VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

3 nov 2013

Il vero amore?

Ricordate la lettera di Maria, che abbiamo letto due settimane fa? Lei terminava così: «Penso che il vero Amore sia profondamente libero e che non chiede nulla se non di realizzarsi». È quella A maiuscola con cui lei scrive la parola Amore che oggi vorrei guardare con voi. Perché a me sembra di cogliervi quel desiderio profondo, irrinunciabile e nello stesso tempo inappagato, che abita il cuore degli uomini. Il desiderio della pienezza. Della pienezza d’Amore. Che potremmo anche chiamare desiderio di Infinito.

Perché sembra aver origine qui la nostra sofferenza: da una parte il desiderio dell’infinito, della totalità, dall’altra l’esperienza di un amore che viviamo con tutta la sua finitezza. Di un amore che è incrocio di luci e di ombre, di gioie e di dolori, di piacere e di fatica. Immagine offuscata, quasi ombra della pienezza desiderata.

Finito e Infinito. Parole contrapposte? O complementari?

Da una parte il desiderio dell’infinito. Dall’altra l’esperienza, che ci accompagna giorno dopo giorno, del finito. Del limite. L’infinito non ha limiti: né di spazio né di tempo. Non di energia né d’intensità. Se parliamo dell’universo, oggi diciamo che esso tende ad espandersi verso l’infinito, cioè in uno spazio-tempo che la nostra mente non sa misurare. Tuttavia non è neanche di questo infinito che noi coltiviamo il desiderio.

 

Le religioni dànno un nome impegnativo a questo desiderio: lo chiamano Dio. In lui vedono l’origine della vita e quella pienezza d’Amore verso la quale tendiamo. Ma non è facile per noi coglierla questa pienezza. Nomi diversi, infatti, le diamo: Jahwè, Allah, Buddha o Krishna sono soltanto alcuni dei tanti nomi con cui l’umanità cerca di ‘definire’ la radice del mondo. Il suo creatore. La pienezza della Vita.

Gesù di Nazareth non ha mai dato un nome al suo Dio. Lo chiama semplicemente Padre. Uno il cui Amore è in-finito. Amore di cui l’esperienza umana è ancora ombra e immagine. Proprio come quello di un padre-madre per i suoi figli. O quello di due innamorati che, mano nella mano, si affidano l’uno all’altro per condividere la vita.

 

Ma come incontrare l’in-finito nell’Amore, noi che siamo immersi nella dimensione del limite? Non rischia di essere come chiederci di comprendere e di parlare una lingua che non abbiamo mai ascoltato, né mai potuto studiare?

È l’esperienza dell’amore ‘umano’ la strada sulla quale passare per arrivare alla meta.

È quell’amor che al cor gentil ratto s’apprende e che fa vibrare il cuore quando incontriamo la persona che sa entrare nella nostra anima, che diventa realizzazione del nostro progetto di vita e, nello stesso tempo, strada maestra per raggiungere quella pienezza che il cuore desidera.

 

Ma l’amore che oggi possiamo vivere è solo la strada. Per questo esso è anche “fatica, sacrificio, compromesso, pressione, pesantezza, noia”, come scrive Maria. Senza dimenticare, però, che esso è anche piacere di stare insieme, di trovare una mano da tenere, delle braccia che incrociano le nostre braccia. Un’intimità che riscalda il cuore, un progetto da costruire e da condividere tra due persone che provano a dialogare e a camminare insieme. Anima e corpo.

E quando le vicende della vita portano tensioni e problemi, e tendono ad allontanarci da colui/colei che condivide la nostra casa, proviamo a ricordare che abbiamo bisogno di ricordare. Ricordare quali sogni, che abitavano la nostra mente e che sentivamo di poter trasformare in progetti, ci hanno fatto incontrare.

 

Ricordare è una parola importante. Fondamentale. L’uomo senza memoria è un uomo perduto, uno che non sa più neanche chi sia. Ricorda! è la parola con cui gli ebrei iniziano la loro preghiera (Shemà in ebraico). Ricorda! è l’invito che il Dio della Bibbia fa al suo popolo, perché un popolo che perde il ricordo delle sue radici è un popolo perduto. Un popolo che, non avendo un passato, non può avere neanche un futuro. Né un presente. È un popolo che non esiste.

Così è per noi, per le nostre relazioni. Per i nostri amori. Con il loro limite e la loro finitezza.

 

Cara Maria, credo che ora anche voi avete bisogno di ricordare. Per ritrovarvi, voi due. E per ritrovarsi, ciascuno di voi.

Il «vero Amore, quello profondamente libero, che non richiede nulla se non di realizzarsi»  come lei scrive – è la nostra meta, il nostro ‘destino’. Ma non possiamo dimenticare che adesso siamo ancora per strada. In cammino. Il limite e la finitezza delle nostre esperienze d’amore ce lo ricordano giorno dopo giorno.

(2. fine)