22 nov 2015
In preparazione all’incontro di venerdì 27
Famiglia o... famiglie?
Non è una domanda facile questa. Soprattutto perché ci costringe a guardare la realtà che la famiglia oggi sta vivendo. Ma è necessaria. Per non cadere nel rischio di partire soltanto dall’immagine che di essa vorremmo coltivare, e non anche dalla realtà che l’esperienza di ogni giorno ci mette davanti.
Quando agli inizi di questi nostri incontri settimanali, sette anni fa, cominciammo a guardare la famiglia, c’eravamo permessi di parlare di Pianeta Famiglia. Tanta era la complessità, ci dicevamo, che la definisce. Sociale, relazionale, affettiva, economica. Incontrare la famiglia è come fare un viaggio su un pianeta. Nello stesso tempo conosciuto, perché tutti veniamo da una famiglia, ma anche sconosciuto perché, senza che ce ne accorgiamo, essa si sta trasformando. Giorno dopo giorno.
La famiglia dei nostri nonni per molti aspetti è altra cosa dalla famiglia dei nostri figli.
Questo è un dato. Non dipende da noi. Non del tutto per lo meno. Ma sta accadendo sotto i nostri occhi. E la velocità con cui i cambiamenti si presentano, spesso ci lascia disorientati e ci rende difficile guardare e ascoltare con la dovuta attenzione. Allora nasce una domanda: era meglio la famiglia dei nostri nonni o è meglio quella che pensano e vivono i nostri figli?
È una domanda questa che ci facciamo spesso quando mettiamo a confronto il passato e il presente. E altrettanto spesso ci risulta più facile pensare che il passato sia stato meglio, e il presente più portatore di confusione. O addirittura di malessere. Mi piace pensare, ad esempio, che il cibo dei miei nonni fosse più sano di quello che oggi trovo al supermercato: l’agricoltura era più naturale, i campi meno avvelenati da concimi e anticrittogamici, la frutta meno bella ma molto più sana, il pane meno vario – oggi quando compri il pane devi fare lo slalom tra i mille tipi che il mercato ti offre! – ma sicuramente più genuino. Il biologico, che oggi a molti appare una moda, era quanto di più naturale si potesse pensare, anche solo due generazioni fa. Poi però debbo anche fare i conti con il fatto che oggi l’alimentazione più ricca sembra essere uno dei fattori che ci permette di vivere meglio e più a lungo. Ma qui, sul cibo, mi risulta piuttosto facile muovermi: cerco di mangiare ‘sano’ ricorrendo il più possibile a cibi naturali, quasi niente carne, e con olio, frutta, verdure, legumi e cereali da coltivazioni biologiche.
Meno facile, invece, credo sia rispondere con sicurezza a questa domanda – era meglio ieri o oggi? – quando parliamo di famiglia. Certo, sembra che il passato parli più la lingua della stabilità e il presente quella dell’incertezza. O della fluidità delle relazioni. Ma ci chiediamo mai quale fosse il costo della stabilità di allora e quale il costo dell’incertezza di oggi? Io credo che dobbiamo tenere aperta questa domanda. Lo dicono i tanti studi che psicologia e sociologia ci offrono sulla famiglia e me lo fa dire la clinica con cui ogni giorno mi debbo confrontare.
Tenere aperta la domanda. Questa è la strada per cogliere i significati dei tanti cambiamenti. Ed è questa strada che sola mi permette di ascoltare ciò che dicono le nuove generazioni. Attenzione, non sto affermando che loro hanno ragione e che le loro scelte siano migliori e più giuste di quelle del passato. Sto dicendo che solo ascoltando le ragioni e le motivazioni che sottostanno alle loro scelte, posso entrarci in dialogo. E solo comprendendo il pensiero, l’uno dell’altro, possiamo parlarci. Se volessi parlare con un cinese, posso fare due cose: o dirgli che deve studiare la mia lingua o mettermi io a studiare la sua. Finché io mi ostinerò a parlare italiano e lui cinese, possiamo passare una vita a parlarci, ma non ci capiremo mai: né lui me, né io lui. Ecco, questo è il duplice pericolo in cui, a mio parere, oggi rischiamo di cadere: parlare ciascuno la propria lingua, e chiuderci ciascuno nella convinzione che noi abbiamo ragione.
Tutto questo mi fa dire che oggi, sia come società civile sia come comunità di credenti (= chiesa) abbiamo il compito di guardare la realtà della famiglia e ascoltarne la molteplicità delle forme con cui essa si presenta. Famiglie sposate e famiglie conviventi, famiglie separate e famiglie ricostituite (quelle formate da coniugi che vengono da un precedente matrimonio), coppie omoaffettive e single, accanto a famiglie che sanno vivere il progetto iniziale di un’unione e di una fedeltà per sempre... sono le tante facce con cui oggi la famiglia si presenta.
Il rischio che possiamo correre è di chiuderci dentro un modello unico. Perché il compito che ci aspetta, invece, è d’imparare a dialogare con tutte.
Ci vediamo venerdì 27 novembre alle 17.30
a JESI
presso la Fondazione Carisj in Piazza Colocci 4