VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

13 mag 2012

Uomini e donne

Ricordate quando a scuola la maestra ci insegnava a fare le divisioni? Oggi ne facciamo una, insieme. Perché la facciamo? Non vorrei che vi fosse sfuggita una nostra fotografia che in questi giorni la stampa e la tv ci hanno messo ripetutamente davanti agli occhi: dall’inizio di quest’anno 54 donne sono state uccise dal loro compagno, o ex compagno (marito, convivente, fidanzato…). Dall’inizio dell’anno sono passati soltanto 120 giorni.

120:54 = 2,22.

Quasi un giorno sì e uno no, nella nostra civile Italia, una donna è stata uccisa dal ‘suo’ uomo. Da un uomo, cioè, che un giorno aveva coltivato amore nel suo cuore per lei, e verso il quale anche lei aveva avuto lo stesso sentimento.


L’amore!

Che cos’è quest’amore che diventa omicidio? Come può la nostra mente deragliare così tanto da trasformare un bacio, un abbraccio, in un colpo mortale? Si racconta di un uomo che duemila anni fa ha tradito con un bacio un suo amico. Ma Giuda aveva un ideale dentro di sé, un ideale per il quale aveva deciso di giocarsi la vita, un ideale che egli vedeva ‘tradito’ dal suo amico-maestro nel quale aveva posto tutte le speranze per il riscatto socio-politico della nazione. E confuso dalla ristrettezza del suo campo visivo, non era stato capace di cogliere la ‘rivoluzione’ che il suo Gesù stava portando: un cambiamento infinitamente più grande e trasformativo di quello che egli stesso era in grado di sognare. E si è perso.


Ma come può un uomo guardare la sua donna con occhi così offuscati da non riconoscerla più come “osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne”? Come una persona come lui? Una persona che, come lui, stava cercando di vedere se le loro vite potevano camminare insieme. Se riuscivano a trovare un terreno comune sul quale costruire la loro casa…


Ma era proprio questo lo spirito con cui lui si era avvicinato a lei e da lei si era lasciato avvicinare? Questa, credo, dovrebbe essere la domanda da ascoltare e da non lasciarci scappare.

Perché il mio timore è che altro è lo spirito che, troppo spesso, ci guida nei nostri incontri. In quegli incontri ai quali, troppo frettolosamente, diamo il nome di amore. Un nome che tanto spesso confondiamo con un altro: possesso.
Sì, perché sembra appartenere al nostro codice genetico la ricerca spasmodica di possedere. Non è certo al codice genetico di cui la natura ci fornisce quello di cui sto parlando, ma di un ‘codice genetico’ che respiriamo e mangiamo nella nostra società. Non pare anche a voi che stiamo prendendo a maestri uomini che si propongono con tutta la loro capacità e voracità nel coltivare il proprio interesse personale, costi quel che costi? Guardiamole queste persone, quelle i cui nomi riempiono i giornali, quelle che luccicano nel palcoscenico della politica per esempio. Possedere sembra essere il loro motto. E chi ci riesce meglio – quindi chi possiede di più – è il più invidiato e il più ossequiato.


Ma se questo – possedere – è il verbo da coltivare, sempre e dovunque, perché allora meravigliarci se anche nella relazione uomo-donna esso diventa la regola di riferimento? E così, piuttosto che come un incontro che ci permetta di vedere se possiamo camminare mano nella mano, il nostro occhio guarda l’altro (= l’altra) come una preda da conquistare, una di cui impadronirsi. E quando ci sfugge, non glielo possiamo permettere.


Noi pensavamo che la donna come possesso dell’uomo fosse cosa d’altri tempi o un modello appartenente ad altre culture, arretrate rispetto alla nostra. Dagli harem del passato alle culture dove ancora oggi ad un uomo è concesso di ‘possedere’ più mogli e di poterle ripudiarle a suo piacimento per i motivi più futili… noi pensavamo di essere ben lontani.

Ma… pensavamo! Perché questo 2,22 che ci mette davanti agli occhi quella ‘divisione’ che insieme abbiamo fatto oggi, credo che ci costringa a rivedere quali sono i valori che ci guidano anche nelle relazioni affettive. Se la donna è un possesso dell’uomo, perché lui non può farne ciò che vuole?


O non è così? Meglio: o non deve essere così?

Quante volte ci siamo detti: uomini e donne, esseri umani. Con pari dignità. Nella differenza.