VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

9 ott 2016

Quando i coniugi 'uccidono' i genitori

Aleppo... in casa

Di sicuro i bambini di Aleppo, vittime della cecità dei cosiddetti grandi della terra, comprendono che l’avvicinamento che faccio oggi è per dire loro la mia solidarietà. E per dire la stessa solidarietà ai tanti nostri bambini, in Italia, vittime anch’essi delle ottusità dei grandi.

 

Mauro e Anna oggi sono poco più che quarantenni. Vent’anni fa si conoscono. E ciascuno vede nell’altro il proprio compagno di vita. La persona con cui vale la pena di rischiare un progetto tanto grande come la costruzione di una famiglia. Poi arrivano i bambini: dodici anni fa Lucio, due anni dopo Maria. Li hanno desiderati e li fanno crescere. Poi arriva... la crisi. Lenta. Impercettibile all’inizio. Subdola.

Né Mauro né Anna si accorgono. Quindi non ci dànno peso. Ma ogni giorno di più si sentono lontani. Lei presa nella cura dei figli che, a fatica, cerca di portare avanti insieme al lavoro d’insegnante. Lui sempre più assorbito dall’attività di dirigente e dalla necessità di portare a casa uno stipendio che permetta una vita agiata. Senza troppe rinunce.

Ma in tutto questo dimenticano se stessi. Il loro spazio di coniugi è sempre più ristretto. Striminzito. Asfittico. Così, senza neanche accorgersi, si ritrovano lontani.

E nello spazio che si è creato tra loro entra una terza persona. Un sorriso all’inizio. Uno sguardo d’interesse. Qualche battuta piacevole. Qualche confidenza. Un saluto un po’ più prolungato. Un messaggio al telefonino per la buonanotte. Poi FaceBook. Poi... la tragedia. Il telefonino non mente. Né lo fa FaceBook. E dopo qualche pallido, pallidissimo tentativo di negare, arrivano le parole famose: Non sono più innamorato di te! Un classico.

 

Che fare adesso? Chiedere aiuto? No. Siamo persone in vista noi: dallo psicoterapeuta ci vanno i matti. Abbiamo una dignità da salvare. Una dignità. Che, nel rispetto di uno status raggiunto, li porta dall’avvocato. Meglio, dagli avvocati. Perché qui arriva la guerra. Ogni buon avvocato deve tutelare gli interessi del proprio cliente, costi quel che costi. E Mauro e Anna, che se lo possono permettere, prendono due avvocati coi fiocchi. E questi, subito, tirano fuori le loro taniche legali e ne versano il contenuto sul fuoco del conflitto che i due coniugi hanno già acceso. Benzina.

Perché? Perché ci sono i soldi di mezzo. E perché gli avvocati, in genere, non hanno una preparazione professionale che li porti a guardare la famiglia come una realtà unica, originale. Se intervieni sulle problematiche di una famiglia devi comprendere nel tuo campo visivo tre dimensioni: i coniugi, i genitori, i figli. Se ne dimentichi uno, fai solo più danni di quelli che ci sono già. Per la maggior parte dei legali, purtroppo, il campo visivo è ristretto al solo cliente i cui interessi devono tutelare. Contro tutto e contro tutti.

Ed è così che gli aspetti economici prevalgono su tutto. Perfino i figli sono visti all’ombra di questi. E i due ragazzini, come pacchi postali: a settimane alterne, da lunedì a giovedì Lucio sta con il padre e Maria con la madre (così anche i fratelli sono separati, come i genitori!), e dal venerdì alla domenica entrambi stanno una volta con l’uno e una con l’altra. Perché questa ‘originale’ soluzione? Presto detto: così, dato che i figli stanno pari tempo con ciascuno dei due genitori, nessuno dei due deve versare all’altro un assegno di mantenimento.

 

Stanno bene questi due bambini? No. Lucio infatti già inizia a dare segni di sofferenza: aggressività a scuola, e qualche volta anche con la mamma. Allora subito, consigliato dall’avvocato, Mauro fa richiesta di avere l’affidamento esclusivo, perché “se Lucio è aggressivo con la mamma, significa che lei non è all’altezza di prendersene cura”, sostiene.

Poi arrivano gli psicologi. Lo sottopongono ai loro test ed emettono... la diagnosi: disturbo del comportamento e della sfera emozionale. Ignorando completamente il suo contesto affettivo. Non vedendo che lui e sua sorella ora si trovano prigionieri in un campo di battaglia. Vittime del... fuoco amico. Un campo dove marito e moglie si combattono, dimenticando di essere anche un padre e una madre.

 

Cari bambini di Aleppo, voi lo sapete che non sto sminuendo il vostro dramma. Mi sono permesso di prendere la vostra immagine per far comprendere a tanti genitori separati il dramma che vivono i loro figli. Voi avete le bombe con cui i signori della guerra continuano a giocare. E voi neanche vi vedono. I nostri bambini hanno i proiettili e le bombe che i loro genitori, sostenuti e armati spesso da certi legali, continuano a tirarsi, senza accorgersi che prime vittime della loro guerra sono proprio i figli. Che una volta hanno desiderato e messo al mondo. E che, nonostante tutto, continuano a ricercare il loro affetto.