22 giu 2014
Nel dialogo è la vita
Grandi temi di attualità che coinvolgono la vita delle nostre famiglie ci vengono proposti dagli organismi della nostra democrazia: divorzio breve, fecondazione eterologa, riconoscimento dei diritti delle minoranze. Ma oggi vorrei lasciarli riposare. Anche per dare a questa nostra pagina il tempo per ascoltarli e lasciarli ascoltare. In modo da farsi un po’ le ossa e poterli sostenere, dal momento che certe volte lei stessa mi ha detto che suscita paura. Paura, forse, di veder scuotere certezze. Arrugginite e invecchiate nel tempo. Ma comunque ‘certezze’. Perché ciò che più spaventa un cuore trepido è la forza del vento che soffia dove e quando vuole: proprio come quello Spirito che, fin dalle origini del mondo, alitava sulla distesa infinita delle acque (Cfr. Genesi 1).
Figli costruiti in laboratorio, ricercati più per la soddisfazione personale e per riempire vuoti che non potranno mai riempire. Amori sfumati perché non radicati nel cuore, ma solo sulla pelle bruciacchiata dal sole perché staccata dall’anima. Accanto ad altri amori di cui non si può dire perché metterebbero in discussione le certezze dei monopolisti della verità. Temi caldi. Pericolosi. Soprattutto per chi non può reggere una domanda nuova. Incapace di rendersi conto che il panico che il nuovo gli sollecita altro non è che segno d’insicurezza. Di povertà d’animo. Di mancanza di fiducia – che possiamo chiamare anche fede – nell’uomo. Che è immagine e segno della presenza del divino nel mondo.
Ma ciò che fa ancora più tristezza è leggere e ascoltare di polemiche fatue, vuote di significati. Prive di qualsiasi proposizione costruttiva. Polemiche che non offrono valori da ascoltare, pensieri che servano a costruire dialogo e confronto. Tra persone civili. Tra cittadini di un Paese che si sta cercando, confuso com’è tra scandali e personalismi esasperati. Più tristezza ancora, poi, il vedere che perfino la religione viene usata come arma di lotta e di potere. Come strumento per giustificare le paure di un cambiamento, l’angoscia di chi non sa sedere intorno ad un tavolo. Alla pari. Ascoltando e proponendo.
Ci scandalizziamo, e ci preoccupiamo, nel vedere quanto sta avvenendo nel Medio Oriente: gruppi etnici che impongono con le armi presunti valori religiosi. Sunniti e Sciiti, figli dello stesso Islam, nella presunzione di possedere tutta la verità si sentono in dovere di negare perfino il diritto alla vita a chi sostiene e coltiva pensieri e tradizioni diverse. Anche nel nostro mondo cristiano ci siamo aggrediti e uccisi in nome di un Vangelo costruito e letto secondo i comodi e gli interessi dei gruppi al potere. Abbiamo costruito roghi, organizzato crociate, imbracciato armi. Guidati da quel medesimo e ripetitivo Gott mit uns (= Dio è con noi) – coniugato in tante lingue – che ancora ci fa scandalo al solo pensiero di saperlo scritto sulle divise delle SS di tragica memoria.
Eppure continuiamo ancora. Dio è con noi o Dio lo vuole non sono in fondo le ragioni che troviamo a fondamento di certe prese di posizione, rigide e non negoziabili, prive di ogni accenno all’ascolto di un pensiero diverso? Incapaci di interrogarci con l’umiltà che richiede il semplice riconoscimento del limite – che è parte integrante dell’essere umano e, di conseguenza, di ogni istituzione che, proprio in quanto umani, abbiamo costruito.
Dialogare non significa perdere. Ascoltare le ragioni dell’altro non significa rinunciare alle proprie. Dialogo è costruzione. Se vuoi la pace, costruisci la pace. Ci è stato ricordato nell’ultimo numero di Voce. Ma anche altro vi ho trovato. Altro che non costruisce, perché fondato su polemiche e disconoscimenti. Quando non addirittura su discriminazioni. Con il rischio di dimenticare che la diversità è parte integrante dell’umanità. Perché donne e uomini – ci dicevamo due settimane fa – tutti siamo figli dello stesso Cielo e della stessa Terra.
Proviamo, allora, a non cadere nelle trappole dei pregiudizi. Non può essere il livello d’intelligenza o il titolo di studio, il colore della pelle o l’orientamento affettivo, il conto in banca o il posto che occupiamo che ci rende gli uni migliori degli altri. Non sono questi i parametri con cui il Dio dei cristiani guarda le sue creature.
Vedete? Ci sono caduto anch’io: il Dio dei cristiani ho detto. Come se ce ne fosse uno dei cristiani e un altro dei musulmani o altri ancora, a seconda delle religioni in cui ci riconosciamo. O del nome con cui lo chiamiamo.
Questo è il nostro limite. Pretendere di farci padroni perfino del pensiero del Creatore della cui vita tutti partecipiamo. Ma per fortuna lo Spirito soffia dovunque e sempre, e il Suo respiro – che abita il nostro cuore – alimenta le acque della Vita. Che non è stasi, stagnazione. Ma movimento