10 feb 2013
Cina e Tibet festeggiano il capodanno
Due capodanni. Vicini e molto lontani
Due popoli festeggiano questi giorni il loro Capodanno. Due popoli vittime entrambi di una politica di sopruso e di totale assenza di rispetto dei diritti umani. Sono il popolo cinese e il popolo tibetano. Tra sabato 10 e domenica 11 inizia il nuovo anno nel calendario cinese, l’anno del serpente. Lo stesso giorno si festeggia il capodanno tibetano. È il secondo novilunio dopo il solstizio d’inverno. Il risveglio della natura.
Due popoli, dicevo, entrambi oppressi. Anche se la loro è un’oppressione assai diversa. Perché l’uno, quello cinese, è il popolo che ha invaso e conquistato con la prepotenza delle armi il territorio e la nazione tibetana. L’altro, il popolo del Tibet, vive da oltre cinquant’anni sotto il dominio dell’esercito e della polizia cinesi. E se è giusto che entrambi questi popoli ricevano attenzione e condivisione, non possiamo dimenticare, però, le differenze e le responsabilità.
La Nazione cinese è guidata da un Governo che ignora i più elementari diritti umani. Censura e violenza sono le sue carte vincenti. Nessuna libertà di pensiero, perfino Internet è sotto controllo. Alle famiglie è ancora proibito decidere in autonomia quanti figli possono mettere al mondo. La donna è discriminata fin dal concepimento: quando l’ecografia parla dell’attesa di una bambina, la strada maestra è l’aborto. La pena di morte è un’altra tra le strade molto frequentate. Accanto alle prigioni e ai campi di rieducazione. La parola democrazia (= governo del popolo sovrano) è cancellata dal vocabolario politico, nonostante l’autodefinizione di Repubblica Popolare Cinese.
Oggi, con una classe dirigente che guida una politica economica che la arricchisce sempre di più, il Governo cinese gode del silenzio del resto del mondo. Un mondo terrorizzato dal suo strapotere economico. Un mondo incapace di far sentire una voce critica di fronte al mancato rispetto dei diritti umani. Perfino le grandi Religioni tacciono. Con la paura dei ricatti che un Governo così potente (economicamente potente) sarebbe in grado di mettere in atto contro chiunque.
E la Nazione tibetana? Dal 1959 il Tibet è occupato dalla Cina. Sono cinquantaquattro anni che le Guardie Rosse hanno invaso e distrutto il territorio tibetano. Invaso e violentato la cultura e la spiritualità di questo grande e antico popolo. Un popolo grande, non numeroso, che nel tempo ha saputo scoprire in quella vicinanza al cielo che le sue alte montagne gli regalano, la vicinanza ad un Cielo che è oltre. Il cielo dello spirito. Un popolo che ha saputo dar vita ad una religiosità unica, fatta di silenzio e di ascolto verso le profondità dell’anima.
Ma di fronte al silenzio dello spirito, il rumore delle armi ha preso il sopravvento. Un’invasione militare – ignorata dal mondo intero – e un’invasione ancora più sottile, apparentemente non violenta, che giorno dopo giorno continua a distruggerne le radici: il territorio tibetano è ‘colonizzato’ dai cinesi che vi si trasferiscono. Incoraggiati in questo esodo dalla politica centrale.
E il resto del mondo? Il resto del mondo è preso dai propri problemi. Certo, oggi la nostra attenzione è catturata dalla crisi economica. Una crisi che ci costringe a ri-guardare il nostro stile di vita. E a vedere che quello strano benessere cui credevamo di avere diritto perché ce l’eravamo costruito con le nostre forze, in realtà non era che il risultato di una politica egoistica, centrata su noi stessi, costruita sulle spalle di popolazioni che abbiamo costantemente derubato – e con tutto questo ci stiamo facendo i nostri conti…
Ma è proprio vero che è l’attuale crisi che ci impedisce di assumerci le nostre responsabilità di fronte all’oppressione di un popolo (anzi, due) e alla distruzione di una Nazione?
No. Diciamocelo. È che anche noi, in fondo, condividiamo una politica (= filosofia di vita) piuttosto simile a quella del Governo e della classe dirigente cinese: se stiamo bene noi (economicamente, s’intende), stanno bene tutti. Cosa vuoi che siano quelle ‘cose’ che chiamiamo libertà, giustizia, rispetto del pensiero e della vita altrui? La spiritualità poi… Mica si mangia!
Noi oggi auguriamo BUON ANNO al popolo cinese e al popolo tibetano. È l’anno del serpente. Nel mito biblico il serpente era il più accorto tra tutti gli esseri viventi. A noi possiamo augurare che questo strano animale ci aiuti a riscoprire la nostra ‘accortezza’: la capacità di ragionare con la nostra testa. Allora sì che sarebbe un BUON ANNO. Anche per noi.