VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

24 apr 2011

Buona Pasqua!

 Oggi proviamo a fermare i nostri pensieri. Per un giorno. Pensieri che tanto corrono, qua e là, spinti dalla fretta delle mille cose da fare e accompagnati dall’ansia di non riuscire mai a finire e a rispondere a tutti quelli che ci chiedono. In famiglia, sul lavoro, tra gli amici.

È Pasqua! La festa della primavera. La festa del risveglio. Del passaggio dalla fatica dell’inverno alla stagione della luce. Risveglio, passaggio, luce: oggi ci facciamo guidare da queste parole. Per ascoltare cosa hanno da dirci: da dire alla nostra anima, spesso affaticata e stanca.

 

Per noi cristiani questo è il giorno più grande dell’anno. È il giorno che dà luce alla storia del mondo. È il giorno della speranza.

 

Noi sempre cerchiamo di far dialogare tra loro le diverse dimensioni della mente. Ragione, sentimenti, emozioni, bisogni, desideri. Con l’obiettivo di portare alla consapevolezza le forze, le energie, che ci guidano nelle nostre scelte e nelle nostre valutazioni. Ma nel momento in cui ci fermiamo a riflettere su un giorno come questo, il nostro pensiero si ferma. La capacità di ragionare e di comprendere incontra tutto il suo limite.

Pasqua come festa della primavera è una pasqua comprensibile. Perfino bella e desiderabile. Uscire dal freddo dell’inverno è desiderio che vive in ogni cellula del nostro corpo, così come vive all’interno di ogni cellula di animale o di pianta. Il letargo dell’inverno ha permesso di riposare dalla fatica dell’anno precedente e ora le gemme si aprono al tepore del sole che sta decidendo di restare sempre qualche minuto di più con noi. Giorno dopo giorno. Pasqua, dunque, è il risveglio della natura che si apre alla nuova stagione di luce.

 

Ma Pasqua, per noi cristiani, è prima di tutto il risveglio di Gesù di Nazareth. (Il verbo che usano i Vangeli, nel testo originale greco, per dire che Gesù ‘è risorto’ è egèiro che significa proprio risvegliare). Pasqua è il passaggio attraverso la morte verso la pienezza della vita. (Passaggio significa la parola ebraica Pésach da cui deriva l’italiano Pasqua).

E questa ‘dimensione’ della Pasqua non è comprensibile con la sola nostra ragione. È come un salto, un passaggio, che ci troviamo a dover affrontare. Quel passaggio che chiamiamo fede. Che nient’altro significa se non fidarci e affidarci, come creature, nei confronti di Colui che è l’origine della vita. Come figli nei confronti di Colui che è per noi Padre-e-Madre.

 

Perché dicevo che questo giorno non è ‘comprensibile’ per la nostra mente?

Perché tutto ciò che noi possiamo comprendere lo apprendiamo attraverso l’esperienza. E la nostra esperienza, rispetto al grande tema della vita e della morte, si ferma al momento della morte. Non sa andare oltre.

Tutti noi l’abbiamo incontrata, la morte. A chi non è passata vicino?  Un nonno, un amico, un genitore, un vicino di casa. Chi non ha mai sentito il dolore che lei sempre porta con sé? Ed è certo questo dolore che ha accompagnato anche i discepoli di Gesù e sua madre quel venerdì, il 7 aprile dell’anno 30, che è stato il primo venerdì santo della storia.

 

È qui che arriva la nostra esperienza, appunto: al venerdì santo. Nessuno di noi, infatti, sa - nel senso che nessuno di noi ne ha fatto esperienza - cosa significhi il risveglio che ha vissuto Gesù ‘il primo giorno dopo il sabato’, come dicono i Vangeli. Ed è questo che ci sconvolge: è come restare abbagliati di fronte a tanta luce.

 

Proviamo a guardare un momento ad altri maestri che hanno illuminato la storia dell’umanità e dal cui insegnamento sono nati grandi movimenti religiosi. Buddha, Confucio, Maometto - solo per citare alcuni dei nomi a noi più noti - hanno avuto un’esperienza di vita del tutto comprensibile a noi. Sono stati grandi maestri, ma nessuno di loro ci ha messi davanti al risveglio dalla morte. Nessuno di loro è risorto. Grandi anime, che la morte però accomuna a tutti noi. Grandi anime la cui vita è arrivata al venerdì santo. Il giorno della morte.

 

Non è così per Gesù di Nazareth. Egli è l’unico che ci mette davanti ad un evento che va oltre ogni nostra possibile immaginazione: il risveglio. La pienezza di Vita. Una Vita che non ha più niente a che fare con la morte. Che fa morire la morte. “Io sono la resurrezione e la vita” (Giovanni 11,25) aveva detto. Ma nessuno l’aveva compreso. Forse, fino in fondo, neppure la sua anima, umana come la nostra, riusciva a comprenderlo, finché non ne ha fatto esperienza con il suo risveglio.

Ma per arrivare al risveglio, anche lui è dovuto passare attraverso il dolore e l’angoscia del suo venerdì santo.

Morte e risveglio. Inconciliabili per noi umani. Comprensibili e fonte di luce attraverso la fede.

Perfino Maometto, quando ha ‘ricevuto’ il Corano, si è fermato di fronte a questo passaggio e ha ritenuto che Gesù non poteva essere morto: “Ebbene, non l’hanno né ucciso né crocifisso; ciò era sembrato loro. Dio lo ha elevato a sé” (Sûra IV, 157-158).

 

Questa è la nostra Pasqua. Anzi, Gesù il Cristo è la nostra Pasqua ci dice la Bibbia (Cfr. 1 Cor. 5,7). È lui, cioè, che con la sua esperienza di vita ci indica la strada che anche la nostra vita percorre. “Io sono la resurrezione e la Vita” ci dice. La sua strada è la nostra strada. Una strada che passa anche attraverso il venerdì santo. Ma una strada che lì non si ferma. Anche per noi c’è il risveglio. Il processo di vita nel quale, con Lui, siamo già incamminati.

 

Dirci Buona Pasqua, allora, significa ricordarci a vicenda che siamo in buona compagnia. In compagnia di quel Gesù che, avendo portato come noi tutto il peso della fatica quotidiana, ci ha semplicemente preceduto lungo la via da percorrere. E ci accompagna. Fino alla pienezza del risveglio!