15 giu 2014
5 giugno. Giornata mondiale dell'ambiente
I fratelli alti che stanno fermi
Giovedì scorso, il 5 giugno, abbiamo celebrato una festa. Una grande festa: la Giornata Mondiale dell'Ambiente. È nata nel 1972 su iniziativa delle Nazioni Unite. Non vorrei che ci fosse sfuggita, presi come siamo dai problemi di un’economia in crisi e di un mondo del lavoro che offre sempre meno opportunità. Poi, tanto per alleggerirci l’animo, ci si è aggiunto lo spettacolo di provata disonestà che alcuni nostri politici, in buona compagnia con navigati imprenditori, ci stanno offrendo tra l’Expo e il Mose. Mi chiedo tante volte cosa vorranno farci con tutto quello che rubano. Ma quanto pensano di vivere? Scriveva un tale, oltre duemila anni fa: «Sono giunto al punto di disperare in cuor mio per tutta la fatica che avevo sostenuto sotto il sole: perché chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. E chi sa se questi sarà saggio o stolto» (Qoelet 2, 19-20). Parole al vento per chi si crede… immortale? Magari pensano che riusciranno a corrompere anche la morte. Per una vita infinita. Se non dovessimo pagare noi per la loro disonestà, direi che varrebbe proprio la pena lasciarli nella loro miseria. Mentale e spirituale. E nella loro illusione.
Non è un inquinamento da poco quello che questi signori stanno producendo: è il nostro ambiente umano a risultarne corrotto. Ma oggi è ad un altro ambiente che dovremmo guardare. Quello in cui il genere umano è inserito e di cui è parte integrante. L’Ambiente che chiamiamo Natura.
Un mio amico qualche anno fa con i suoi venti ettari di terra è voluto entrare nella coltura biologica. Ben tre anni di tempo ci sono voluti perché il suo terreno fosse pulito. Disintossicato dai tanti veleni che nel tempo aveva dovuto ingerire. E non è neanche uno di quei territori che hanno ricevuto materiali particolarmente pericolosi. No. Addirittura è inserito in uno dei nostri parchi. Semplicemente era un terreno che aveva ricevuto per tanti anni i trattamenti normali: concimi chimici, anticrittogamici, diserbanti. Come tutti i nostri terreni normali. Ed è da questi terreni normali che viene il nostro cibo, quello con cui nutriamo il nostro corpo. E quello dei nostri figli.
Che strano, però. Ci siamo costruiti un pensiero ‘originale’ e gli abbiamo affidato la nostra vita. Potremmo dirlo così: noi siamo una cosa, la natura un’altra. Per il nostro tornaconto possiamo sfruttare in ogni modo il mondo che ci circonda. Come se la salute della terra e la salute nostra non camminassero sullo stesso sentiero. E non si alimentassero a vicenda. Nella buona e nella cattiva sorte.
Sosteneva Ippocrate, il padre della medicina, già duemila400 anni fa, che il cibo è la nostra medicina. Ma noi, trascurando completamente la qualità di ciò che mangiamo, abbiamo investito la nostra fiducia quasi esclusivamente nei prodotti che ci propina l’industria farmaceutica. Salvo poi dover assumere altri farmaci per disintossicarci dai tanti che abbiamo precedentemente ingerito. Proprio come per la terra. Trattiamo noi stessi come trattiamo il terreno sul quale nasce e cresce il nostro cibo quotidiano.
Sapevate che per ‘produrre’ un solo kg di manzo (= la carne che mangiamo) consumiamo 15.500 litri di acqua? Che ogni minuto che passa, sul nostro pianeta 23 ettari di terreno fertile e coltivabile diventano deserto? Che ogni anno nel mondo si perdono 13 milioni di ettari di foreste? Che l'aumento della temperatura globale sta provocando lo scioglimento dei ghiacciai e il conseguente innalzamento del livello dei mari?
Lo sapevamo, certo. Ma forse ascoltiamo questi dati come se non ci riguardassero. E non riguardassero i nostri figli. Ogni tanto ci farebbe bene ricordare che il mondo che abbiamo non ce l’hanno lasciato in eredità i nostri padri: ce l'hanno dato in prestito i nostri figli. Che uso ne stiamo facendo? Come lo restituiremo ai legittimi proprietari?
Un vecchio pellerossa, Cuore d’Orso, racconta che sua madre, quand’era bambino, lo mise con i piedini sulla terra facendo questa preghiera: “Cara madre e nonna Terra, un giorno questo bambino camminerà, giocherà e correrà su di te. Ogni giorno cercherò d’insegnargli ad avere rispetto per te. Ovunque andrà, ti prego, prenditi cura di lui”. E una preghiera simile fece al sole, al vento, all’acqua e al fuoco. «… Così il nostro popolo ha imparato a riconoscere la Vita in ogni cosa che lo circonda. Ogni ago di un albero, ogni foglia lavora per rendere respirabile l’atmosfera per noi. Gli alberi sono i nostri parenti. Noi li chiamiamo i fratelli alti che stanno fermi».
* Vi invitiamo a leggere Immersi nel paradiso e gli altri pezzi lì indicati