VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

18 dic 2016

Per ritrovare un senso a questi giorni di festa

Natale... chi era costui? (1)

Caro Gesù, anche quest’anno per Natale ti scrivo una lettera. Ricordi? L’anno scorso parlammo del Natale laico che si annunciava qui tra noi. Adesso, dato che i pensieri che ti porto mi sembrano ancora più difficili, ti scrivo in due tempi: oggi e la settimana prossima. Perché, sai, quello che è difficile da cogliere è proprio il Natale. La tua nascita.

Restando in superficie si direbbe che il Natale è ben compreso dagli uomini d’oggi. Ma in realtà è solo messo da parte. Io direi (quasi) totalmente messo da parte. Vedi, noi facciamo una gran festa. Se guardi le nostre città e i nostri paesi ne vedrai le strade piene di luci, i negozi addobbati a festa, le nostre case con tante lucine alle finestre, alberi illuminati, pupazzi che si arrampicano sui balconi. Tra noi ci facciamo regali. Ti dirò, a proposito, hai visto? Ci siamo ridotti a obbligarci allo scambio di regali: un gesto carino e amorevole l’abbiamo reso obbligatorio. Non mi piace. Ma tant’è. Ora siamo qui.

 

Vedi, la cosa che più m’interroga è proprio quest’escamotage cui siamo ricorsi. Ci riempiamo di luci e di suoni. Ci affanniamo con i regali. Abbiamo inventato babbo-natale per i nostri bambini. Mangeremo il tacchino o il cappone. Litigheremo un po’ in casa per decidere dove e con chi passare la vigilia, poi il 25, poi santostefano: attentissimi a non sbagliare perché nessuno abbia a sentirsi trascurato. Non ti dico poi delle famiglie separate: qui il dramma è sempre alle porte. Conflitti e contrasti, scaricati spesso sulle spalle dei bambini...

Perché tutto questo? Io ho un’idea. Magari è anche sbagliata. Ma te la dico. Secondo me, visto che in questo modo ci siamo riempiti le ore e i giorni, le azioni e i pensieri, siamo riusciti a liberarci dal bisogno di fare una pausa. E di chiederci: ma cos’è ’sto Natale? Cosa rappresenta per me? Chi è questo Gesù di cui festeggiamo la nascita?

Ti ricordi? Una volta anche tu avevi chiesto ai tuoi cosa dicesse la gente di te. Poi, come al solito, non ti eri fermato: volevi sapere anche chi fossi tu per loro. Non ti nascondo che quando mi sento fare questa domanda da te, non sono così tranquillo. Sì, mi dico che sei il mio Maestro. Il mio Signore-e-Fratello. Dio-con-noi. Ma come tuo discepolo, quanta acqua... in certi momenti.

 

Ecco. Qui si apre una pagina enorme. Dove c’è scritto tanto. Allora provo a dirti quello che mi piace leggerci. E quello che non mi piace. Solo qualcosa ti dico: non posso prendere tanto spazio su Voce, lo sai.

Mi piace pensarti uno di noi. Davvero saggio e illuminato. Ma proprio uno di noi. Nato in una famiglia, come tante delle nostre. Da una madre e da un padre che con il loro amore, benedetti da Dio come ogni coppia che mette al mondo un figlio, ti hanno trasmesso la vita, e si sono presi cura di te. Della tua crescita, della tua educazione. Di te e dei tuoi fratelli. Capaci di rispettare le tue scelte di vita, anche quando non riuscivano a capirle fino in fondo. In questo, vedi, penso proprio che dovremmo chiedere scusa ai tuoi: Maria e Giuseppe devono essere stati una coppia forte, tra periodi belli e momenti difficili. E non mi piace tutta quella distanza che abbiamo messo tra loro. E tra loro e noi. Con i nostri pregiudizi e le nostre sovrastrutture, nel corso dei secoli. Una coppia forte e solidale, se hanno avuto la forza di reggere con un figlio così impegnativo come eri tu.

 

Perché tu impegnativo lo sei stato. E lo sai bene. Marco ci racconta che una volta erano venuti perfino a cercarti, preoccupati della tua salute... mentale.[1]

Del resto con il tuo insegnamento hai messo in crisi tutta quella struttura religiosa che nel corso dei secoli si era consolidata. Fonte di certezze e di sicurezze. Oltre che fonte di paura e di angoscia. Le certezze venivano dalle leggi e dalle regole. Tutte da rispettare. Rigorosamente. Rigidamente. Le paure e le angosce nascevano dall’immagine di Dio che si erano costruita. Un Dio cui bisognava offrire continuamente sacrifici per tenerselo buono. In un tempio grandioso e ricco. Anche a spese di tanta povera gente.

 

Hai voglia tu a portarci la tua Buona Notizia (= Vangelo). A parlare di un Dio padre-e-madre degli uomini. Di un Dio che viene addirittura a cercarci quando ci perdiamo, nel deserto della vita. Di un Dio che è Amore e Misericordia. Che prima delle leggi e delle regole mette la persona. Perché figli suoi siamo noi, le persone. Non le regole. Che sono fatte dagli uomini.

Infatti, hai visto: non l’hanno presa proprio bene questa Buona Notizia. E non te l’hanno perdonata...

(1. continua: Buon Natale!)

[1] Cfr. Marco 3,20-21