20 mag 2012
La sottile differenza
Pari dignità.
Con queste parole ci siamo lasciati la settimana scorsa. Dopo che, insieme, c’eravamo fatti accompagnare da riflessioni amare sulla relazione uomo-donna. Su come, troppo spesso, quella sorta di dèmone che sembra guidare la nostra scala di valori – che ha nome ‘possesso’ – pretende di invadere con il suo colore asfissiante perfino le nostre relazioni affettive.
Se possedere diventa la parola d’ordine che guida ogni nostra attività e si colloca al primo posto nella nostra mente, non è difficile immaginare come questa possa diventare, senza che ce ne accorgiamo, la cornice dentro la quale vivere anche una storia d’amore. Dico ‘senza che ce ne accorgiamo’ perché la nostra mente si lascia facilmente guidare dai valori che respiriamo nel quotidiano. Dai valori, cioè, che esprime la maggioranza.
Siamo così pecore? Mi direte.
Non è che siamo pecore – dove va una vanno tutte! –, è che pecore diventiamo se non impariamo a ragionare con la nostra testa. Se non siamo svegli e non teniamo gli occhi aperti per accorgerci quando, uno dietro l’altro, ci lasciamo andare… In fondo è più facile fare come fanno gli altri. Nessuno ci dirà niente, nessuno ci criticherà. Anzi, tutti ci accoglieranno a braccia aperte, perché accettando passivamente quello che gli altri dicono e fanno, non facciamo altro che confermarci, reciprocamente, che tutti stiamo facendo bene. Che questa – la strada che segue la maggioranza – è la strada giusta!
Non è questo, in fondo, che è successo negli ultimi anni nel nostro paese, quando, senza farci troppe domande, siamo andati dietro a quei modelli che ci venivano proposti con il luccichio del guadagno assicurato e del sesso facile, in vendita al ‘padrone’ di turno? Non ci veniva detto, in fondo, che bastava avere tanti soldi per comprarci tutto e tutti? Tutti? Sì, tutti. Meglio, tutte. Perché il modello ci diceva che le donne si possono comprare. Perché, naturalmente, sono gli uomini che comprano: se un uomo non compra le donne, che uomo è? Certo, per comprarle ci vogliono i soldi. Allora più soldi hai – non importa come li guadagni – più sei ‘uomo’. Un vero maschio!
Un bell’incastro, non vi pare? Un incastro triste e misero. Ma come fare per accorgerci se non siamo svegli e non apriamo gli occhi per guardare, e se non usiamo la testa per ragionare?
Mi chiedo quanto ci fermiamo a riflettere sul serio su questo cancro della nostra società: quasi un giorno sì e uno no una donna viene uccisa dal ‘suo’ uomo.
Certo, non basta gridare allo scandalo o alla vergogna. Queste morti, questa violenza verso la donna dovrebbero portarci oltre: portarci a guardare quali sono i valori nei quali investiamo le nostre energie, quelli dai quali ci lasciamo guidare nelle nostre scelte.
Pari dignità. Ci dicevamo. Pari dignità tra donne e uomini, perché in fondo donne e uomini siamo figli della stessa natura. Donne e uomini non siamo che i due modi in cui la natura umana si esprime e continua la sua storia.
Questi giorni un amico mi ha fatto avere una poesia. Non sapeva dirmi di chi fosse. Inizia così:
Dopo un po’ impàri
la sottile differenza
tra tenere una mano
e incatenare un'anima.
Ecco. È tutto qui.
Incatenare un’anima significa volersene impadronire. Pensare di diventarne il padrone. Poterne fare ciò che voglio, come fosse una ‘cosa’ mia. L’ho comprata, quindi posso disporne come voglio. Al punto che, se poi le dovesse venire in mente di andarsene, non c’è niente di più semplice che rincorrerla, catturarla di nuovo e, se proprio dovesse insistere, sopprimerla. Non può un padrone perdere ciò che è suo.
Tenere una mano significa, invece, essere in due. Due sullo stesso piano. Due che si giocano la medesima libertà di tenere l’uno la mano dell’altro. Per camminare insieme. Compagni di strada. Costruttori di un progetto condiviso.
Ecco. È questo che intendiamo quando diciamo ‘pari dignità’. Imparare la sottile differenza tra il desiderio di tenere una mano e il voler incatenare un’anima.