VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

17 apr 2016

C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole...

La speranza

Abbiamo riconquistato Palmira. E abbiamo sentito un soffio di speranza di fronte al buio che l’Isis cerca di diffondere. Non che Palmira, come le piramidi o il Colosseo siano soltanto segni di benedizione tra gli umani. Tutti questi monumenti della storia segnano la capacità dell’uomo di dare vita a costruzioni e ad opere di grande valore artistico e culturale. Ma portano in sé, nello stesso tempo, segni indelebili di violenze e sopraffazioni. Di persone su altre persone. Di popoli su altri popoli.

Quando l’esercito di Roma conquista la Siria o la Palestina, non ci va con pacchi-dono, in cibo o ricchezze, né arriva con i fiori al posto delle spade. È la storia di sempre: il più forte sopraffà il più debole. Gli impone la propria legge e la propria cultura. Abbatte i suoi monumenti. E, soprattutto, cerca di eliminare i suoi templi: la religione diventa il luogo dell’identità di un popolo. E il conquistatore porta e impone la propria. Tito a Gerusalemme ne abbatte il tempio, così come noi europei demolivamo gli altari degli aztechi, pagani ai nostri occhi e ‘infedeli’ da convertire.

 

«Quando avrete attraversato il Giordano verso la terra di Canaan e avrete cacciato dinanzi a voi tutti gli abitanti della terra, distruggerete tutte le loro immagini, distruggerete tutte le loro statue di metallo fuso e devasterete tutte le loro alture». Queste parole troviamo nella Bibbia. Parole che lo scrittore sacro riferisce addirittura come parole del suo Dio (Bemidbàr, Numeri 33, 51-52). Così i talebani con i Buddha dell’Afghanistan. Così Boko Haram in Nigeria. Così l’Isis con Palmira e chi sa con cos’altro...

Scrive Qoelet, nel I secolo a. C.: «Quel che è stato sarà, e quel che si è fatto si rifarà. Non c’è niente di nuovo sotto il sole». Poi continua: «C’è forse qualcosa di cui si possa dire: Guarda, questa è una novità?» (Qoelet 1,9-10).

 

Parole amare le sue. E la storia sembra dargli ragione. Eppure oggi osiamo coltivare la speranza. La speranza che noi umani possiamo imparare dalla storia. E farle prendere una direzione di Vita.

Sì, possiamo farlo. Ma a condizione di tenere gli occhi aperti. Perché nel dormiveglia rischiamo ancora di sentir risuonare Mamma li turchi! Nel secolo scorso avevano paura delle sinagoghe. Oggi c’è chi grida Al lupo al lupo di fronte all’idea di accogliere i musulmani e ospitare qualche moschea.

 

La speranza. Ricordate la storia di Pandora? Nel suo vaso, dono degli dèi, colmo di ogni male possibile per gli uomini, essa è nel fondo. E vi rimane chiusa. Perché lo spavento e il terrore di fronte ai mali che ne uscivano hanno fatto chiudere in fretta e furia questo malefico ‘dono’ del cielo. Ma, se pure nel fondo, non è morta. E attende di essere liberata. Perché possa sgranchire le sue ali e volare nel mondo. Per aiutare gli uomini a cogliere e coltivare la luce, nonostante il richiamo e l’attrazione del buio. Il nero della bandiera islamista come il nero dei pirati ottomani che nel medioevo assaltavano le coste dell’Italia meridionale, rischiano di richiamarsi a vicenda e di farci perdere, così, l’orientamento.

 

Ma se non c’è niente di nuovo sotto il sole, a che serve coltivare la speranza? A illuderci forse? A raccontarci qualche bella storia?

No. Coltivare la speranza significa credere nell’umanità. Nel bene che è più forte del male, proprio come la luce è più forte delle tenebre. Anzi, le tenebre non hanno consistenza. Non esistono. Le incontriamo solo nella misura in cui siamo lontani dalla luce.

 

Caro Qoelet, io credo che ci sia qualcosa di cui si possa dire: Guarda, questa è una novità! Dalle parole del Dio del Bemidbar, che risuonavano all’epoca dei Faraoni, non abbiamo costruito soltanto macchine straordinarie. In tanto tempo siamo stati capaci di riconoscere che tutti abbiamo pari dignità. Non ci sono più schiavi e uomini liberi. Abbiamo spento i roghi e chiuso le camere a gas. E i disabili e i malati di mente stanno tra noi. Stiamo perfino riconoscendo a tutti il diritto a vivere secondo la propria religione.

Non abbiamo certo raggiunto la pienezza della Vita. Ma stiamo maturando la capacità di guardare a tante nostre contraddizioni senza doverci girare sempre dall’altra parte. C’interroghiamo perfino... sul rapporto tra uomini e donne!

È vero, nel mondo abbiamo ancora popolazioni e culture che sembrano rimaste ai tuoi tempi. E non penso solo all’Isis o a Boko Haram. Anche tra noi ci sono tanti integralismi...

Ma coltivare la speranza stiamo cominciando a farlo. Sul serio. Il vaso di Pandora è aperto ormai, e non ci rimane che alimentarla perché in questo nostro mondo possa vivere. E aiutarci a vivere.