VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

24 feb 2013

Alla ricerca di un figlio

Siamo sposati da sette anni e non avendo ancora figli, io e mio marito ci siamo rivolti ad un Centro per la fecondazione assistita. Non le racconto tutto il bombardamento cui mi sono dovuta sottoporre (iniezioni, ormoni, analisi e controanalisi, ecc.), le racconto la finale: 8 ovuli sono arrivati a maturazione, 6 sono stati fecondati, 3 embrioni si sono sviluppati. Ero cosciente che il rischio ci fosse che gli embrioni fossero danneggiati ma devo dire che un po’ ci speravo che le cose andassero bene. Ho sofferto pensando a quegli ovetti e a quegli embrioncini che se ne stavano da soli senza di me. Mi hanno detto: ma dai, ci sono le biologhe che fanno loro compagnia. Amara consolazione. Ho provato a mandar loro energia positiva. Come mi sono sentita? Beh, nel mio profondo, era come se sapessi che non sarebbe andata bene… Ieri sono arrivate le risposte: gli embrioni presentano gravi malformazioni genetiche e quindi sono da ‘scartare’ (che brutta parola!). Ora mio marito vuole riprovarci. Io però non me la sento…

Maria S.

 

Mia cara Maria, anzi, miei cari Maria e Luciano (così io chiamerò suo marito, dato che non ne conosco il nome), proverò a dirvi qualche mio pensiero. La tecnologia ha fatto davvero grandi passi, ha raggiunto risultati impensabili solo qualche anno fa, anche solo quando i vostri genitori avevano la vostra età. E noi, affascinati dalle potenzialità che questa ci mette a disposizione, ci buttiamo fra le sue braccia. Fiduciosi che essa saprà trovare la risposta giusta a tutti i nostri bisogni.

 

Avere un figlio. Sembra la cosa più naturale del mondo. Quante volte capita che i figli vengono anche quando nessuno li cerca. Anzi, anche quando noi vorremmo che proprio non venissero. Al punto che poi certe situazioni insostenibili ci spingono perfino a fermare una gravidanza interrompendone il naturale cammino. Altre volte, invece, nonostante tanta ricerca, questo bambino non si decide ad arrivare. E una coppia comincia a sentirsi ‘sola’, deprivata di qualcosa che sente come un diritto. Come se qualcuno o qualcosa – la vita, o perfino Dio per chi è credente – le stesse facendo un torto.

 

Lei, Maria, ha portato tanta sensibilità nella sua lunga lettera (dalla quale ho preso, qui, soltanto alcuni pensieri). Mi commuove il suo affetto e il dolore che ha potuto sentito al pensiero di “quegli ovetti e di quegli embrioncini che se ne stavano soli”, senza di lei. E ora si pone il quesito se riprovarci. Questa sicuramente sarà una scelta sua – e vostra. Che io, e chiunque altro, non potremo che rispettare. Ma, dato che lei ha voluto condividere questa vostra esperienza, mi permetto di proporre a lei e ai nostri lettori qualche riflessione.

 

Volere un figlio. Quale ne è il senso? Proprio poche settimane fa c’eravamo detti qualche pensiero. Che ora riprendiamo.

Il primo. Avere un figlio non è un diritto. Di nessuno. Nessuno di noi può reclamare il diritto ad avere un figlio. Nessuna istituzione, cioè, pubblica o privata, civile o religiosa, ha il dovere di metterci nelle condizioni di avere dei figli. Quindi, e questo è il secondo pensiero, avere un figlio può essere un bisogno. Oppure un desiderio.

 

Proviamo a spiegarci. Cos’è un bisogno? È la mancanza di qualcosa di cui non possiamo fare a meno. Al punto che, non potendone disporre, ci sentiamo a rischio di vita. Mangiare è un bisogno. Dormire è un bisogno. E avere un figlio? “Sa, noi senza figli ci sentiamo soli. Che senso ha la nostra vita? Che famiglia siamo?” ecc. ecc. Quando pensieri di questo genere dovessero abitare la mente di una coppia o di una persona, dovremmo essere molto vigili con noi stessi. Non possiamo chiedere a un figlio di dare senso alla nostra vita. La ragione per vivere possiamo trovarla soltanto dentro di noi. La stesse relazioni affettive possono accrescerla, potenziarla, ma non potranno mai ‘riempire’ il vuoto di senso e di significato che dovessimo sentire di fronte alla vita.

 

Il pensiero di un figlio, però, può essere anche espressione di un desiderio. Il desiderio, a differenza del bisogno, è una spinta a fare qualcosa per l’altro. Desiderare un figlio significa entrare nel progetto della Vita. Significa mettersi a disposizione perché il fluire della vita possa fare il suo percorso. E il bambino che entrerà nella nostra ‘casa’ vi troverà un posto buono per lui, per vivere il suo progetto: crescere, maturare, allenarsi, per poi procedere per la sua strada.

Un figlio cui dovessimo chiedere di ‘riempire’ un nostro vuoto sarebbe un figlio infelice. Un figlio prigioniero di bisogni che non sono suoi. Prigioniero di un vuoto, il nostro, che lui sentirà di dover riempire con la sua presenza. A lui continueremo a chiedere di ‘non lasciarci’, perché noi senza di lui non sapremmo che fare. Più ancora, non sapremmo chi siamo e che senso ha vivere la nostra vita.

 

Vede, Maria, io ho un grosso dubbio. Che l’esasperata ricerca di un figlio, che oggi molti rincorrono anche attraverso le pratiche di fecondazione assistita – al di là di quella che può essere una valutazione etica circa queste pratiche –, sia più la ricerca di un figlio per noi (= un bisogno) piuttosto che il progetto di aprire la nostra casa ad una vita che viene (= un desiderio).