VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

16 giu 2013

Nella società delle apparenze

La monaca e la prostituta

Ti può accadere di star seduto alla finestra e di guardare i passanti. E mentre li guardi, ti può capitare di vedere una monaca che avanza alla tua destra, e una prostituta alla tua sinistra. E nella tua innocenza potresti dire: “Quant’è nobile la prima e quant’è ignobile la seconda”. Ma se tu chiudessi gli occhi e ascoltassi un po’, sentiresti una voce che sussurra: “Una mi cerca nella preghiera, e l’altra nel dolore. E nell’anima di ognuna c’è una dimora per il mio Spirito” (K. Gibran).

I poeti, si sa, hanno bisogno di poche parole per rappresentare l’animo umano. E qui Gibran fa una foto che ci coglie piuttosto fedelmente. Una fedeltà, però, che non ci piace. Perché ne usciamo con tutta la nostra superficialità. Pronti a giudicare dalle apparenze e a ragionare per schemi mentali. Rigidi e assoluti.

Per noi, tanto spesso – troppo, in verità – esistono solo il bianco e il nero. Non sfumature di grigio, non colori che si differenziano. E in questa rigida separazione noi, ovviamente, siamo dalla parte del bianco; gli altri, i diversi da noi, sono il nero. Noi siamo i puliti, quelli per bene; gli altri quelli che si dovrebbero vergognare di ciò che fanno e di come vivono.

La scuola, la politica, la religione, la società: tutte le aree ne sono inquinate. La settimana scorsa ci dicevamo del nostro atteggiamento con i bambini, cogliendo come anche con loro siamo dentro un pensiero di separazione: ci sono i nostri figli, e ci sono quelli degli altri. Se oggi proviamo ad allargare il nostro sguardo, vedremo come facilmente i nostri occhi continuano a collocare la monaca da una parte e la prostituta dall’altra. Senza vie di comunicazione, senza possibilità di contatto. Perché anche solo il pensiero di un contatto verrebbe a inquinare il nostro monacale abito bianco.

 

Così dividiamo il mondo: noi, gli italiani, gli europei, cittadini civili e rispettosi gli uni degli altri, da una parte; loro, quelli nati in un altro paese e cresciuti in un’altra cultura, dall’altra. Extra-comunitari li chiamiamo. Cittadini che provengono da paesi che non fanno parte dell’Unione Europea – questo è il significato della parola. Ma non sembra anche a voi che in realtà gliene attribuiamo uno più subdolo e con questo continuiamo ad usarla? Extra-comunitari viene ad indicare coloro che sono fuori dalla nostra comunità. Meglio ancora, coloro che devono essere, e restare, fuori dalla nostra società ‘civile’. Esseri umani respinti alle frontiere e rigettati in mare non è roba che facevano i Vichinghi o gli Unni di Attila. Sono cosine che abbiamo fatto noi civili italiani del Duemila. Naturalmente nel pieno rispetto delle nostre civili leggi. Ma noi siamo la monaca. Nobile. Loro la prostituta. Quindi ignobile.

 

Bambini e ragazzi isolati a scuola perché disabili – pardon, diversamente abili: così bisogna dire, se no manchiamo loro di rispetto. Con le parole siamo bravi. E rispettosi. Ma com’è che nella pratica siamo sempre più sordi ai loro bisogni? Il personale specializzato è sempre più ridotto – sai, c’è la crisi economica! Certo, c’è la crisi economica. Ma non capisco perché i primi a farne le spese sono sempre loro, i disabili, i malati di mente, gli invalidi, i vecchi, perfino i bambini (= i neri) e noi, i bianchi (= quelli che producono, che guadagnano, che spendono) arriviamo sempre un po’ dopo a pagare. Ma anche qui, attenzione: non possiamo con-fondere la nobile monaca (= noi) con l’ignobile prostituta (= gli altri)!

 

Il mondo della politica? Forse è meglio lasciar perdere. Noi – destra o sinistra o centro, ciascuno si collochi dalla sua parte – siamo quelli che hanno ragione. I giusti, i puri, quelli con le mani pulite. Gli altri, quelli dell’altra parte, che schifo, non ne azzeccano una. Pieni di pregiudizi, hanno sempre il doppio fine, cercano sempre di fregarti. Prove di dialogo? Ma come si fa a con-fondere i bianchi con i neri? La nobile monaca con l’ignobile prostituta?

 

E, in ultimo, noi Chiesa. Quanta rigidità, certe volte! E allora collochiamo da una parte quelli che sono dentro le regole, le tradizioni, i codici, e dall’altra quelli che ne escono. Quindi separiamo: abbiamo le famiglie ‘sane’ e i divorziati; abbiamo quelli ‘regolarmente’ sposati e i conviventi; gli eterosessuali e i gay. Quelli del nostro gruppo e… gli altri.

 

Le parole dello Spirito di Gibran non mi sembrano lontane da parole che pure conosciamo molto bene: “I peccatori e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio” (Matteo 21,31). Sarà il caso di ri-ascoltarle e di prenderle un po’ più sul serio?