27 lug 2014
Nel paradiso di Bach (4)
Oggi con Bach entriamo nel suo giardino. Lì ci sono trentotto fiori. Meglio, trentotto piante fiorite. Immaginando di fare un giro in questo paradiso, proveremo a incontrarne qualcuna, ascoltando quanto ci viene suggerito dalla nostra guida. Tra voi che leggete c’è di sicuro qualcuno che ha già incontrato questa particolare terapia. Molti poi ne avranno sentito parlare, almeno una volta. (Una nota prima di andare avanti: nei fiori che troviamo in commercio è ormai d’uso comune usare il nome inglese della pianta, quindi man mano che le cito, lo indico tra parentesi).
Molte delle piante del giardino di Bach noi le conosciamo. Veri alberi come l’olmo, il noce, la quercia, il castagno, l’ulivo, il pioppo, la vite. Accanto, fiorellini come la rosa canina, la violetta d’acqua, il caprifoglio. E tanti altri che incontriamo nei sentieri e nei campi.
Bach, attento al benessere della persona, aveva compreso che questo è il risultato di un’armonia interiore: tra corpo, mente e anima. «Quindi sarà proprio lo stato psichico del malato a guidarci nel trovare il rimedio o i rimedi necessari». Guidato, dunque, dalla ricerca dell’armonia nell’individuo, egli amplia il suo sguardo fino a «riconoscere l’Unità di tutte le cose. Il Creatore di ogni cosa – egli scrive – è Amore, e tutto ciò di cui siamo consapevoli è, nel suo infinito numero di forme, sempre una manifestazione di quell’Amore sia che si tratti di un pianeta o di un ciottolo, di una stella o di una goccia di rugiada, dell’uomo o della più umile forma di vita». Con questo spirito, e con la convinzione che è necessario «guardare avanti perché né la conoscenza del passato né del presente è sufficiente per colui che aspira alla verità», egli si avvicina alle piante e ne ascolta l’Energia.
Guardiamo ora, insieme con lui, tre dei suoi trentotto fiori. Come sceglierli? Prendiamo due alberi già incontrati le settimane scorse, indicati da Isaia e da Rodolfo, l’ulivo e l’olmo. E un terzo che pure è molto presente nelle nostre campagne, la quercia.
Vicino al fiore dell’ulivo (Olive), Bach sente che la sua energia è d’aiuto «per coloro che hanno molto sofferto sia nel corpo sia nella mente, e sono così stanchi, così esauriti che sentono di non essere più in grado di compiere alcuno sforzo. E la vita quotidiana diventa solo una dura fatica, priva di ogni piacere». Ricordate? Il monaco Rodolfo lo indica come «simbolo di pietà e di pace, di gioia e di consolazione. Per allietare il volto tuo e degli altri. Consolando con le opere di pietà coloro che sono in lacrime». Ed è così grande la sua energia che il Dio di Isaia lo mette tra gli alberi che pianterà nel deserto. A simbolo di rinascita.
L’olmo (Elm). Qui la persona sembra sulla buona strada, ma ora arriva una salita. Ripida, dura. Improvvisa. E l’olmo, che «non è lodato perché alto o ricco di frutti, ma è pur sempre utile come sostegno», così ne parlava Rodolfo, diventa per Bach un aiuto «per coloro che stanno compiendo un buon lavoro, stanno seguendo la loro vocazione e sperano di fare qualcosa d’importante per il bene dell’umanità. A volte [però] possono attraversare dei periodi di depressione nei quali hanno la sensazione che il compito intrapreso sia troppo difficile e vada oltre le possibilità di un essere umano».
E la quercia (Oak)? Che pure abita le nostre terre e ci regala una bellissima ombra quando il sole brucia? Il suo fiore è di aiuto e sostegno «per coloro che lottano e si battono energicamente per guarire o per risolvere i problemi della vita quotidiana. Perseverano, tentando una cosa dopo l’altra, anche se il loro caso può sembrare senza speranza. Sono scontenti di sé quando una malattia interferisce con i loro doveri e con l’aiuto che vogliono arrecare agli altri. Sono persone coraggiose, che combattono contro grandi difficoltà senza mai perdere la speranza o diminuire l’impegno». Ma corrono il rischio di non misurare l’energia di cui dispongono, e dimenticano che anch’essi, come ogni altro essere umano, hanno bisogno di momenti in cui fare rifornimento.
Non voglio aggiungere parole mie a quelle di questo medico che nella sua professione ha saputo coniugare scienza e spiritualità. Ci salutiamo, quindi, con altre parole sue: «Come possiamo aiutarci da soli? (…) Dobbiamo solo isolarci qualche minuto ogni giorno in un luogo che sia il più tranquillo possibile e qui, senza essere disturbati, seduti o sdraiati, fare il vuoto nella nostra mente e pensare con calma al nostro compito nella vita. Ci accorgeremo ben presto di ricevere un grande aiuto in momenti simili, come se ci venissero date delle indicazioni e delle conoscenze illuminanti per il nostro cammino».