene. Le leggi della biologia permettono ad un uomo di essere fertile anche in vecchiaia. La scienza, forzando la biologia, oggi permette anche a una donna di diventare madre in età avanzata.

Se pure ho qualche riserva nei confronti di certe tecnologie che forzano la natura, di sicuro non posso dire niente contro la natura stessa. Qualcosa da ridire, però, credo che dovremmo avere nei confronti dell’uso che facciamo della nostra capacità - naturale o forzata - di mettere al mondo un figlio.

 

Per comprendere meglio questa nostre riflessioni, dobbiamo provare a guardare l’altra faccia della medaglia. La guardiamo dal punto di vista del bambino che nasce.

 

Un bambino ha diritto ad avere due genitori. Fin qui, credo, siamo tutti d’accordo. Ed ha diritto ad avere dei genitori che siano in grado di prendersene cura, capaci, cioè, di rispondere in modo adeguato ai suoi bisogni.

Ora proviamo a guardare il figlio di quel suo amico. Lo chiamiamo Marco. Marco nasce e suo padre ha sessantacinque anni. Magari è un uomo in buona salute, fisica e mentale. Ma ce la farà quest’uomo a prendersi cura di suo figlio come avrebbe fatto a trent’anni o anche a quaranta, per esempio? Notti in bianco, rotolarsi in terra con il bambino che vuol giocare, prenderlo su di peso con la schiena di un sessantenne…

 Proviamo, poi, a fare un salto nel tempo.

Quando Marco avrà dieci anni, suo padre ne avrà settantacinque. Come starà quest’uomo? Ce la farà a correre dietro a un pallone o a fare un giro in bicicletta con il suo bambino, con tutta l’attenzione e la prontezza (di riflessi) che un bambino richiede?

Andiamo ancora oltre. Quando Marco avrà quindici anni, suo padre ne avrà ottanta! È così. Dove troverà la forza quest’uomo per sostenere le ‘battaglie’ con un quindicenne? La scuola, gli orari, le amicizie, la discoteca, internet, e tutto il resto…

 

Vede, quando mettiamo al mondo un figlio, ci prendiamo un impegno con lui: “Io ti sarò vicino e ti aiuterò a crescere fino a quando, diventato grande, non sarai in grado di farcela da solo”.

 

È un regalo per un figlio di quindici anni avere un padre di ottanta? O una madre di settanta (come quella donna che ha deciso di essere incinta a cinquantaquattro anni)?

Quando nella vita decidiamo di fare qualcosa, naturalmente dobbiamo prendere bene le misure con le nostre forze. Se a sessant’anni voglio fare la discesa libera con gli sci, nessuno me lo vieta: basta che non metto in pericolo la vita di altre persone - certo, sarebbe da non mettere in pericolo neanche la mia, ma… Se voglio scalare una montagna, fare una corsa in bici, o una partita a calcetto: se sono sufficientemente allenato, chi dice niente?

 

Ma se decidiamo di mettere al mondo un figlio, allora le cose cambiano. Perché in questo caso è come se dicessimo a questo figlio: “Senti, io ti metto al mondo e ti do un padre (una madre) che adesso ha già sessant’anni”. Gli diciamo così. E basta. Senza aspettare la sua risposta.

Vi pare giusto? Senza aspettare la sua risposta: perché lui non può decidere. Attenzione, non sto ponendo un problema di etica o di morale. Sto ponendo un problema di giustizia. Di rispetto. Verso un nuovo essere umano al quale chiediamo di venire al mondo.

(Non voglio entrare, ora, in altri aspetti, come l’inseminazione artificiale o l’utero in affitto o il processo d’invecchiamento, con il passare degli anni, delle risorse biologiche necessarie per un buon ‘patrimonio biologico’ da fornire al bambino. Magari ci ritorneremo.)

 

Dicevo sopra che nessuno ‘ha diritto’ ad avere un figlio. Mettere al mondo un bambino può essere solo una scelta. Non è un diritto. È una scelta con noi stessi e all’interno di una relazione di coppia. E nello stesso tempo un impegno che ci prendiamo con lui. L’impegno ad esserci. In tempi e modi che rispettino la sua crescita.

Ma se è vero che nessun adulto ‘ha diritto’ ad avere un figlio, un figlio ha diritto ad avere due genitori. Due genitori sufficientemente adeguati. Che, almeno, siano in età da genitori, e non da nonni!