VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

17 lug 2016

L’estate: per i padri un’occasione da non perdere

38 minuti

38 minuti è il tempo che i padri italiani condividono ogni giorno con i figli. 4 ore e 45 minuti quello delle madri. Che ne dite? Eppure un figlio viene al mondo con un apporto genetico assolutamente pari tra padre e madre. Dove va a finire, poi, questa parità iniziale?

 

L’uomo delle caverne – così l’immaginiamo – spendeva la sua giornata nella caccia o nella pesca per procurare il cibo a sé e agli altri. La donna restava con i piccoli e si preoccupava del fuoco. Perché non venisse meno, poi, al momento di cuocere la cacciagione che il maschio riportava dalle sue battute.

Gli animali, pure appartenenti alla nostra stessa natura, sono piuttosto differenziati nella cura dei cuccioli. C’è chi ne condivide la crescita, accanto ad altri che invece ne affidano la cura alla sola femmina. Brilla il re leone che non solo non si prende nessuna cura dei piccoli, ma non si preoccupa neppure di procurarsi il cibo. Qui il maschilismo si direbbe ‘legge dello stato’. Le femmine pensano a tutto. Si curano dei figli. Cacciano. Per loro e per i maschi. Debbono perfino proteggere i cuccioli dal nuovo maschio che dovesse sopraggiungere, il quale, ansioso di accoppiarsi con la prima disponibile, pur di averla, non si fa scrupolo di eliminare i piccoli che, finché ci sono, le impediscono di andare in calore.

 

E l’animale-uomo?

I 38 minuti del maschio italiano colpiscono. A confronto con altri padri vicini, 42 minuti gli spagnoli e i tedeschi, 64 gli svedesi, siamo gli ultimi della graduatoria. Certo, potremmo quasi consolarci al pensiero che neanche loro, in fondo, brillano per troppa presenza. Ma sempre meglio sono.

 

Allora ci domandiamo: non sarà che ancora, in pieno XXI secolo, per noi... i figli sono delle madri? Eppure quella parità genetica di cui parlavamo sopra è lampante: i 46 cromosomi dell’ovulo fecondato (che, ospitato nell’utero materno, in nove mesi diventerà un bambino pronto a nascere) sono il risultato dell’incontro tra i 23 dell’ovulo materno e i 23 dello spermatozoo paterno. La biologia non fa disparità.

Non pretendiamo certo un 50-e-50. Ma 38 minuti di un padre di fronte a 4 ore e 45 minuti di una madre... A me sembra un po’ tanta la disparità. Troppa, direi. Non sembra anche a voi?

Già vi sento: ma il padre lavora! Sì, ma oggi non lavorano anche le madri? Molte donne svolgono un lavoro fuori casa. E la sera, quando tornano, con i figli ci stanno. Non solo, si prendono cura pure della casa: la spesa, le faccende, la cena. Poi... preparare i bambini per andare a letto, accompagnarceli con una bella storia, con un bacio, un abbraccio, che daranno luce ai sogni della notte.

 

No, cari padri. I figli hanno bisogno anche di voi. I maschi e le femmine. Le persone che vengono nei nostri studi di psicologi o di psicoterapeuti, arrivano sempre con il loro libro dei conti. È il libro dei conti aperti con i propri genitori. Ma la cosa che colpisce di più è che in questo libro i numeri più in rosso riguardano il rapporto con la madre. Strano, no? Eppure è così. La sua presenza, costante, oltre le forze tante volte, è data per scontata. Tutto ciò che lei fa è ‘normale’. E verso di lei tante recriminazioni. Al padre, invece, si concede tutto. A lui si fanno gli sconti. E se una volta è stato presente per condividere un gioco, o una passeggiata, o ha saputo dare un abbraccio affettuoso... quella volta non si dimentica più. La sua assenza è ‘normale’. Così quella volta riscatta tutte le assenze di una vita.

 

Il problema è che l’assenza di un padre nella crescita dei figli, accanto alla iper-presenza di una madre, non favorisce una crescita sana. La disparità, eccessiva e smisurata, continua inesorabilmente ad alimentare ruoli e funzioni rigide. Che si traducono in una disparità di genere. Nella vita sociale. E in quella familiare.

In questo modo continuiamo a crescere figli-di-mamma, maschi e femmine, incapaci di rapportarsi con l’altro genere con una reciprocità rispettosa. Incapaci di costruire una relazione sana, fondata cioè sulla pari dignità e sul rispetto delle differenze. Uomini e donne.

E quegli uomini che con le donne sanno rapportarsi solo con la violenza, sono uomini che non hanno incontrato l’autorità e l’autorevolezza di un padre che abbia insegnato come far nascere dalla pura forza fisica una forza morale. Un’energia costruttiva.

Le nuove generazioni stanno cambiando? Sì. Ma quanto poco, ancora...

 

Cari padri, approfittiamo dell’estate e delle ferie per iniziare ad essere un po’ più presenti con i figli!