5 apr 2015
Tenere aperta la domanda sul senso della vita
Arrivati... a Pasqua? (2)
Sì, il titolo ha un punto interrogativo. Perché se è vero che il calendario ci dice che lui a Pasqua c’è già, il punto interrogativo è per noi: se e quanto noi ci siamo arrivati. Perché non è facile esserci. Anzi, credo che se proprio ci ascoltiamo e ci osserviamo con attenzione, vediamo subito che di strada ce n’è ancora tanta. Ed è pure in salita. E ci sono le buche. E le pietre. Che, insieme, coprendosi a vicenda, diventano una minaccia per le caviglie e i ginocchi. La salita poi ti fa venire un fiatone...
Poi per la strada ci sono anche i briganti. Quelli pronti a impadronirsi delle tue cose. Anzi, a impadronirsi di te, della tua mente, del tuo cuore. E una volta che ci sei incappato, non è facile incontrare un samaritano che si prenda cura di te. Nel racconto di Gesù (cfr. Luca 10) l’uomo che veniva dalla Samaria si ferma alla vista di quel disgraziato che era stato aggredito e, sospendendo ogni altro pensiero e ogni altro progetto, si prende cura di lui, spendendo il suo tempo e i suoi soldi.
Oggi i samaritani sembrano scomparsi. O forse sono solo a rischio di estinzione. Perché è molto frequente che se anche incontri qualcuno che si accorge della tua disgrazia, questi non si ferma accanto a te. Non si fa prossimo (proximus = molto vicino) per te. Ma quando ti vede se ne va: armato di tutto punto va a combattere i briganti. I nemici. Gli avversari. Gli eretici. Convinto che questo è il suo primo dovere. E che tu stia lì, a terra, mezzo morto viene dopo: ci sarà qualcun altro a prendersi cura di te – lui pensa. Così, invece di samaritani misericordiosi e compassionevoli, attenti ai bisogni di chi si trova nella difficoltà, incontriamo vendicatori, combattenti, armati di tutto punto per aggredire il nemico. Quando poi non succede che tra i discepoli di Gesù riemergono i Torquemada, i difensori della verità, impegnati a mandare al rogo chi osa fermarsi a prendersi cura delle ferite dei fratelli, trascurando così, secondo loro, di difendere la dottrina. La loro colpa? Osare di mettere la persona al primo posto. Perfino prima della dottrina stessa.
Dovete spezzare l’arpa e la lira per scoprire la musica dentro gli strumenti? Oppure dovete abbattere un albero per credere che porti frutto? Voi odiate Gesù perché alcuni, venuti dal settentrione, hanno detto che era figlio di Dio. Ma vi odiate l’un l’altro perché ognuno di voi si ritiene troppo grande per essere il fratello di chi gli sta al fianco.
Così Gibran, il poeta libanese del secolo scorso, ascolta da Maria di Magdala. Una delle discepole più vicine al Maestro.
Pasqua per noi ha senso solo se riusciamo a coglierne la Luce. Quella che ha portato Gesù di Nazareth. Il Consacrato (= Cristo) da Dio. Il Risorto.
Ancora Gibran:
Egli era paziente con gli ottusi, era come l’inverno che attende la primavera.
Era paziente come una montagna nel vento. Rispondeva con dolcezza alle domande aspre dei nemici. Era in grado di opporre il silenzio ai sofismi e alle dispute, perché era forte. E chi è forte sa tollerare.
Ma era anche impaziente, Gesù. Non risparmiava gli ipocriti. Non lo piegavano gli astuti, né i giocolieri di parole. E non tollerava imposizioni.
Era impaziente con quelli che non credevano alla luce, abitando nell’ombra: era impaziente con quanti, in cerca di segni, scrutavano il cielo piuttosto che il cuore.
Impaziente con quelli che misuravano e soppesavano il giorno e la notte prima di affidare i sogni all’alba o al tramonto.
Gesù era paziente. Ma era il più impaziente degli uomini.
Gesù vuole che tu sia tessitore, anche se dovrai trascorrere anni tra tela e telaio.
Ma esige che nessuno strappi un solo lembo del tessuto.
Pasqua ci parla di Vita. Così come ce ne parla la primavera.
Ma se per cogliere la vita della primavera è sufficiente scrutare i segni del cielo lasciando il calduccio invernale che ha abitato le nostre case, per cogliere la Vita della Pasqua è necessario scrutare i segni del cuore. Ascoltare, cioè, il desiderio che vi abita. Che è desiderio di Pace e di Misericordia. Da trovare e da trasmettere.
Così il desiderio diventa anche responsabilità, attenzione verso chi è incappato nei briganti. Attenzione ai più piccoli e ai più indifesi. Emarginati, poveri, disoccupati, immigrati. Separati. Bambini, trascurati e non visti perfino dai propri genitori. Disabili, malati di mente. Persone lasciate nella solitudine della malattia o della vecchiaia.
Incontrare un samaritano che si fa prossimo (= molto vicino) significa fare esperienza, fin da questo tempo di vita, della resurrezione.
Questo è l’augurio che possiamo scambiarci oggi: Buona Pasqua di Resurrezione!
(2. fine)