10 nov 2013
Ancora un richiamo per le nostre coscienze addormentate
Ci vuole il morto?
Una volta si diceva che per far aggiustare una strada malmessa o illuminare meglio un incrocio pericoloso ci voleva il morto. Bene. Un altro morto è arrivato. Simone, 21 anni, studente di medicina. ‘Suicidato’ dai nostri pregiudizi sull’omosessualità (= omoaffettività). Due mesi fa un ragazzino di 14 anni aveva deciso di chiudere con questa vita perché rifiutato e deriso dai suoi compagni. Per la stessa ragione. Ne parlammo anche noi, a settembre. Ricordate?
Pregiudizi falsi e meschini continuano ad alimentare i nostri pensieri. E i nostri atteggiamenti. Convinti, noi maggioranza, che noi siamo la normalità, quelli che stanno dalla parte giusta. I sani. Gli altri, quelli che sono minoranza, quelli che dalla medesima natura – che è madre di tutti – sono spinti verso la ricerca di un compagno del loro stesso genere, i malati. I devianti. Nel migliore dei casi, da comprendere. O, forse meglio, da compatire. Per la stragrande maggioranza, da emarginare o, tutt’al più, da curare.
Questo è l’atteggiamento prevalente fra noi italiani. E questo, temo, è anche l’atteggiamento prevalente fra noi cristiani.
Molte volte usiamo la parola ‘società’ così come usiamo la parola ‘chiesa’. E attribuiamo, sia all’una sia all’altra, la responsabilità di tanti pregiudizi. Lo so che è difficile cambiare il nostro linguaggio, ma non possiamo non dirci che quella che chiamiamo società è fatta da ciascuno di noi come cittadini, con i nostri pensieri e i nostri valori. Così come quella che chiamiamo chiesa è fatta da ogni persona che si riconosce nell’essere cristiano. Discepolo di quel Maestro che, molto decisamente, insegnava a guardare la trave nel proprio occhio prima di voler togliere una pagliuzza in quello dell’altro. E autorizzava a “scagliare la prima pietra” solo chi fosse “senza peccato”. Cioè senza limiti e senza contraddizioni. Io credo che anche come cristiani abbiamo il dovere di aprire gli occhi di fronte al dramma che vivono le persone omo-affettive. Lo stesso Francesco, attuale primo Vescovo della Chiesa, ci stimola in questa direzione. «Una volta una persona, in maniera provocatoria, mi chiese se approvavo l’omosessualità – dice in una sua intervista –. Io allora le risposi con un’altra domanda: “Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?”. Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione».
Mi chiedo allora perché ancora tanta resistenza al pensiero di fare una legge che riconosca anche agli omosessuali il diritto a vivere una relazione d’amore in una coppia civilmente riconosciuta e regolamentata. Non temiamo di farci questa domanda: ragionare e riflettere sulle cose è il più grande dono che la vita fa agli esseri umani.
Due cose mi colpiscono.
La prima: la preoccupazione, da parte di certi cattolici spaventati di fronte al vento dello Spirito che Francesco sta veicolando, di dire subito che in fondo quanto lui dice l’hanno già detto prima di lui i suoi predecessori. Quasi a voler ri-aggiustare certe sue aperture che portano ossigeno alla nostra anima. Ma se davvero è così, meglio pure! Com’è, allora, che continuiamo ad essere tanto chiusi, così incapaci di vedere che davanti abbiamo una persona omosessuale? Una persona, cioè, che proprio dalla medesima natura che spinge la maggioranza di noi a cercare un compagno di vita in una persona dell’altro genere, da quella stessa natura riceve l’impulso e il desiderio a cercare il proprio compagno di vita in una persona del suo stesso genere? Com’è che continuiamo a guardare l’omosessualità, e non siamo capaci di vedere che c’è una persona che vive con quest’orientamento affettivo-sessuale?
Dice Francesco: “Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?”. Non vorrei che ci sfuggissero queste parole: Dio ne approva l’esistenza con affetto...
L’altra cosa, che pure mi colpisce, è l’insistenza – direi meglio l’ossessione – con cui certi partiti continuano a opporsi al riconoscimento delle coppie omoaffettive, convinti che così facendo si assicurano i voti dei ben pensanti. Che loro continuano a chiamare cattolici.
Ma i politici, lo sappiamo bene, nella quasi totalità al primo posto non sanno mettere altro che il numero dei voti che possono raccattare. Costi quel che costi. Ma noi cittadini no. Meno ancora noi cristiani. Non possiamo continuare a coltivare certi pregiudizi che annientano le persone. Che ci impediscono di vederle nella loro umanità.
Aiutatemi a non pensare più che per cambiare le cose… ci vuole il morto! Ne abbiamo avuti troppi.