VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

4 dic 2016

Per una sana corsa ai regali di Natale

Affamati di... digiuno

Sì, affamati! Ma di qualcosa che rischiamo di non vedere. I nostri bambini e i nostri ragazzi sono affamati di digiuno. Perché rimpinzati di lucine, trilli, link, suonerie e leccornie tecnologiche varie. Imbottiti. E obesi. Obesi, come rischiamo di diventare anche noi adulti.

Pensiamo un attimo. Quando stiamo male, la malattia di solito ci toglie l’appetito. Quando poi cominciamo a venirne fuori, uno dei segnali della ripresa è il suo ritorno. Un bambino che non mangia ci preoccupa: non sta bene. E quando una persona seriamente malata riprende a mangiare, pensieri di speranza si affacciano nel nostro cuore. Appetito e salute sono compagni di strada.

Fame e appetito per noi, ricchi e benestanti, diventano sinonimi. Solo chi da mangiare non ce l’ha sa cos’è la fame. Non solo, sa anche che quando essa diventa cronica, tanta è l’assenza di energia vitale che non ce n’è più neppure per sentirla, la fame. E la cosa diventa molto seria: la vita se ne sta andando.

 

È quanto sta succedendo ai nostri bambini e a tanti nostri ragazzi. E a tanti adulti, giovani e meno giovani. Non è la fame del corpo. Ma la fame della nostra mente. Imbottita e rimpinzata di aggeggi tecnologici, smartphone, tablet, computer, tele, cd... Affogata da stimoli continui, suoni e immagini che tracimano da ogni dove. Obesi e appesantiti, stiamo diventando incapaci perfino di sentire il bisogno di silenzio che la mente reclama. Lei prova a dircelo in tanti modi: agitazione, ansie, disturbi del sonno, stomaco o intestino irritati, senso di malessere. Ma noi niente. Sordi ai suoi richiami.

Due giorni fa ero nel ristorante di un amico. Quando mi passa vicino gli chiedo: perché tieni accesi il cd con la musica e la tv? Perché non si può mangiare senza sottofondo, mi dice. Ma un po’ di silenzio, no eh? Gli dico. No, mi risponde, il silenzio fa paura. Poi aggiunge: io però la sera quando vado a letto mi prendo un libro e ne leggo qualche pagina: ne ho proprio bisogno. Sei sufficientemente sano, gli rispondo. Lui sorride, sottolinea il sufficientemente. Poi continua il suo lavoro.

 

La nostra mente ha fame di silenzio. La mente dei bambini e dei ragazzi ancora di più. E come dopo un’abbuffata lo stomaco ha bisogno di riposare e di liberarsi di tutto quanto gli abbiamo cacciato giù, prima di accettare altro cibo, così vorrebbe la nostra mente. Digiunare. Dice il vocabolario: digiunare è astenersi in tutto o in parte dal cibo o da alcuni cibi e bevande, per un determinato periodo di tempo.

Ecco cosa ci serve. Astenerci, per un certo periodo di tempo, dai trilli e luccichii che ci catturano e ci rimbambiscono. Siamo affamati di digiuno. Digiuno dall’invasione tecnologica. Ma lo siamo a tal punto che rischiamo di non sentire più neanche il richiamo della fame. Tanto l’abbiamo soffocata. Ma anche qui vale la regola: la mancanza di appetito non è buon segno.

 

Venerdì scorso – tanto per non restare indietro di fronte alle mode che ci vengono da oltre oceano – abbiamo parlato anche noi del black friday (venerdì nero): il giorno in cui ha inizio la grande corsa ai regali di Natale. Sarei proprio curioso di sentire quanta gente è entrata in una libreria. E quanta ce n’entrerà da qui a Natale. Non è di moda, dicono i librai.

È vero. Ma il problema è che ciò che non è di moda è la capacità di fermarci un po’ con i nostri pensieri. Ascoltarli. Parlarci. Come non è di moda incontrarci tra persone. Avete osservato mai i nostri ragazzi seduti su una panchina o sulle scale della scuola? Ognuno è solo con il suo telefonino. Ne ha le mani legate. Incollate. Connessi con il mondo, essi pensano. Ma non si accorgono di chi sta lì, accanto a loro.

 

A questo punto mi è venuta un’idea fantastica. No, fantasiosa è meglio: spaventa di meno. Per ogni aggeggio tecnologico che regaleremo a Natale, regaliamo anche un libro. Un libro insieme... al nuovo telefonino!

Un libro aiuta a pensare. Aiuta a respirare. Perché lui sa rispettare i tempi della nostra mente. E dei nostri pensieri. Non c’imprigiona come fa la tecnologia. Che ci cattura con i suoi ritmi, innaturali per la nostra mente.

E facciamo un po’ di digiuno. Così insegniamo a farlo anche ai nostri figli: fissiamo loro dei tempi; togliamo dalla tavola i telefonini e i tablet; spegniamo la tv durante i pasti. E diamoci il compito di leggere un libro. Dieci minuti al giorno. La nostra mente riprenderà a sorridere. E pian piano non sentirà più il bisogno di suonare i suoi allarmi: non sono più salutari tre pagine di un libro che dieci gocce di Lexotan o di En?

Beh, se adesso siete arrivati fin qui, segno buono: sapete ancora... leggere!