26 lug 2015
Riflessioni per una buona estate
Nutrire la mente (1)
Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza. Così Ulisse riferisce a Dante le parole che rivolse ai suoi compagni per incoraggiarli ad andare avanti nel loro viaggio alla scoperta del mondo sconosciuto. E proibito. Egli, infatti, li stava spingendo a oltrepassare le Colonne d’Ercole. Che allora segnavano il confine del mondo oltre il quale non si poteva né si doveva andare. Ma la ricerca della virtù (virtute) e del sapere (canoscenza) costruiscono l’uomo. È la sua stessa natura (la vostra semenza) a chiederglielo: quella natura che gli ha dato l’intelligenza per comprendere e la libertà dello spirito per ricercare.
Ma la ricerca della conoscenza ha sempre creato problemi nella storia. Perché conoscere significa coltivare la capacità di pensare. Di riflettere. Significa vivere nella libertà e nella non dipendenza da chi pretende di imporre la ‘sua’ verità.
Quando nel 642 gli arabi conquistano l’Egitto, essi si affrettano a distruggere la grande biblioteca di Alessandria. Si racconta che al comandante delle truppe che chiede al califfo Omar cosa fare di tutti quei libri, egli abbia risposto: “Quei libri o contengono cose già presenti nel Corano, o contengono cose che del Corano non fanno parte: se sono già presenti nel Corano sono inutili, e se non sono presenti, allora sono dannosi e vanno distrutti”. Una bellissima lezione di... fondamentalismo!
Ma senza andare troppo lontano nel tempo, tutti sappiamo dei famosi Bücherverbrennungen (roghi di libri) organizzati nella Germania nazista. È passato alla storia il grande falò del 10 maggio 1933, nell’Opernplatz di Berlino, dei libri considerati contrari allo spirito tedesco. Cioè nazista. Non meno chiusa fu l’Italia fascista. L’URRS di Stalin e di Kruscev. La Cina di Mao e dei suoi successori. Perfino la Chiesa a un certo punto della storia (eravamo nel 1558) ha sentito il bisogno di creare un Indice di libri proibiti, e se l’è portato dietro fino a cinquant’anni fa (1966).
È la storia di sempre. La libertà di pensiero fa paura a chi pretende di pensare per gli altri. A chi si arroga il diritto di pensare al posto degli altri. Autorità politiche, poteri economici e finanziari, capi religiosi o presunti tali. La libertà di pensiero è lo spauracchio più grosso per chi della libertà stessa ha paura. Riflettevamo due settimane fa come, ancora in pieno XXI secolo, in alcuni paesi sia proibito alle donne andare a scuola: è che gli uomini di lì sanno molto bene che impedire loro ogni possibilità di studio e di istruzione è il modo migliore per continuare a dominarle.
È ormai un dato acquisito che il sapere umano ha bisogno di tante conoscenze per avvicinarsi alla complessità dell’uomo e delle relazioni che egli vive. Nel nostro viaggio, condiviso ormai da sette anni su questa pagina – era il 27 luglio 2008 quando abbiamo iniziato –, partimmo proprio riflettendo su questa complessità, e lo facemmo utilizzando l’immagine del corpo, della mente e dell’anima come dimensioni che ci definiscono e che chiedono di essere esplorate e coltivate.
Vivere in pienezza la nostra vita significa vivere queste dimensioni e prendercene cura. Consapevoli che nessuna di esse può ritenersi in buona salute se una delle tre non riceve il nutrimento necessario.
Che il corpo manifesti questo bisogno è così evidente che respirare, bere e mangiare li chiamiamo addirittura bisogni primari. Cioè irrinunciabili. Se vogliamo vivere.
Altrettanto forte è la richiesta che fa la nostra anima. Suo cibo sono i valori. Il bene. La solidarietà. La ricerca spirituale. Quella ricerca che ci fa tenere sempre aperta la domanda sul senso della vita. E sul senso della morte. Spiritualità che molti di noi coltiviamo anche con l’appartenenza ad una comunità di credenti (chiesa). Proprio questi giorni i nostri fratelli musulmani hanno festeggiato la fine del Ramadan: il mese dedicato al digiuno e alla preghiera.
C’è poi l’altra dimensione che chiede di essere nutrita. È la mente. Ed è proprio di questa che oggi ci stiamo occupando. L’occhio non vede ciò che la mente non conosce, diceva Goethe. Coltivare la conoscenza, attraverso la lettura, lo studio e il confronto con chi spende la vita nella ricerca, ci fa essere informati. Ci dà quelle conoscenze che permettono alla mente di respirare. E di vivere. Libera di costruire i suoi pensieri, con la consapevolezza che essi poggiano su una base solida, perché fondati su conoscenze reali e non sul solo, e sul solito, sentito dire.
È con questi pensieri, con la loro forza – che è l’esatto contrario della rigidità –, che diventiamo liberi e capaci di costruire i ponti. Del dialogo e del confronto.
(1. continua)