30 gen 2011
La nostra voce
No, noi non siamo così!
Finalmente questi giorni ne ho sentiti tanti che dicono di non farcela più a sopportare tanta meschinità: la pretesa di essere sempre nel giusto e il pensiero costante che solo lui ha ragione e tutti gli altri hanno torto. Non possiamo più reggere un capo di governo che non ha il coraggio di guardare in faccia la realtà. Sua e del popolo che, a suo tempo, l’ha chiamato a governare. Tutto ha un limite, ci diciamo. Perfino l’indecenza.
Ma il peggio, secondo me, lo esprimono quelli che gli stanno intorno. Coloro, cioè, che lo sorreggono e lo puntellano con i loro sorrisi e i loro battimani. Capisco che lo fanno perché sono consapevoli che senza di lui si ritroverebbero fuori dal palazzo e dovrebbero, così, rinunciare a tutti quei vantaggi e privilegi di cui ora usufruiscono. Perfino i suoi avvocati, fatti eleggere in parlamento, sono capaci di dimenticare la loro funzione pubblica di parlamentari - quindi di cittadini che devono curare l’interesse di tutti i cittadini - e si mettono a giocare sui cavilli della legge pur di puntellare un primo ministro umanamente e politicamente terremotato. Ma, tant’è, lui li paga per questo. Lo stipendio di parlamentare, però, non glielo diamo per tutelare i suoi interessi. Così mi sembra. Mah, dicono che non ce ne dovremmo meravigliare. In fondo ha solo portato in parlamento i suoi avvocati: prima di lui un altro ‘imperatore’, sempre a Roma, aveva fatto nominare senatore il suo cavallo! Vi ricordate?
“Se ci fosse una Città di uomini onesti, si farebbe a gara a fuggire il comando, esattamente come oggi si fa a gara per averlo”. Non è un giornalista di sinistra che ha scritto queste parole, ma un vecchio maestro, vissuto 2400 anni fa. “E in tale società - continua - sarebbe finalmente chiaro che il vero uomo di comando non è quello naturalmente portato alla ricerca del proprio tornaconto, ma quello che cerca il vantaggio dei suoi cittadini”. Sono parole di Socrate, un uomo che ha saputo affrontare anche un processo ingiusto e un’ingiusta condanna, in nome dell’onestà e del suo onore. E del rispetto delle leggi.
Altre volte ci siamo soffermati a riflettere sul triste spettacolo che danno di sé certi uomini della politica. Ci siamo anche detti che, se loro coso così, ciò dovrebbe farci riflettere su come siamo noi che li abbiamo eletti. Questo pensiero, certo, rimane in tutta la sua validità e in tutto il suo peso per le nostre coscienze.
Ma adesso, superati tutti i limiti della decenza, non possiamo più riconoscerci come loro. Certi analisti delle relazioni sociali, sociologi, psicologi, dicono che il nostro capo del governo incarna l’ideale del maschio italiano medio. Ricco, pieno di donne, uomo di successo, al di sopra di ogni legge e di ogni norma morale. E sostengono, costoro, che tutti gli italiani vorrebbero essere come lui.
Mah, lasciamoli pure in questa convinzione. È vero che certe volte sembriamo addormentati, pronti a bere tutto quello che le infinite televisioni ci raccontano. A fare nostri i modelli di vita che ci propongono. Con una donna che vale solo se giovane, bella, sufficientemente cretina e subito pronta al richiamo del maschio potente e ricco. E un uomo il cui valore si misura sulla base del numero di zeri del suo conto in banca e del numero delle donne che si porta a letto.
Ma la vita non è Beautiful!
La vita vera è quella di chi si alza al mattino e si ritiene fortunato se può andare a lavorare. È la vita di chi deve sottoporsi al ricatto del ‘padrone’ di turno per conservare il posto di lavoro. Quella di una donna che deve fare miracoli perché lo stipendio possa coprire anche la quarta settimana. La vita di chi deve affrontare una malattia, la vecchiaia, la solitudine, la perdita di una persona cara. La vita di un giovane che non riesce a trovare uno straccio di lavoro che gli permetta di farsi la sua strada, di mettere in piedi una famiglia.
Noi siamo questi. Noi, le persone comuni. Quelle che cercano di vivere nell’onestà e nel rispetto reciproco. Come cittadini e come uomini e donne.
Dov’è in tutto questo il nostro capo del governo, colui che dovrebbe essere il vero uomo di comando (…) quello che cerca il vantaggio dei suoi cittadini? Dove sono i suoi ministri? Quale paese guardano i loro occhi?
Che diremmo di un padre che, invece di fare il suo lavoro e di occuparsi, insieme a sua moglie, della loro famiglia, impegnasse tutto il suo tempo nel gioco o nei suoi hobby preferiti?
Un’obiezione. Ma può uno psicologo dire tutto questo? O non sta facendo, ora, un uso improprio del suo spazio su questo giornale, in una rubrica di psicologia?
Io credo che uno psicologo non può e non deve dimenticare che la sua scienza non può limitarsi allo studio dell’uomo isolato in un laboratorio. È l’uomo concreto, quello che deve fare i conti con la vita di tutti i giorni, che ha bisogno dell’aiuto delle scienze umane, come la psicologia e la medicina.
È anche la fatica di vivere il quotidiano che ti porta a non dormire la notte o a litigare con la moglie o i figli. La psicologia ci aiuta ad aprire gli occhi per accorgerci che i modelli che la società offre ai nostri ragazzi per costruire la propria identità, quindi la propria scala di valori, vengono da chi ha in mano gli strumenti del potere. Economico e mediatico. Da chi ha in mano il potere di far funzionare, o bene o male, la nostra scuola. Dai nidi all’università.
Infine anche come cristiani, come popolo di Dio (= chiesa), abbiamo una grossa responsabilità.
Non possiamo non prendere posizione di fronte a certe situazioni. Proprio la settimana scorsa riflettevamo insieme su quanto sia facile per le religioni scivolare nel compromesso con il mondo della politica. Questa è una buona occasione per evitarlo.
Grazie a Dio alcune voci significative si sono già fatte sentire. Noi, qui, uniamo anche la nostra.