2 mag 2015
Una buona occasione per riflettere sui bisogni delle famiglie
Divorzio... breve?
Il 22 aprile la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge che modifica le procedure per ottenere il divorzio. La principale novità introdotta dalla legge è la riduzione dei tempi tra la separazione e la richiesta di divorzio: dai precedenti tre anni siamo passati a un anno in caso di separazione giudiziale, a sei mesi quando la separazione è consensuale.
Tralasciamo ora gli altri particolari perché voglio entrare con voi nel grande tema del divorzio. Perché a mio parere corriamo il rischio di leggere questa novità della legge con un occhio sbagliato. Con uno sguardo che non coglie la complessità che un divorzio comporta. Da molte parti, del mondo cattolico in particolare, ho sentito preoccupati gridi di allarme, come se questa nuova disposizione fosse un ulteriore colpo alla crisi della famiglia e un altro contributo alla sua disgregazione.
Proviamo a fare, insieme, tre considerazioni.
La prima. La legge definisce i tempi (minimi) che devono intercorrere tra l’atto di separazione e la richiesta di divorzio. Essa, cioè, non entra nella qualità della relazione tra due coniugi. Né, del resto, una legge potrebbe mai farlo. Nessuna disposizione di legge potrebbe definire quando due persone hanno maturato un buon progetto che li porti ad essere complici e collaboratori nel costruire una famiglia. Né potrebbe mai definire quando una famiglia ha finito la sua storia e una coppia non è più in grado di sostenere e di alimentare quel progetto originario che li aveva portati al matrimonio. Non è una legge che tiene insieme le relazioni, né una legge ha il potere di distruggerle.
Perché allora tanto allarmismo? Perché rischiamo di confondere i tempi del divorzio come iter burocratico necessario per avere una sentenza legale che annulli gli effetti civili del matrimonio, con i tempi del divorzio che vive una famiglia.
I tempi di una famiglia che arrivi alla separazione e al divorzio sono spesso molto lunghi e pieni di fatica e di sofferenza. Non ho mai incontrato una coppia felice di divorziare. La separazione è la dichiarazione di un fallimento. Un punto al quale si arriva attraverso un sentiero di fatiche, incomprensioni, lontananze, riavvicinamenti, e nuove lontananze. Colmo spesso di silenzi, accuse reciproche. Infedeltà, perfino. Tradimenti. E prima di arrivare davanti a un avvocato o davanti a un giudice, la maggior parte delle volte si è lavorato, faticato, cercato, discusso, parlato, litigato... a lungo.
La seconda considerazione ci porta di fronte ad una domanda: chi aiuta una famiglia nel tempo della crisi? I CONSULTORI FAMILIARI pubblici vengono di fatto smantellati. Dico di fatto, perché pur in assenza di disposizioni di legge specifiche, la realtà è che gli specialisti del settore (psicologi, assistenti sociali) sono sempre più oberati da altri mille impegni che impediscono loro di prendersi cura di una famiglia che non riesce da sola ad affrontare una crisi; poi perché man mano che questi vanno in pensione non vengono sostituiti. Un servizio di mediazione familiare, che dovrebbe aiutare due coniugi a trovare la strada per parlarsi e ascoltarsi, è una mosca bianca nei servizi pubblici. La figura del mediatore familiare neppure esiste per la nostra legislazione: proposte di legge, giacenti in parlamento da tempo, restano lì, ferme.
La terza riflessione ci riporta ad un tema che abbiamo già visto altre volte. In Italia abbiamo bisogno di TRIBUNALI PER LA FAMIGLIA. Basta con magistrati e avvocati tutto-fare!
Il diritto di famiglia è un tema particolarissimo ed estremamente complesso. Chi di noi andrebbe dal proprio medico di famiglia per un intervento al cervello o al cuore? E non perché lui non sia un bravo medico, ma semplicemente perché non è la sua specializzazione. Possibile allora che continuiamo a chiedere a un magistrato di essere competente su ogni area e su ogni tema che veda cittadini in conflitto? Liti di condominio, questioni con il fisco, multe da confermare o cancellare, poi, tra una questione e l’altra, arriva una famiglia in crisi: coniugi che litigano, bambini e ragazzi travolti nella conflittualità tra i genitori, nonni disperati e neanche più ascoltati... La famiglia e le relazioni familiari sono una realtà troppo grande e complessa: non possono essere trattate come una questione tra le tante.
Mi permetto ora, concludendo, di fare una proposta.
Quest’anno la famiglia è un tema al quale noi chiesa diamo un’attenzione particolare. Bene. Che le chiese italiane (tutte le chiese, quella cattolica e le altre comunità di credenti) chiedano con forza, insieme, al governo e al parlamento italiani queste due cose: potenziare i Consultori Familiari e dare vita ai Tribunali per la Famiglia.