8 mar 2015
Il difficile rapporto tra uomini e donne
Buon 8 marzo... di libertà
Solo pochi giorni fa una bambina di 7 anni è stata fatta esplodere in Nigeria da Boko Haram. Il mese scorso altre due, una di 10 e una di 15 anni. I giornali hanno parlato di bambine-kamikaze e hanno scritto «si sono fatte esplodere». No, non sono kamikaze: non si sono fatte esplodere, le hanno fatte esplodere. Perché sono bambine. E le bambine non servono a niente, se non ad essere vendute come schiave del sesso o, che è la stessa cosa, come mogli, a soli 8 anni, di uomini molto più grandi di loro. E ora hanno trovato anche un nuovo utilizzo: farle morire e nello stesso tempo farle diventare portatrici di morte per altre persone innocenti.
Ma loro sono musulmani, anzi, sono musulmani integralisti e fanatici – diciamo. Per evidenziare subito che queste cose appartengono a un mondo che non è il nostro. È il mondo di Boko Haram, dell’autoproclamatosi Stato Islamico. Criminali che si nascondono sotto la bandiera di una religione. Abbiamo ragione di dire e di pensare così. Ma non vorrei che questo indicarne la distanza da noi, civili, cristiani e laici, ci renda disattenti e ci faccia perdere la capacità di guardare come ci rapportiamo, tra uomini e donne, in casa nostra.
Noi non mandiamo bambine in giro imbottite di tritolo, né le vendiamo come schiave o come schiave-mogli. Ma...
Guardiamo adesso un'altra cosa. Poi ritorneremo su questo pensiero.
Nel mondo ancora tre milioni di bambine devono subire mutilazioni genitali. 500mila in Europa, 39mila in Italia. Sì, in Italia. Nella nostra civile e laica nazione. Salvo qualche associazione molto particolare, non mi pare che ci scaldiamo tanto, né come società civile né come comunità di credenti (= chiesa), per ridare a queste bambine, poi donne, il diritto a vivere la loro integrità fisica, anche sessuale, come la natura vuole.
Tornando ora a noi, donne e uomini italiani, guardiamo un aspetto della nostra vita sociale che ha tutti i colori della normalità, del ‘da che mondo è mondo, è stato sempre così’. Queste sono, più o meno, le parole che usiamo quando parliamo della prostituzione. Il mestiere più vecchio del mondo, diciamo. Non è così? Proprio questi giorni è acceso il dibattito sul progetto di aprire a Roma un quartiere a luci rosse: come se, relegandola in un ghetto, facciamo diventare pulita, cioè a norma, la faccenda.
Eppure ormai anche i sassi sanno che dietro a questa normalità c’è tutto un mercato di donne sfruttate e schiavizzate. Donne (= esseri umani) ridotte a fabbrica di soldi, pure molti, a vantaggio dei loro padroni. Ragazze, anche minorenni, fatte venire in Italia con il miraggio di un lavoro e di una vita più umana, gettate sulla strada per pagare il debito contratto con qualcuno che ha anticipato il biglietto per arrivare da noi. Poi ci sono le italiane. Loro, ci piace pensare, questo mestiere l’hanno scelto. Magari con il miraggio di fare tanti soldi, in modo facile e veloce. E senza rendersene conto mettono in vendita la parte più intima e preziosa di se stesse: la sessualità, che è energia di vita e alimento di amore.
Domanda: l’hanno davvero scelto? Ma questa è una domanda che noi uomini (maschi) neanche ci facciamo, occupati come siamo a giustificare il nostro presunto bisogno di comprare sesso. E in questa compravendita dimentichiamo che il sesso non è un organo genitale.
Il sesso per gli umani è vita e via di comunicazione. Via privilegiata di comunicazione tra due persone, perché esso coinvolge il corpo in ciò che ha di più intimo e sacro. E il nostro corpo è la nostra mente. Corpo e mente – e dovremmo aggiungerci anche anima – sono soltanto parole diverse per esprimere aspetti diversi di una persona. Corpo o mente o anima sono ciò che vediamo in primo piano, a secondo del punto di osservazione in cui ci collochiamo, di volta in volta, quando guardiamo noi stessi.
Allora sarebbe bello ritrovare il coraggio per dire che quando pensiamo di comprare o di vendere il sesso, non compriamo e non vendiamo un organo genitale, né mettiamo in campo soltanto un pezzetto del nostro corpo. No. Il rapporto è tra due persone. Corpo, mente e anima non si separano, nonostante la scissione che cerchiamo di attivare per giustificare con noi stessi il nostro prostituirci.
Il coraggio della verità dovrebbe portarci a riconoscere che a prostituirsi siamo in due: non soltanto la persona che vende il suo corpo, ma anche chi paga per comprarlo. Perché non mette in campo soltanto i suoi soldi: mette in campo se stesso. Tutto se stesso.
Chi salva una vita salva il mondo intero è scritto nel Talmud.
L’8 marzo può diventare l’occasione per cominciare da noi stessi a salvare una vita. La propria. In questo modo contribuiamo anche alla salvezza di qualcun’altra. O anche di qualcun altro.
Buon 8 marzo di libertà per tutti! Tra donne e uomini.