VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

30 nov 2014

Ho incontrato la speranza

Giovedì scorso, 20 novembre, era la Giornata internazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Venticinque anni fa l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia. Ratificata due anni dopo anche dall’Italia.

Con la mia collaboratrice siamo stati invitati a partecipare a una bellissima iniziativa promossa in alcune scuole primarie di Macerata: bambini, genitori e insegnanti si sono fermati ad Ascoltare la Speranza.

 

Ricordate Pandora? Il fuoco è energia potente che appartiene agli dèi. Ma Prometeo ruba una brace dall’Olimpo e la porta agli uomini, perché ne facciano buon uso. Allora Zeus, il padre degli dèi, geloso e invidioso degli uomini, fa costruire la prima donna, Pandora, e la invia loro come un suo dono.

Ma se gli uomini sanno essere cattivi, gli dèi sicuramente sanno esserlo di più. Così questo super-dono (Pandora significa Tutti i doni: pàn, tutto + dòron, dono) viene confezionato con una cura molto speciale. È una donna bellissima e Zeus è sicuro che gli uomini – fino a questo momento esistono solo i maschi – non sapranno resisterle. E nell’inviarla sulla terra le dà in dote uno scrigno pieno di doni. La dote degli dèi. Una volta arrivata, Pandora lo apre. Ma da questo vaso uno dopo l’altro escono tutti i mali con cui l’umanità d’ora in poi dovrà fare i conti: malattie, vecchiaia, miserie, disgrazie, guerre. Appena si accorge del male che sta uscendo, lei si affretta a chiudere, ma ormai il danno è fatto. Gli dèi, gelosi degli uomini, hanno avuto così la loro soddisfazione.

Ma... Ma non è tutto finito. Non sappiamo perché, forse perché anche in loro c’è qualche senso di colpa, o forse perché anche nel cuore degli dèi abita un briciolo di bontà, in fondo allo scrigno avevano depositato un’energia positiva. Una grande energia. Solo che, nella fretta di chiudere, Pandora non se ne accorge e questa vi rimane imprigionata: è la Speranza.

 

Come ritrovarla, ora? Come permetterle di uscire e di camminare per le strade del mondo? Di portare la sua luce in una situazione di tanto malessere?

 

Scrive Maria Montessori: «Il bambino è insieme una promessa e una speranza per l’umanità». E Gesù di Nazareth: «Chi non accoglie il Regno di Dio come l’accoglie un bambino, non entrerà in esso» (Luca 18,17). Ecco chi ci aiuta a ritrovare la speranza: i bambini. I bambini sono i nostri maestri.

 

Ascoltiamo qualche voce.

La speranza non è vincere: è sperare di saper fare qualcosa che abbiamo nel cuore. Sperare è essere fiduciosi in se stessi (Sofia). Per me la speranza è... non arrendersi mai, non gettare la spugna. La speranza è come il cervello: non si dovrebbe spegnere mai! (Matteo). Per me la speranza è come un amico: se ti è vicino, ti senti bene (Francesco). La speranza è... credere nei propri sogni e non abbandonare mai la voglia di vivere (Francesca). La speranza è avere un obiettivo, dare il meglio per raggiungerlo e non darsi mai per vinti (Nicola). Per me la speranza è come un fuoco ardente che brucia nel mondo e non molla mai, per nessun motivo (Luca). La speranza è cogliere ogni possibilità che la vita ci offre e non rinunciare alle cose che non riesci a fare, ma continuare fino al successo (Giulia). La speranza è fiducia nelle proprie capacità (Lucia). La speranza è una cosa bellissima, perché spiega che non bisogna abbattersi. Avere fiducia in se stessi. È sognare, è credere che avrai quello che desideri. La speranza è la cosa più bella che c’è (Costanza). La speranza è la nostra via di salvezza da ogni male del mondo. Sperare è un bene per quando abbiamo un dolore o un rancore: è bellissima, è la nostra fiducia che non si deve spegnere (Eleonora).

 

Scrive un’insegnante, dopo aver partecipato ad alcuni incontri, insieme ai suoi colleghi, chiedendosi cosa significasse per lei (per loro) parlare di speranza: «Caro bambino curioso, tante volte in questi anni mi hai guardato negli occhi sperando d’incontrare i miei. Tante volte, non avendo il coraggio, ho distolto lo sguardo. Forse avevo paura della tua forza e della mia debolezza. Ora sto capendo che basta certe volte tendere la mano per dare un po’ di speranza... Mi sento pronta ad ascoltare, come ho fatto con i grandi in questi pomeriggi passati insieme. Mi sembrava difficile, ma ho scoperto che in fondo non lo è: basta mettersi in gioco, e tu in questo sei proprio bravo». E un’altra: «Sai, non è semplice trovare qualcuno che ti ascolti, e quando capita ti fa sentire importante, capisci che anche tu vali».

 

Mille altre voci abbiamo ascoltato, di bambini, di insegnanti e di genitori che provavano a parlarsi e ascoltarsi. Questa è la speranza.

Non è un caso che nella tradizione cristiana la Speranza sia considerata come una forza (virtù) che tiene unite le creature con il Creatore. I figli con il Padre-e-Madre di tutti. È la forza che ci tiene uniti alla Vita.