1 ott 2015
Prefazione di Federico Cardinali
Persevera nel tuo impegno e dèdicati ad esso,
invecchia compiendo il tuo lavoro.
(Siracide 11,20)
Siamo arrivati al 3° volume delle nostre conversazioni che, di settimana in settimana, abbiamo condiviso. Vorrei ri-dirvi quanto già ho scritto nelle prefazioni ai due precedenti. Poi mi sono detto: che bisogno c’è di riscrivere e di ripetere i medesimi pensieri? Sono stato piuttosto combattuto nel prendere una decisione. Allora mi sono chiesto cosa fosse a tenermi così nel dubbio e nell’incertezza. E ho provato a rispondermi.
Ho visto, in realtà, che anch’io respiro il vento della velocità che fa consumare parole e pensieri e li fa volar via appena essi si affacciano. Con il rischio di perderli subito dopo averli visti, o addirittura soltanto intra-visti. Poi ho ripreso in mano i due libri precedenti e mi sono rassicurato. Perché essi mi hanno parlato di stabilità e di consistenza. Mi hanno detto che essi non sono così volatili come una pagina sul computer o sul tablet o sullo smartphone, che, appena aperta, subito si lascia abbandonare per un’altra poi un’altra poi un’altra ancora, in una specie di rincorsa infinita. Al punto che dopo solo qualche minuto non ti ricordi più neppure da dove eri partito e che cosa eri andato a cercare.
Il libro, la carta, le pagine che si lasciano toccare e accarezzare dalle mani e annusare con il loro odore d’inchiostro o di polvere, non scappano. Essi stanno lì. Ad aspettare che tu ritorni. Per parlarti. Per chiederti cosa ne pensi di ciò che ti stanno dicendo. Per proporti addirittura di dialogare con loro, magari con una matita in mano, che li segna, ne sottolinea alcune parole, ne critica altre.
È bello, mi sono detto allora, avere in mano un libro. Perché è vivo. Ti parla. E, soprattutto, sa aspettarti. Sa aspettare che tu possa fermarti un momento. Per stare con lui. Che poi, infine, significa stare con te. Perché tu e lui siete vivi. E potete condividere parole, pensieri, domande, risposte, nuove domande. Sa accompagnarti perfino nel prendere sonno.
Nell’antica lingua ebraica parola si dice dabàr. Il suo significato, però, è molto più ricco: indica le parole che diciamo, ma nello stesso tempo essa dice anche le cose che possiamo fare e gli avvenimenti che accadono. Perché le parole servono per fare, per costruire. Come le cose. Esse esprimono il pensiero e nello stesso tempo lo costruiscono. Esse esprimono il desiderio del dialogo e nello stesso lo rendono reale. Esse sono la strada per incontrarci e lo strumento per costruire l’incontro stesso.
Tutto questo, alla fine, mi ha detto che non era necessario che riprendessi i pensieri che le parole di quattro anni fa, nel primo volume, e di due anni fa, nel secondo, avevano già costruito.
E ora due pensieri. Per salutarci.
Il primo è per ridire che la struttura di questo volume è la stessa che già hanno visto i primi due. Troverete qui tutto quanto ci siamo detti e scritti negli anni 2013 e 2014. Negli indici abbiamo messo anche quelli dei volumi precedenti, come un aiuto a ritrovare vecchi pensieri che avevamo già condiviso.
L’altra cosa – questa sì, la voglio ripetere – è un GRAZIE. A tutti voi che seguite e partecipate ai nostri incontri settimanali. Poi alla Direttrice di Voce della Vallesina, Beatrice Testadiferro, e all’Editore, la Diocesi di Jesi, nella persona del suo Vescovo Gerardo Rocconi. Che, pur non condividendo sempre e in toto quanto io vado scrivendo, continuano tuttavia a darmi ospitalità, nella convinzione, credo, che sia sempre più necessario, come insegna Francesco, «Fare pontiin questa società dove c’è l’abitudine a fare muri». Al di là delle possibili e inevitabili differenze che caratterizzano i pensieri delle diverse persone, credo che sia questo profondo desiderio di coltivare il dialogo ad ogni costo che ci accomuna e ci fa sentire compagni di viaggio.
So che mi ripeto, ma non posso non ringraziare ancora in modo davvero particolare GABRIELLA GUIDI per la sua continua e costante vicinanza. Fatta di disponibilità e di condivisione, d’incoraggiamento e di sostegno. Capace di dedicare ogni settimana parte del suo tempo, da sottrarre a volte alla sua famiglia e ai suoi due nipotini, per ragionare con me su ogni pagina prima che essa vada al giornale.
Questa volta poi ci ha regalato anche una pagina di presentazione!