9 mar 2014
Ci vediamo venerdì 14 marzo
Dalla costola di Adamo… (2)
Ancora qualche pensiero che ci guidi nell’incontro di venerdì 14. Dicevamo la settimana scorsa che avremmo cercato di leggere il mito biblico delle origini dell’uomo e della donna, facendoci guidare dalla psicologia.
Ma si può fare un’operazione del genere? La Bibbia non è la Parola di Dio per i cristiani? Cosa c’entra la psicologia? Non sarà che adesso vogliamo ridurre tutto a questioni psicologiche? Già fiumi d’intellettuali leggono il Vangelo ‘riducendolo’ a un testo di saggezza, di pura sapienza umana. E vedono in Gesù di Nazareth un grande maestro. Nulla più. Vogliamo anche noi fare un’operazione del genere?
Domande più che giuste. Legittime. Soprattutto se poste da chi legge e ascolta il testo biblico come un testo ‘ispirato’ da Dio. Come un testo che contiene la parola di Dio – ho scritto ‘contiene’ perché la Parola di Dio (= il messaggio che Egli desidera far arrivare alle sue creature) ha bisogno di essere ricercata nel testo. Scoperta. Depurata da quei limiti che ogni testo scritto inevitabilmente presenta.
Per provare a rispondere, facciamo due considerazioni.
La prima di carattere più generale.
Ogni testo scritto nasce all’interno di una data cultura e in una determinata epoca storica. Quindi la Bibbia, il Corano, i Veda, tutti quei libri che i credenti considerano ‘sacri’, sono anche un’espressione culturale. Dire questo non significa togliere valore al testo: significa invece provare a coglierne anche la dimensione umana, accanto a quella sacra che il credente vi legge. Diventa importante, quindi, avvicinare ogni scritto cercando di collocarlo nel contesto storico culturale in cui esso nasce, conoscerne la lingua in cui ha origine. E, non ultimo, comprenderne il genere letterario che lo caratterizza: un testo poetico, un libro di storia, una raccolta di discorsi o di racconti, certamente non possono essere letti con gli stessi ‘occhiali’.
Le chiese poi, attraverso i teologi, gli esegeti, le indicazioni delle guide religiose e l’ascolto personale di ogni credente, incontrano il testo per cogliervi il messaggio che Dio intende trasmettere alle sue creature. Attraverso questa ricerca e quest’ascolto, il testo sacro diventa così fonte e guida per la fede delle comunità.
La seconda considerazione riguarda più particolarmente questo nostro incontro.
Noi proviamo ad andare dentro un racconto cercando di coglierlo nella sua pura dimensione umana, culturale. Ci chiediamo, cioè, che cosa avranno voluto trasmetterci quegli uomini e quelle donne che hanno elaborato un simile racconto. A quali domande essi cercavano una risposta. E quali risposte hanno provato a costruire.
Dopo il titolo «DALLA COSTOLA DI ADAMO…» noi abbiamo scritto: «Il mito biblico alla luce della psicologia».
Cos’è un mito? I miti (dal greco mýthos, racconto) sono dei racconti che una civiltà costruisce nel tempo. La loro origine in genere si perde e rimane difficile stabilirne la data di nascita. Il mito è uno dei generi letterari di cui parlavo sopra. Oggi per noi una storia, un romanzo, un racconto hanno una data di pubblicazione precisa, un autore preciso, un luogo chiaro in cui nascono. Non era così nel passato. Meno ancora lo è per quei racconti particolari che chiamiamo miti. Allora sono favole? No. Non sono favole. Sono dei racconti che nascono per rispondere a interrogativi importanti che accompagnano l’umanità. Nel nostro caso la domanda alla quale il racconto cerca di rispondere è una domanda per noi fondante: qual è l’origine dell’umanità? In che relazione sono fin dalle origini l’uomo e la donna?
Con un’immagine a noi più familiare, potremmo dire che i miti sono come dei sogni. Che l’umanità, in epoche e luoghi geografici diversi, pian piano costruisce. I miei sogni sono io a costruirli durante la notte. I vostri siete voi a farli. I sogni di ciascuno appartengono a chi li fa: ciascuno di noi ne è autore, regista, personaggio e personaggi. E ormai tutti sappiamo che attraverso i sogni ciascuno di noi dà voce (e ascolta) a parti di sé che nella consapevolezza della veglia non saprebbe ascoltare.
I sogni dell’umanità, di una cultura, di un’epoca storica, appartengono all’umanità intera.
Ecco perché l’operazione che noi facciamo, leggendo alla luce della psicologia il mito biblico dell’origine dell’uomo e della donna, diventa un’operazione legittima. Noi andiamo a cercare il senso, i significati che quella parte dell’umanità che gli ha dato origine, vuole esprimere attraverso quel determinato racconto (= mito).
E accompagnati dal sogno delle donne e degli uomini di epoche storiche a noi lontane, andiamo anche noi alla ricerca delle nostre origini.
(2. fine)