VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

20 nov 2011

Inizia una nuova vita? (2)

Dopo una settimana di forzato silenzio, eccoci di nuovo. Riprendiamo il tema aperto tre settimane fa. Ci dicevamo che solo quando dialoga con il pensiero umano (= filosofia, etica) la tecnologia diventa scienza. A questo punto le sue potenzialità crescono perché essa ‘apprende’ a muoversi verso una direzione, la direzione che le dà l’uomo che ne fa uso. E da potenza cieca diventa energia preziosa nelle nostre mani.

Richiamato questo pensiero, ora cerchiamo di entrare nel merito della notizia da cui eravamo partiti: la Corte di Giustizia Europea ha definito ‘illegale’ ogni brevetto di farmaci che derivasse da studi sulle cellule staminali embrionali.

 

Oggi proviamo a chiarirci alcune nozioni, in modo che le parole siano comprensibili per tutti. La settimana prossima ci confronteremo sulle nostre conclusioni.

Partiamo dalle cellule staminali. Sono cellule particolari, vengono dette ‘primitive’, cioè cellule ancora non specializzate (come sono, invece, le altre cellule del corpo: del cuore o del fegato o di un muscolo, ecc.). Il nome può avere una doppia origine: dall’antico greco stamìn (= trave, puntello) e dal latino stamen (= ordito: la base su cui si colloca la trama). Queste cellule, infatti, sono come delle cellule-base. Dette anche pluripotenti, perché hanno la capacità di potersi trasformare in altri tipi di cellule: possono diventare, cioè, cellule ‘specializzate’ a seconda del procedimento cui vengono sottoposte. La scoperta è davvero straordinaria: è come una rivoluzione per la medicina perché esse permettono (= permetteranno) di riparare tessuti specifici o addirittura di riprodurre organi danneggiati.

Cos’è un embrione? Anche questa parola ha origine nel greco antico en (= dentro) e brýo (= crescere, germogliare). Esso, infatti, è il risultato dell’incontro tra l’ovulo femminile e lo spermatozoo maschile che, insieme, hanno avviato quel processo di trasformazione (= moltiplicazione cellulare) che, in nove mesi, diventerà quel bambino che incontreremo al momento della nascita.

Le cellule staminali embrionali, dunque, sono cellule non ancora ‘specializzate’ che vengono ricavate dall’embrione nelle prime fasi del suo sviluppo (= entro la prima settimana circa dalla fecondazione dell’ovulo). Non possiamo qui dilungarci in particolari tecnici sulla coltura delle staminali embrionali: è importante però ricordare che questo processo comporta la morte dell’embrione.

Un’altra cosa da ricordare, sempre per la completezza dell’informazione, è che esistono cellule staminali anche nell’individuo adulto. È proprio di questi giorni la notizia che sono state ricavate staminali pluripotenti (= come quelle dell’embrione) anche da cellule di ultraottantenni. Ci ritorneremo.

 

Oggi la ricerca sulle staminali è ancora ai primi passi. Ma già lascia intravvedere grandi risultati. Ora la questione è se sia legittimo – cioè eticamente corretto – fare ricerca con le cellule staminali embrionali, dal momento che questa provoca la morte dell’embrione stesso.

Il dibattito parte da una questione di fondo: l’embrione è da considerare già un essere umano che è nelle prime, primissime fasi del suo processo di crescita, o è ‘soltanto’ un insieme di cellule, attive, ma che non possono ancora dirsi essere umano?

 

Se ascoltiamo gli specialisti della materia, vediamo che essi ci danno risposte diverse. Perfino opposte. Perché non ci dicono tutti la stessa cosa? Proprio perché ciascuno fa coniugare ciò che osserva in laboratorio (= il dato biologico) con il suo pensiero sulla VITA. I dati di laboratorio sono un dato oggettivo. Gli strumenti ci fanno vedere cosa succede quando attiviamo determinate procedure. Ma anche gli strumenti più sofisticati non sanno darci risposte che riguardano la vita: semplicemente perché sono macchine e come tali non hanno un pensiero che sappia riflettere su quanto stanno facendo, né sul significato di ciò che fanno.

 

La tecnologia, da sola, può dirci soltanto che la coltura delle staminali embrionali funziona. Così come funziona, fatte le dovute differenze, la coltura delle staminali dell’individuo adulto. Qui abbiamo bisogno della scienza, che – lo ricordiamo – nasce nel dialogo tra tecnologia ed etica (filosofia di vita). Sto insistendo su questo pensiero perché è importante non fare confusione quando si tratta di ragionare sulla vita, in particolare sulla vita umana. Gli strumenti della tecnologia che la scienza usa nelle sue ricerche non sanno rispondere alla domanda di fondo: se, cioè, l’embrione sia un essere umano nelle primissime fasi della sua crescita, o se esso sia ‘soltanto’ un insieme di cellule che non possono ancora dirsi un essere umano.

Questa risposta compete all’uomo, con la sua capacità di analisi e di riflessione su quanto la ricerca scientifica gli mette a disposizione.

La settimana prossima ripartiremo da qui per completare le nostre riflessioni.

 

 

(1. La scienza ha un'anima?)

(3. È vita umana)