26 feb 2012
Separazioni: il peso del fallimento (2)
È un capitolo difficile quello di una separazione. Difficile per i figli, ma difficile anche per i due coniugi. La settimana scorsa avevamo incontrato la lettera di un padre separato che ci diceva della difficoltà a parlarsi con la sua ex. Oggi ritorniamo su questo tema provando ad avvicinarci ai due adulti che si separano. La prossima volta cercheremo di ascoltare la voce dei figli.
Quando la psicologia ha trovato la strada per ampliare il suo campo visivo, si è accorta che se voleva conoscere davvero l’essere umano, non era più sufficiente studiarlo in laboratorio come un individuo staccato e isolato dal suo contesto di vita. Ha iniziato così ad osservarlo nelle sue relazioni significative e si è ‘accorta’ che la famiglia è il primo luogo vitale in cui ogni persona trova e costruisce se stessa. In una famiglia ciascuno di noi è nato e cresciuto, e verso la costruzione di una famiglia tutti noi siamo ‘naturalmente’ orientati.
Ogni storia di famiglia nasce nell’incontro tra due persone che, dopo un periodo di frequentazione e conoscenza, decidono di entrare in un progetto. Il progetto di condividere la vita e di mettere in piedi la costruzione di una nuova famiglia: la loro famiglia. È un progetto di grandi speranze e di grande respiro. Nello stesso tempo di grande complessità.
Ognuno di noi nasce in una famiglia e di questa si sente parte integrante. I genitori e i fratelli sono le persone con cui viviamo le nostre prime relazioni. Le relazioni più importanti. Al punto che se queste non sono sufficientemente buone, il piccolo dell’uomo corre il grande pericolo di non poter crescere in buona salute. Sia nella mente che nel corpo.
A un certo punto però la vita ci propone un cambiamento: uscire dalla famiglia che ci ha dato la vita (la famiglia d’origine) e mettere in piedi la costruzione di una famiglia nuova: la nostra.
È così, a quanto ci è dato di conoscere, da tempi molto antichi. Di certo molti di noi hanno sentito almeno una volta nella vita queste parole: «L’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola» (Genesi 2,24). Sono parole che troviamo in un documento di tremila anni fa che ci testimoniano – al di là del valore ‘religioso’ che esse possono assumere per un credente – quanto antico sia questo pensiero. L’uomo e, naturalmente, la donna – quindi ogni persona – vengono posti dalla vita di fronte a questo passaggio: lasciare la casa dei genitori e costruirne un’altra. Una casa nuova.
Naturalmente sappiamo che qui non stiamo parlando della casa di mattoni, ma della casa affettiva.
Pensate che il significato autentico della parola originale di questo antico documento (l’ebraico ‘azab) non è solo ‘lasciare’ il padre e la madre, ma ‘abbandonare’. Perché solo abbandonando la sicurezza e la protezione della casa in cui siamo cresciuti, siamo liberi di attivare la costruzione di una casa ‘nuova’ in cui ritrovare quella sicurezza e quella protezione che finora ci avevano garantito i nostri genitori.
Ci siamo detti più volte, in questi nostri incontri, come il linguaggio dei miti sia tanto sintetico e altrettanto profondo. Un vero trattato di psicologia! In queste poche parole, ancora una volta, troviamo racchiusa tutta la profondità e la complessità del percorso che ci troviamo a fare quando attiviamo il processo di costruzione della ‘nostra’ casa. Una casa in cui ora siamo noi i costruttori, una casa la cui solidità e stabilità ora è posta sulle nostre forze e di cui noi due ora siamo i responsabili.
È chiaro allora come questo processo di costruzione ci richieda un grande investimento di energie. Non tanto e non solo economiche, quanto, soprattutto, affettive. E tutti sappiamo che quanto più grande è l’investimento, tanto maggiore è il risultato. Sia in senso positivo che, purtroppo, in negativo. Un buon investimento ci dà grande soddisfazione e ci fa felici. Ma un investimento in perdita ci mette in mezzo a una strada.
Così potremmo dire che si presenta la storia di ogni famiglia.
La gioia di aver costruito una famiglia sufficientemente sana ci rende piacevolmente soddisfatti e realizzati. Altrettanto delusi e amareggiati, però, ci ritroviamo quando vediamo fallire il nostro progetto. Quando ci troviamo di fronte ad una crisi insuperabile, il senso di fallimento è davvero profondo e il rischio di perderci è altrettanto alto.
È così che, lasciati a loro stessi, due coniugi che si separano rischiano di ritrovarsi sopraffatti da sentimenti di amarezza, delusione, tristezza, solitudine che facilmente possono sfociare in dolorose crisi depressive o in pericolosi atteggiamenti e comportamenti distruttivi. Sia verso se stessi sia verso altre persone. E le prime fra queste sono spesso proprio i familiari.
Per questo la settimana scorsa insistevo sulla necessità che i consultori e le altre istituzioni coinvolte nel processo di separazione familiare si attivino per dare aiuto e sostegno anche psicologico ai coniugi che attraversano questa difficile fase della vita.
(2. continua)