VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

4 set 2011

E i compiti per le vacanze?

Di ritorno dalle ferie. Chi le ha potute fare, naturalmente. So bene che molti di noi hanno faticato come nel resto dell’anno, o in famiglia o per ragioni di salute o perché i conti a fine mese non tornano. Noi poi, qui, è da giugno che non ci sentiamo: impegni di lavoro mi avevano costretto a sospendere i nostri incontri settimanali. Ma ora eccoci di nuovo. Speriamo anche che il caldo, che questi giorni è venuto a trovarci e sembra aver dimenticato la strada del ritorno ai suoi luoghi abituali di residenza, ormai la sua strada l’abbia ritrovata!

 

C’eravamo lasciati con un pensiero, vi ricordate? Salutandoci, ci dicevamo: Durante l’estate proviamo a dedicarci ogni giorno dieci minuti in compagnia del nostro respiro. Consapevoli che nel respiro ritroviamo la nostra sacralità e la sacralità dell’universo.

 

Ci possiamo chiedere com’è andata? Ci facciamo questa domanda proprio come ce la facevano i nostri insegnanti a scuola! Vi ricordate? Tornavamo a settembre sempre con po’ d’ansia perché quei benedetti compiti non li avevamo mai fatti troppo bene. C’era stato sempre qualcosa che si era frapposto tra i nostri propositi e la realtà dei giorni e delle settimane che erano passate tanto in fretta. Poi chi a scuola ci va ancora, o frequenta l’università, di certo ha vissuto l’estate tra compiti da fare o mucchi di libri da studiare: magari pure con qualche esame di mezzo (che speriamo sia andato bene!). Quelli invece che le scuole le hanno finite da un po’ ma ci sono i figli che con la scuola hanno il conto aperto… beh, anche loro si sono dovuti misurare con i compiti per le vacanze! Un po’ tutti, insomma!

 

Certo, dentro questa cornice, mi rendo conto che la domanda che mi è scappata sopra può suonare maluccio. Ma proviamo a fermarci un momento, e a farcela sapendo che ’sta volta non dobbiamo rendere conto a nessuno. Su questo almeno non abbiamo maestri o professori che ci fanno i conti in tasca e si sentono autorizzati a guardare i nostri lavori e a darci un voto. Siamo noi maestri di noi stessi. Maestri e responsabili dell’uso delle nostre energie e del nostro tempo.

 

È vero, il compito che c’eravamo dati non era facile. Anche se sappiamo bene che era per la nostra salute. È che altrettanto bene sappiamo che i propositi per la nostra salute sono quelli che vanno a farsi benedire con tanta, troppa facilità! Come quando diciamo di voler mangiare un po’ più sano o bere un po’ di meno. Non parliamo, poi, di quando decidiamo di smettere di fumare!

 

Ma torniamo a noi e al nostro compito. C’eravamo detti: Durante l’estate proviamo a dedicarci ogni giorno dieci minuti in compagnia del nostro respiro.

Perché questo compito non era facile? Se ci pensiamo un momento, credo che la risposta la troviamo subito. Basta guardare come viviamo le nostre giornate.

Non siamo sempre di corsa? Gli orari di lavoro, la scuola dei figli, le faccende di casa, la spesa, le bollette da pagare, la macchina da aggiustare, le scadenze che ci rincorrono: siamo sempre in ritardo! Sembra che il tempo ci stia correndo dietro e noi, davanti, con la lingua di fuori e il fiato in gola. Ma è proprio qui che il compito dei dieci minuti di respiro arriva come una medicina. Come un farmaco salva-vita. Ne avete presenti? Sono quelle medicine che se, quando ne abbiamo bisogno, non le prendiamo, rischiamo proprio grosso con la nostra salute: la pressione alta, il cuore che cammina come gli pare, i reni che sono stanchi di fare il loro lavoro, il sangue che non ne vuole più sapere di scorrere tranquillo e fluido nelle nostre vene…

 

I nostri dieci minuti di respiro sono il farmaco salva-vita nel ritmo incalzante e anomalo della quotidianità.

 

E allora succede che molti di noi, avendo perso l’abitudine a stare un po’ con sé stessi e con i propri pensieri, quando si trovano davanti a una giornata, o anche soltanto a qualche ora, di tranquillità - come succede nei periodi di ferie - sentono l’impulso a scappare: devono trovare qualcosa da fare. Per forza. Allora li vedi girare per casa, sbuffano, come quegli animali dello zoo dentro le gabbie. Vogliono andare da qualche parte: non importa dove, purché si vada. Vi siete mai chiesti perché facciamo così? Restare un po’ con sé, pensare un momento, leggere un libro, guardare un albero e ascoltarne il respiro, accarezzare il cane o il gattino, chiacchierare con un figlio, scambiare due parole con la moglie…

 

È che se entriamo nell’abitudine alla vita di corsa, è inevitabile che prima o poi arriviamo a non tollerare più un momento di quiete e di silenzio. E ne scappiamo: come un attacco di panico.

 

Ora la maggior parte di noi le ferie l’ha finite. Per qualcuno arrivano adesso. Utilizziamole allora, sia chi le ha finite sia chi le comincia adesso.

Chi le ha finite provi a chiedersi come le ha spese, nel senso di come ha speso il suo tempo libero: anch’esso di corsa? Che cosa gli ha impedito di regalarsi dieci minuti al giorno per stare con sé stesso, o, come dicevamo noi, con il suo respiro? Utilizziamo le giornate di ferie passate per fare una diagnosi al nostro stato di salute. Di salute mentale. Sapendo bene che, se finora non l’abbiamo fatto, i nostri dieci minuti di farmaco salva-vita possiamo cominciare a prenderceli anche da adesso.

Chi inizia ora le sue ferie provi a non scappare dalle giornate che si presentano ‘vuote’ dai soliti impegni. Cerchi di ascoltare il tempo che queste giornate gli regalano. Provi ad accorgersi che il suo corpo respira, che il suo cuore cammina, che sta vivendo, ed è in sintonia con il resto del mondo: il sole, le nuvole, gli alberi, gli animali. Perfino… con le persone che vivono con lui nella stessa casa!  Ascolti il suo respiro e provi a regalarsi qualche momento di quiete. E di pace. Con sé stesso. E con le persone che gli sono vicine.