9 mag 2010
L'uccello a due teste (1)
C’era una volta un uccello con un corpo e due teste. La testa di destra era vorace e abilissima nella ricerca del cibo, mentre quella di sinistra, altrettanto ghiotta, era maldestra. La testa di destra riusciva sempre a nutrirsi a sazietà, mentre quella di sinistra era incessantemente tormentata dalla fame. Così, un giorno, la testa di sinistra disse alla destra: “Conosco, qui vicino, un’erba squisita di cui ti delizieresti. Vieni, ti conduco dove cresce”. In realtà sapeva che quell’erba era velenosa, ma voleva con questo stratagemma uccidere l’altra, per poter poi mangiare, da sola, a piacimento.
La testa di destra mangiò l’erba. Ma il veleno uccise l’uccello dalle due teste.
Una vecchia storia. Nata più di duemila anni fa. Eppure sembra una fotografia del nostro tempo. O, forse, di tutti i tempi.
Ora facciamo un salto nella storia. Per poi ritornare.
Nelle lingue antiche i numeri erano rappresentati con le lettere dell’alfabeto: A stava per uno, B per due, ecc. Solo successivamente abbiamo preso dagli arabi i loro segni (1, 2, 3…) per rappresentare i numeri. Nella tradizione biblica le lettere e i numeri erano ricchi di significati che, secondo gli studiosi, rimanevano nascosti al loro interno. Per scoprirli bisognava entrare in loro e osservarli con grande attenzione.
E così si sono accorti che la prima parola della Bibbia inizia con una B (in ebraico bet): Bereshìt che significa In principio. “In principio Dio crea il cielo e la terra” sono le prime parole di tutta la Bibbia. La B, dicevamo, rappresenta il numero due. Ora, dato che il mondo inizia la sua esistenza con la lettera B, questo portava le scuole ebraiche antiche a ‘scoprire’ che il mondo è costruito sul DUE.
Due è la vita e la morte. Due è il bene e il male. Due è la notte e il giorno. Due è l’essere umano: il maschile e il femminile.
Solo Dio è Uno. Cioè pienezza, completezza. Il Tutto. “Uno è il suo nome” è scritto nel libro di Zaccaria (14,9). Nella lingua ebraica la parola Uno e la parola Dio (’Elohìm) iniziano con la prima lettera dell’alfabeto (in ebraico alef) che rappresenta, appunto, il numero uno.
Questo, chiaramente, è un modo di leggere le tradizioni e i miti. Ma, se lo guardiamo attentamente, ci accorgiamo che le conclusioni cui arrivano questi studiosi antichi non sono poi così lontane dalla realtà.
Se uno è il numero della pienezza, due rappresenta la ricerca. Quindi la non pienezza, la non completezza. Due è il numero del confronto: l’uno e l’altro. O del dubbio: l’uno o l’altro. O il numero del conflitto: l’uno contro l’altro.
E’ esperienza di tutti che l’uomo non può comprendere la totalità. Le nostre scoperte procedono attraverso lo studio e la ricerca proprio perché non siamo nella pienezza della conoscenza. Studio e ricerca vivono nell’incontro di pensieri diversi. Sono ipotesi diverse, sono spiegazioni che nascono da punti di osservazione differenti che fanno progredire le scienze e le filosofie.
Anche la dimensione spirituale e religiosa della vita ha bisogno dell’incontro e del confronto tra le varie tradizioni per alimentarsi e crescere. Chi può dire, infatti, di possedere tutta la Verità?
Perfino di fronte alla Bibbia - che per i cristiani e gli ebrei è come una lettera che Dio scrive all’umanità - abbiamo compreso bene che non possiamo dire semplicemente che essa, così come suona, è la Parola di Dio. Ma, correttamente, diciamo che in essa è contenuta la Parola di Dio. E tutti, cristiani appartenenti alle diverse chiese, ebrei delle diverse tradizioni culturali, abbiamo bisogno di leggere, studiare, ascoltare, pregare.
E la ricerca continuerà ad andare avanti. Perché attraverso di essa - fatta di studio, di ascolto, di preghiera, di silenzio, di confronto - l’umanità può continuare la sua strada per avvicinarsi sempre più all’Uno. Forse è proprio questo il significato di quanto è scritto nel libro dei Salmi: “Dio ha detto una parola. Due ne ho sentite” (Salmi 62,12). Una sintesi perfetta!
Una riflessione analoga possiamo fare, naturalmente, anche per le altre tradizioni religiose (Islam, Buddismo, Induismo, ecc.) nel rapporto con i loro Testi sacri. Come anche per tutti coloro che non si riconoscono in una tradizione religiosa: anch’essi hanno bisogno di tenere aperte le domande fondamentali sul senso del loro essere nel mondo. Domande che chiedono di non venire soffocate attraverso risposte superficiali e univoche.
Noi siamo nel due, dicevamo. Essere nel DUE significa, dunque, essere nella ricerca, nell’evoluzione. In un processo di crescita. Non è questo, del resto, ciò che la vita ci insegna? La vita è movimento. La natura è movimento. Gli antichi filosofi dicevano che “tutto si muove”. La fisica moderna ce lo conferma: il mondo dell’esistente è in continuo movimento. Dall’infinitamente piccolo (il subnucleare) all’infinitamente grande (l’universo).
La nostra esperienza ci dice che la vita procede e si evolve nel tempo e nello spazio. Questa è la nostra ricchezza: la capacità di procedere nella conoscenza, nella maturazione, nella crescita, nell’evoluzione. Essere nel due significa allora entrare in una vita che si muove nel dinamismo, nell’energia. Tutte le tradizioni culturali e le religioni ci dicono che il destino dell’uomo è di raggiungere la pienezza della Vita. La chiamiamo con nomi diversi - paradiso, nirvana, illuminazione, resurrezione - ma indichiamo la medesima cosa: essere nella pienezza. In altre parole, essere nell’UNO.
Ma se essere nell’Uno è il destino finale, ora la nostra strada è immersa nel due. Cioè nella ricerca e nell’evoluzione.
(Oggi qui ci fermiamo. Per ritrovare l’uccello a due teste la settimana prossima).
(1-continua)